Francesco d’Assisi: il bello è lo splendore del vero. La liturgia e la sua spiritualità alle origini dell’esperienza francescana
di p.Pietro Messa

Presentiamo on-line la trascrizione della conferenza di p.Pietro Messa, preside della Scuola di Studi Medioevali Francescani del Pontificio Ateneo Antonianum, tenuta presso la parrocchia di S.Melania il martedì 13 dicembre 2005. Il testo non è stato rivisto dall’autore. Sul nostro sito sono a disposizione due articoli di p.Pietro Messa nella sezione Approfondimenti con il titolo “Francesco d’Assisi: il bello è lo splendore del vero. La centralità di Cristo e della Chiesa nella spiritualità francescana”: una meditazione sul Natale a partire dalla Prima Ammonizione ed una sintesi degli studi sul Breviarium Sancti Francisci, il libro su cui ha pregato S.Francesco, custodito nel Protomonastero di S.Chiara in Assisi.

L’Areopago


don Andrea Lonardo
Ho l’onore di presentarvi padre Pietro Messa, che ho avuto la fortuna di conoscere tanti anni fa, quando facemmo una delle prime visite con i giovani della parrocchia di S.Chiara a S.Damiano. Lui era formatore dei novizi e ci declamò a memoria il Cantico delle creature nei chiostri di S.Damiano, conquistandoci. Ho grande stima di lui, l’ho incontrato tante volte e lo ringrazio di essere venuto qui da noi. E’ un esperto di storia francescana, ha fatto una tesi di laurea sulle fonti patristiche di S.Francesco di Assisi, cercando di mostrare da dove Francesco avesse imparato tante cose, come il suo pensiero e la sua vita rispecchiassero tutta la grande tradizione della Chiesa e come avesse conosciuto i Padri della Chiesa. Mi è capitato in questi giorni un articolo che ha appena pubblicato sulla rivista 30Giorni con le foto del “Breviario” di allora, il libro sul quale pregava S.Francesco, testo ora custodito nel Protomonastero di S.Chiara in Assisi. P.Pietro Messa ha così fatto degli studi sul rapporto fra la liturgia, le fonti patristiche e la vita di S.Francesco, mostrando come Francesco conoscesse il pensiero dei Padri proprio attraverso le letture di quel Breviario. Padre Pietro Messa è preside dell’Istituto di studi medievali e francescani presso l’Antonianum , l’Università dei frati francescani minori di Roma. Ha scelto come titolo dell’incontro di questa sera: “Francesco d’Assisi: il bello è lo splendore del vero”.

padre Pietro Messa
Sono contento di poter condividere alcune riflessioni con voi anche in preparazione del Natale. Cominciamo a guardare ad Assisi, a guardare un po’ in profondità cosa c’è ad Assisi. Ad Assisi soprattutto c’è una persona e questa persona è Francesco di Assisi. Se non ci fosse lui, Assisi sarebbe come Bettona o come Iesi o altri paesi dei dintorni. Invece Assisi è diventata tale per Francesco e si può dire che Francesco d’Assisi ha fatto risplendere intorno a sé questa bellezza che è l’arte: Giotto, Cimabue, Lorenzetti, Simone Martini e tanti altri grandi pittori. Si può veramente vedere che ad Assisi c’è una splendore, una bellezza, un fascino, uno stupore.

In questi giorni in cui non c’è tanto turismo questo si coglie ancora di più. Uno dei momenti più belli per vedere Assisi è proprio in questi giorni e, ancor più, se nevica quando non c’è proprio nessuno. Si può andare nella basilica inferiore, la basilica di S.Francesco e si sente silenzio. C’è un clima ovattato, straordinario. Si può dire che lì c’è uno splendore che esprime che c’è qualcosa. Io parlo in modo molto semplice perché sono figlio di contadini e porto dentro di me questo connotato. Se vedi il fumo vuol dire che là c’è un fuoco e se il fumo è tanto vuol dire che il fuoco è grosso. Quindi se lì c’è uno splendore vuol dire che c’è una cosa grande e quello splendore è per cantare la grandezza di un uomo che è Francesco di Assisi.

Si dice che Francesco d’Assisi è un uomo semplice, una persona che non è complessa come noi, ecc. ecc. In realtà si deve andare oltre gli slogan, perché è importante ricordarsi che gli slogan sono sempre semplici. La realtà invece è complessa, lo sapete meglio di me, ci sono tanti aspetti, il lavoro, il riposo, i figli, la parrocchia, le vacanze, i regali, l’economia. La complessità è un fatto costitutivo della vita. Così anche di quella di Francesco. E’ un tempo dove c’è il Papato, c’è l’impero, ci sono i nobili, i mercanti, i cavalieri, i cantastorie, i predicatori itineranti, gli eretici, i crociati, i saraceni. C’è tutto ed il contrario di tutto.

A volte la realtà non è soltanto complessa ma anche contraddittoria. Nel senso che nel momento in cui si dice “l’importante è la preghiera, solo Dio basta”, poi ci si accorge che non è vero che Dio basta. Esiste quel canone di Taizé “Nada te turbe, nada te espante solo Dios basta (niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio basta)”. Sì uno lo può cantare in chiesa, ma poi non basta per niente, perché c’è bisogno della macchina, della benzina e di tante altre cose. E’ vero che Dio basta, ma è vero anche che Dio non basta. E’ importante per esempio la calma, la tranquillità, ma al contempo bisogna anche essere svegli, essere frizzanti, saper cogliere cosa sta avvenendo intorno. Anche quella di Francesco è una realtà contraddittoria. Dice “Il Signore mi rivelò che dicessi: il Signore ti dia pace”. La sua predicazione è di pace, ma poi leggiamo alcune parti dei suoi scritti dove vediamo una persona molto aggressiva, molto dura. Qualcuno ha parlato delle durezze di Francesco di Assisi. Nel testamento lui ad esempio dice: “Se viene trovato un frate che non recita l’ufficio, deve essere preso, deve essere custodito giorno e notte, come incarcerato, consegnato nelle mani del superiore, al cardinale protettore”. Un metodo inquisitoriale.

Quindi da una parte abbiamo un Francesco che predica la pace e dall’altra quello che ha queste durezze. Oppure Francesco che da una parte dice di voler essere minore, di voler essere sottomesso a tutti, anche alle persone più semplici e poi nel testamento dice: “Io comando fortemente che...”. Ma allora che vuoi fare? Vuoi obbedire o comandare? La contraddittorietà fa parte della nostra vita. Ad un certo punto ti ritrovi nelle contraddizioni. Hai dentro questo desiderio di pace e poi nel tuo desiderio di pace sei aggressivo con quelli che non vogliono la pace, quindi sei un guerrafondaio. La realtà è quindi complessa, contraddittoria, a volte assurda.

C’è anche questo, la vita è un’assurdità. Anche quella di Francesco: c’è un brano che viene denominato “La perfetta letizia”, dove ad un certo punto c’è Francesco che arriva alla Porziuncola, quella piccola chiesa dove era iniziato tutto. Arriva da un viaggio, è sera, fa freddo, bussa alla porta. Gli chiedono: “Chi sei?” – “Francesco!”. E i frati gli rispondono: “Noi siamo tanti e tali che non abbiamo più bisogno di te che sei semplice e idiota”. Siamo tanti numericamente e tali qualitativamente che non abbiamo più bisogno di te. In poche parole lo buttano fuori, lo lasciano fuori. Francesco bussa di nuovo. Gli rispondono: “Qui non entrerai”. Insiste: “Ma almeno stanotte”. Gli dicono: “Vai dai crociferi”, come dirgli: “Vai dai lebbrosi”. Frate Francesco che ha iniziato la vita facendo misericordia ai lebbrosi, termina la vita andando quasi a chiedere la misericordia ai lebbrosi.

E sapete perché la storia di Francesco è complessa, contraddittoria ed assurda? Ma perché la vita è così. C’è qualcuno che dice: “Io voglio una vita semplice”. E chi non la vorrebbe? Io ci metterei una firma subito, immediatamente. Invece la vita è così, per me che sono frate, per don Andrea che è parroco, per le sorelle, per chi è sposato, per tutti.

Francesco ha vissuto questa realtà perché si è fidato di Dio, ma il Dio di Gesù Cristo. Il Dio rivelato da Gesù, il Dio che è entrato nella storia, si è sporcato le mani con la storia. E chi aderisce a Gesù, più guarda a Gesù, più si appassiona per la storia. Questo è un dato molto importante, non c’è da aver paura che uno si alieni. Più preghi, ma preghi Gesù e guardi a Dio che ti è rivelato da Gesù, più ti appassioni della storia. Se la preghiera ti aliena dalla realtà vuol dire che stai guardando a qualcuno che non è Gesù e non è il Dio di Gesù Cristo. Perché Gesù è entrato nella storia e Francesco è stato affascinato da Gesù e guardando Gesù si è appassionato della storia, è entrato nella storia, dentro le assurdità, le contraddizioni, le complessità della vita. Lui è entrato lì perché ha riconosciuto che lì c’è la presenza di Gesù Cristo.

E’ importante capire che Francesco non è una realtà così semplice. Qual è il punto centrale della vita di Francesco? L’incontro con Gesù Cristo è il centro. Lui si è appassionato del Signore Gesù Cristo. Francesco non era una persona “spirituale”, non aveva gusti mistico-spirituali. Ogni tanto sapete che c’è qualcuno che ha un gusto per le cose spirituali, per l’interiorità, per le cose superiori. Lui era una persona appassionata della sua vita, desiderava enormemente vivere, desiderava la libertà, la gioia, la felicità. Tanto è vero che gli agiografi lo definiscono come un uomo di desideri, un uomo dai grandi desideri.

C’è un desiderio in Francesco che è molto importante, anche se le biografie non lo enucleano, un desiderio costitutivo di ogni essere umano: il desiderio di eterna giovinezza. Desiderio di non invecchiare. Questo desiderio che abbiamo tutti noi, aveva avuto per Francesco una risposta adeguata in Gesù di Nazareth. Imposta tutta la sua vita come un seguire le orme di Gesù Cristo. Seguire quell’incontro con Gesù Cristo che ha affascinato la sua vita. Tanto è vero che il suo programma di vita è “vivere secondo la forma del santo Vangelo”. Questo è molto importante perché corrisponde a ciò che diceva l’allora cardinale Ratzinger alcuni anni fa, cioè che c’è bisogno di un’essenzializzazione, cioè andare all’essenza.

E l’essenza del cristianesimo è una persona che è Gesù Cristo. Tutta la vita di Francesco è una “sequela Christi”, è un seguire le orme di Gesù Cristo. Da questa sequela di Cristo scaturiscono diverse conseguenze, come la povertà, la fraternità, ecc. Ma è da quell’incontro che scaturiscono queste conseguenze. C’è una bellissima immagine che ci aiuta a capire questo. Qual è la differenza tra la morale e il moralismo? Il moralismo è comportarsi in un certo modo perché “tocca comportarsi così”, la morale è invece una vita nuova che scaturisce da un incontro. Francesco fa un incontro con Gesù di Nazareth, che affascina la sua vita, lui comincia a seguire le orme di Gesù di Nazareth. Quell’incontro fa nascere in lui una vita nuova: la povertà, la misericordia, la fraternità, la minorità.

Vi spiego questo con un’immagine: mio fratello andava a lavorare e tornava a casa la sera maleodorante, si sdraiava sul divano ed emanava un pessimo odore e mia madre continuava a ripetergli: “Va a fare la doccia”, ma niente! Dopo un’ora e più andava a fare una doccia. Un giorno torna a casa alle 17.00 e alle 17.10 ha già fatto la doccia e profumato ed elegante esce di casa. Cosa era successo? Doveva uscire con una ragazza. Tutte le prediche di mia madre non erano servite a niente, un incontro gli ha cambiato la vita. Ecco il discorso del moralismo. Il moralismo è come le prediche che faccio io, è un pretendere che ci sia un comportamento senza che ci sia stato un incontro. Solo l’incontro fa nascere una vita nuova. Altrimenti si scade nel moralismo. Questo è importante perché oggi qualcuno vuole tenere la morale cristiana, ma senza l’incontro con Gesù Cristo. Non diventa appassionante per niente.

Tutta la vita di Francesco e anche quello che lui propone agli altri è “seguire le orme di Gesù Cristo”, vivere “secondo la forma del Santo Vangelo”. Questa è un’indicazione straordinaria, anche per noi. Ci troviamo in una certa situazione, non sappiamo come comportarci: “Cosa avrebbe fatto Gesù? Quando Gesù si è trovato in una situazione del genere cosa ha fatto?” Vi faccio un esempio, per me che sono sacerdote o per don Andrea che è parroco è una cosa che può succedere. C’è un ragazzo, ad un certo punto gli fai una proposta, quello non viene più in parrocchia, lo inviti di nuovo e continua a non venire. Stai lì, hai i crucci, ti dici che dovresti fare di meglio, dovresti fare di più. Poi pensi a cosa ha fatto Gesù con il giovane ricco. Gli ha detto: “Vai, vendi quello che hai, dallo ai poveri e seguimi”. Quello non l’ha seguito e Gesù non è stato a corrergli dietro, a dirgli: “Ma no, ma dai, ma vieni”. E’ vero, c’è anche il cercare la pecorella smarrita, ma con il giovane ricco Gesù si comporta in altro modo. Seguire le orme di Gesù Cristo significa vivere come ha vissuto Lui, vivere la vita di Gesù.

A causa del peccato però tutti noi abbiamo sempre la tentazione di assolutizzare un aspetto, un particolare della vita. Noi capiamo una cosa e diciamo: “Ho capito che è importante questo!” Allora lo assolutizzi. Si assolutizza un pezzo della vita, della storia. Questo avviene anche con il vangelo. Noi abbiamo sempre la tentazione - e spesso ci cadiamo - di assolutizzare un pezzo del vangelo. Per esempio uno legge: “Porgi l’altra guancia”. Allora uno dice: “Ecco, come Gesù devo porgere l’altra guancia”. E così vai in ufficio, ti trattano male e porgi l’altra guancia, vai all’università, ti trattano male e porgi l’altra guancia, e così via. Così alla fine diventi come Fantozzi, sei ridicolo, esplodi. Nel vangelo però se noi guardiamo, c’è sì scritto “Porgi l’altra guancia”, ma, quando Gesù viene colpito da una persona dice anche “Perché mi percuoti?”. Verrebbe da dire: “Caro Gesù, allora anche tu predichi bene e razzoli male!”

Altro esempio, la Scrittura dice: “Portate i pesi gli uni degli altri”. Allora uno dice: “Ecco devo prendere su di me la croce della gente che incontro”. Cominci allora la mattina. Prendi la croce di tua moglie che è mezza esaurita, poi vai al lavoro e prendi la croce dei tuoi colleghi che sono mezzi esauriti pure loro, poi torni a casa e prendi la croce pure del vicino di casa e alla fine sei disperato. Nella Scrittura però c’è anche scritto: “Ognuno prenda la sua croce”. Quindi, io mi prendo la mia, la tua la devi prendere tu. Al massimo ti posso aiutare a portare la tua croce. Quindi capite che noi abbiamo sempre la tentazione di assolutizzare una parola del Vangelo, una pagina del Vangelo, un aspetto della vita di Gesù. Uno assolutizza Gesù che muore sulla croce. Abbiamo allora quegli esseri eternamente pieni di dolore, sempre con la faccia da venerdì santo. Oppure qualcuno assolutizza lo Spirito Santo. Sempre lo Spirito, ma qui c’è anche da pagare il riscaldamento della chiesa! Qui bisogna tirare fuori i soldi! Si verifica una distrofia. Vai in alcune parrocchie e tutti stanno sempre a pregare. E tu ti chiedi: “Ma qui le maniche non se le rimbocca nessuno, i soldi per chi ha bisogno chi li dà?” Vai in altri gruppi e stanno tutti sempre a pensare ai poveri, nessuno prega mai. “Ma qui non pregate mai, non vi mettete mai in silenzio?”

Allora quanto è importante contemplare la totalità della vita di Gesù! La verità totale. Il luogo dove Francesco è stato educato - perché è veramente un’educazione - ad incontrare la verità totale, ovvero la bellezza dell’armonia della totalità del vangelo, è la liturgia. Infatti Francesco recitava il breviario, la liturgia con le lodi, i vespri, l’ufficio delle letture. Questo breviario noi lo abbiamo, è conservato nella basilica di S.Chiara di Assisi. Ci sono le annotazioni autografe del suo compagno, di frate Leone, e quel breviario è con le stesse preghiere che facciamo noi.

Qui ci sono due osservazioni da fare. La prima: la liturgia è il luogo tramite il quale la Chiesa, come madre e maestra (l’espressione mater et magistra è di Innocenzo III, Giovanni XXIII l’aveva presa da lui) ti accompagna alla contemplazione della verità totale. La liturgia ti educa ad una fede bella. Tu pensa all’Avvento, il tempo dell’attesa. Però dopo le quattro settimane di attesa è arrivato il Natale! Non è che tutta la vita stiamo ad aspettare. Sapete, una delle cose più brutte della vita è stare ad aspettare chi non arriva. C’è un’attesa, questo cuore inquieto, per dirla con S.Agostino, della venuta del Signore. Ma poi c’è la venuta, Gesù Bambino, Gesù piccolo, la kenosi, l’abbassamento. Ecco il Natale, ecco l’Epifania. Ma dopo una settimana c’è già il battesimo di Gesù, la Chiesa mediante la liturgia ti mette già davanti Gesù adulto, a trent’anni.

Uno a volte si arena a contemplare Gesù Bambino. C’è un certo infantilismo, come un certo regredire, Gesù Bambino, paffutello ecc.. Sì - va bene! - contempliamo Gesù Bambino, poi subito però Gesù grande, e poi dopo la Quaresima, la penitenza, la conversione, il digiuno, la preghiera. Però per quaranta giorni, dopo c’è il venerdì Santo, la Pasqua, cinquanta giorni, la Pentecoste, lo Spirito Santo, il Signore che dà la vita. E poi il tempo ordinario, l’ordinarietà del tempo della Chiesa. Poi le feste dei Santi, di Maria. Però non è che tutti i giorni dell’anno è sempre la solennità dell’Immacolata. Questo è un po’ don Livio di Radio Maria. Per carità Radio Maria trasmette anche cose buone, aiuta a pregare, mio padre è stato aiutato tantissimo nella sua malattia da Radio Maria, ma un po’ di estremizzazioni ci sono.

Una fede che si basa sulla liturgia è una fede bella, una fede armonica. Una volta avevo letto una frase riferita a Giovanni Paolo II che diceva: “Emana dalla cattedra di Pietro il fascino della verità totale”. Ecco, possiamo dire questo di Francesco di Assisi, che mediante la liturgia lui è stato condotto a contemplare il fascino della verità totale che è Gesù Cristo. Questo è un dato molto importante, mi permetto di consigliarlo a tutti voi.

Una spiritualità liturgica forma gente in gamba. Gente come Gianna Beretta Molla, Piergiorgio Frassati, l’Azione Cattolica di quei tempi: era formata liturgicamente, perché è una fede dove, diceva Paolo VI, è come in una cattedrale, c’è l’armonia di ogni cosa. E’ straordinario questo. In Francesco puoi vedere questo fatto.
La liturgia era il luogo dove lui leggeva la parola di Dio e la vita di Gesù, anche quella con le sue “contraddizioni”, come vi ho già detto prima. Perché come vi dicevo, nella parola di Dio c’è “prendete i pesi gli uni degli altri”, ma anche “ognuno prenda la sua croce”, c’è “porgi l’altra guancia”, ma anche “perché mi percuoti?”. Ma allora cosa bisogna fare? Porgere o no l’altra guancia? L’uno e l’altro. Portare i pesi delle persone oppure ognuno deve portare la propria croce? L’uno e l’altro. C’è questa armonia della verità totale. Cosa dobbiamo fare? Andare in cerca della pecora smarrita o fare come Gesù con il giovane ricco (mi dispiace per te, ma non posso correrti dietro)? L’uno e l’altro. Se uno enfatizza il fatto di dire “fatti suoi”, allora possiamo avere il parroco che dice: “Non vogliono venire in parrocchia? Fatti loro, moriranno disperati, che m’importa?”. Se uno enfatizza allora l’andare in cerca della pecora perduta, cosa che nei giovani preti a volte succede, ci si fa in quattro per andare a cercare le pecorelle. Bisogna sempre avere la canonica aperta, sempre essere disponibili. Dopo due anni il giovane prete è esaurito e dopo tre anni se n’è andato!

La liturgia ti conduce a questo, a una verità totale. Inoltre la liturgia ogni anno ti ripresenta il Natale. Adesso il Natale 2005 non è per noi una novità. Le letture sono le stesse, ma quest’anno le leggiamo con maggiore profondità, con una maggiore comprensione, rispetto a prima. La liturgia conduceva Francesco anche a rimanere nella Chiesa. Lui leggeva la parola di Dio con la Chiesa, non da solo. Una grande sciocchezza che ancora si sente dire su Francesco è che lui aveva un rapporto immediato, cioè senza mediazione, con la Parola di Dio, quasi un protestante ante litteram: in realtà lui ascolta la parola di Dio dentro la Chiesa. Che non vuol dire nel senso che prega per il Papa - anche quello! - ma che è consapevole di essere dentro una compagnia, dentro una comunità, dentro un’amicizia. Un’amicizia che ti precede, che è quella dei santi che hanno letto la Parola di Dio prima di te, un’amicizia che sta intorno a te, che poi verrà dopo di te. Una Chiesa che continua.

Perché Francesco è così duro con chi non recita l’ufficio? Perché vuol dire che questo non vive più dentro la Chiesa, dentro questa compagnia, è fuori strada. Con la Parola di Dio uno può fare tutto e il contrario di tutto. Quelli che aprono la Bibbia a caso, per esempio. Prima apertura: “Giuda che si impicca”, seconda apertura: “Quello che devi fare fallo presto”, terza apertura: “Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi”. Noi ci ridiamo, ma io so di un ragazzo che si è impiccato dopo aver letto il brano della Parola di Dio che dice: “Il Signore gradisce la morte del giusto”, perché frequentava certi gruppi che hanno una certa lettura ed i genitori volevano denunciarli. Si trattava di una persona che viveva anche un momento particolare di depressione, ma questo può succedere quando uno non legge più dentro una compagnia.

Francesco affascinato da Gesù ascolta il vangelo, guidato dalla liturgia, si lascia plasmare, guidare dallo Spirito Santo. Benedetto XVI in pochi mesi di pontificato ha ricordato più di una volta - vuol dire che non è così scontato - che lo Spirito Santo è lo Spirito di Gesù di Nazareth. Quando una persona è guidata dallo Spirito Santo vuol dire che quella persona agisce come Gesù, ha la vita di Gesù. Uno può dire: “Lo Spirito Santo mi ispira a fare questo”. Benissimo, ma cosa ti ispira a fare? Se quello che ti ispira a fare ha i tratti della vita di Gesù, vuol dire che è veramente lo Spirito Santo, altrimenti no. E quali sono i tratti della vita di Gesù? Seguire il vangelo che ci è donato dalla liturgia. Essere guidati dallo Spirito Santo che cosa comporta? Che anche tu come Gesù vai in giro a piedi? Saresti un tonto. Che come Gesù ad un certo punto vai sulla montagna e ti metti a gridare: “Beati voi”? Saresti fuori di testa. Il segreto, il cuore di Gesù, la vita di Gesù, per dirla con S.Paolo “avere i sentimenti che furono in Cristo Gesù”, quello che muoveva la vita di Gesù.

Fondamentalmente sono due atteggiamenti: la consapevolezza di essere amato dal Padre, la gioia di essere amato, e la gioia di amare. Tutta la vita di Gesù ha questa dinamica che è la dinamica eucaristica: “Prese il pane, rese grazie, lo spezzò”. Prese il pane e rese grazie: la gratitudine, la gioia di essere amato. Proprio la consapevolezza di essere amato. Quella gratitudine (prese il pane, rese grazie), diventa gratuità (lo spezzò). Tutta la vita di Gesù è questo passare dalla gratitudine (“tutto mi è stato donato dal Padre mio”, “ ti ringrazio Padre Signore del cielo e della terra”, “sii benedetto o Padre”, “come il Padre ha amato me”) alla gratuità. Il primo punto della vita di Gesù è la consapevolezza di essere amato. Consapevolezza che genera la gratitudine. Questa gratitudine conduce Gesù alla gratuità (“come il Padre ha amato me, così io amo voi”).

La persona plasmata dallo Spirito Santo, la persona che vive la vita di Gesù, la persona che vive secondo la forma del santo vangelo, in Gesù e con Gesù ha questo duplice movimento, la gratitudine e la gratuità. Questo è l’amore eucaristico. La vita di Gesù è l’amore eucaristico che è un amore ordinato, che dalla gratitudine passa alla gratuità, dalla gioia di essere amato alla gioia di amare. Pensate al “Cantico delle creature” di Francesco (la ripetizione di “Laudato sii”), pensate a Francesco con i lebbrosi. Questo è un amore ordinato, un amore affascinante, un amore bello. Francesco aveva nei suoi scritti questo tema: riconoscere che Dio è il grande benefattore, che tutto è dono di Dio, che dobbiamo rendere grazie a Dio, che dobbiamo restituire a Dio ogni dono mediante l’amore ai fratelli.

Questo è l’itinerario di Francesco. Il peccato per Francesco è impossessarsi dei beni di Dio. Quando uno prende un dono, ma non rende grazie, lo prende come frutto di rapina e non lo restituisce. Quindi una persona che non ha più l’amore eucaristico. Come Adamo ed Eva che si impossessano del frutto dell’albero, Davide che si impossessa di Betsabea, Acab che si impossessa della vigna di Nabot.

Qual è la più grande contraffazione dell’amore? Non il sexy shop con l’insegna “Ama e fa quello che vuoi” (la frase di sant’Agostino!), ma la gratuità non preceduta dalla gratitudine. Quando uno spezza il pane ma senza prima aver reso grazie. Quando uno dà il proprio corpo per essere bruciato ma non ha la carità (per dirla con S.Paolo). A cosa ti conduce questa contraffazione dell’amore? Un esempio: “Io in questa casa mi faccio in quattro, nessuno si preoccupa di me!” Quando uno dice così vuol dire che è fuori strada. Che ha la gratuità ma senza prima la gratitudine. Che spezza il pane senza aver prima reso grazie. Madre Speranza diceva ad un prete: “La più grande disgrazia che può capitarti è perderti a causa della tua eccessiva abnegazione”. La più grande disgrazia è il tuo donarti che non è preceduto dalla gioia per il fatto che tu sei un dono a te stesso. Alla fine ti doni per avere degli applausi. “Ho fatto tanto del bene, ho ricevuto solo male”. Che volevi? Una medaglia?

Pensate a Madre Teresa di Calcutta, che donna affascinante che era. Ma lei passava ore davanti all’eucarestia. E quel suo donarsi lei non lo faceva pesare, non è che appariva in televisione e diceva: “Oh, io mi ammazzo di lavoro e voi state a mangiare e bere”. Francesco d’Assisi è un uomo docile allo Spirito Santo che quindi vive questo amore eucaristico.

Per dirlo in termini teologici molto precisi, Francesco è diventato memoria vivente di Cristo. Dicono le fonti che chi vedeva Francesco vedeva Gesù. Tanto è vero che alcune fonti cominciano a denominarlo come alter “Christus”. Per dirla in termini teologici con Guglielmo di Saint Thierry “diventare per grazia ciò che Gesù è per natura”. E cosa è Gesù per natura? E’ questa consapevolezza di essere amato dal Padre e donato agli altri.

Una persona così, che prende in mano la vita, rende grazie e la spezza per i fratelli, diventa testimone di Cristo (in greco martire). I martiri chi sono? Sono persone che sono diventate eucarestia. Francesco non ha subito il martirio, ma le fonti dicono che lui era testimone di Gesù. Questa è la chiamata della nostra vita. Noi siamo chiamati a questo.

Abbiamo ospitato al convento di Monte Ripido le clarisse del Protomonastero di S.Chiara che era inagibile per il terremoto. Dopo due giorni che erano arrivate da noi, arriva un pacco di posta per sr.Tarcisia. Ho pensato: “E chi è questa qui”? Il giorno dopo arriva parecchia gente da lei, il terzo giorno vaglia postali diretti a lei. Ho pensato che fosse una giovane, brillante. Vado un giorno in chiesa e vedo una vecchia che si trascina per fare la via crucis. Pensavo che fosse la tonta del monastero, poi ho sentito che la chiamavano sr.Tarcisia. Una donna straordinaria. Lei diceva: “La vita è una festa. Siamo chiamati alla festa della vita e alla festa dell’amore”.

“Tutti siamo chiamati ad una festa. La vita è una festa”. Lei è morta dicendo: “L’importante nella vita è amare, ma soprattutto lasciarsi amare”. Nel momento in cui tu hai l’umiltà di lasciarti amare ecco che la tua vita diventa una festa. Tu stai vicino all’amore di Gesù che ti riscalda e trasmetti questo amore a chi ti sta attorno, come effetto collaterale. Come madre Teresa: stava dinanzi all’eucarestia e come effetto collaterale si preoccupava dei più poveri tra i poveri. Ma quello è un effetto quasi secondario, il centro era quel fascino per Gesù. Questo è anche in Francesco. Allora, come prepararci al Natale? Io direi di imparare a lasciarci amare. Gesù viene per amarti, per amare te, me, i nostri peccati.

E’ appena morta la badessa, venuta anche lei a Monte Ripido, sr.Lucia, che mi aveva raccontato una vera esperienza mistica. Nella operazione di tumore sentiva un dolore enorme e non riusciva nemmeno a pregare. Ad un certo punto - mi ha raccontato - è riuscita a dire: “Ti offro il mio cuore di peccato, però tu dammi il tuo cuore”. E in quel momento un abbandono, una gioia, una serenità, una tenerezza grande.

E’ questo che Gesù ci chiede, adesso che arriva il Natale: ci chiede di lasciarci amare. Dire: “Gesù tu vieni, come Salvatore, come Redentore, come colui che fa fiorire il deserto” - infatti è scritto: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada al Signore” - nel deserto della nostra vita. Lui viene, tu gli consegni il tuo cuore di peccato, il tuo deserto, e questo deserto fiorirà. Ma noi non gli offriamo il deserto, continuiamo ad offrirgli le nostre aiuole, i nostri giardini. In una delle biografie si legge che Gesù dice a Francesco: “Non mi hai dato tutto”. Francesco risponde: “Ma come? Ti ho dato tutto, i miei soldi, la mia povertà”. Poi gli dice: “Non mi hai ancora dato il tuo peccato”. Questo è il Natale. Se uno si lascia plasmare dallo Spirito Santo mediante la liturgia contempla la totalità del Vangelo, entra in questa festa.

Le fonti dicono riguardo a Francesco che videro morire un uomo felice. Io non l’ho visto morire, ma ho visto morire degli uomini felici: sr.Tarcisia, sr.Lucia, Vincenzo Trancanelli, un medico di 54 anni che era una persona straordinaria. Tutte persone che hanno vissuto questa vita nuova che scaturisce da Gesù. Questo è il segreto della vita di Francesco. Poi questa bellezza ha generato bellezza intorno a sé, tanti grandi artisti. Perché la fede genera cultura, bellezza intorno a sé.


Testi dello stesso autore presenti sul nostro stesso sito www.gliscritti.it

Dalle Ceneri al fuoco (ritiro per la Quaresima)
La centralità di Cristo e della Chiesa nella spiritualità francescana
Dalla storia del movimento francescano lo stimolo a vivere l´economia nella logica del bene comune


Per altri testi su S.Francesco presenti su questo sito, vedi la pagina San Francesco d'Assisi nella sezione Percorsi tematici


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