1/ Cinema. Amelio, tenera è la solitudine, di Alessandra De Luca 2/ Stralci da un’intervista di Arianna Finos a Gianni Amelio. «Tutti avremmo bisogno di un gesto come quello di prendersi per mano, che non è solo una mano che tocca l’altra mano, ma è un’anima che tocca un’altra anima. Che ti dice: sono vicino a certi tuoi sperdimenti. Quella tenerezza che ti aiuta quando brancoli ma che non ti trasforma in qualcosa che ti disturba e ti toglie la libertà. Lorenzo ha un bisogno assoluto di un libertà di cui forse non sa nemmeno cosa fare»

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /04 /2018 - 14:00 pm | Permalink | Homepage
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1/ Cinema. Amelio, tenera è la solitudine, di Alessandra De Luca 

Riprendiamo da Avvenire del 21/4/2017 un articolo di Alessandra De Luca. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri testi, cfr. la sezione Cinema.

Il Centro culturale Gli scritti (22/4/2018)

La paura di non essere amati, ma soprattutto quella di non saper amare nel modo giusto. La forza e la fragilità di sentimenti, spesso irrazionali, crudeli, misteriosi che ci mettono in guerra con gli altri e con noi stessi. Sono questi i temi intorno ai quali ruota La tenerezza di Gianni Amelio, liberamente ispirato al romanzo La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone […]. Ambientato in una Napoli borghese e benestante, dove allegria e violenza si confondono quotidianamente per le strade caotiche e rumorose del centro storico e dietro le facciate dei sontuosi palazzi signorili, il film è incentrato sul personaggio di Lorenzo (Renato Carpentieri, già diretto 27 anni fa in Porte aperte) settantenne ex avvocato “azzecca-garbugli”, vedovo, egoista, scorbutico, incapace di manifestare le proprie emozioni, insofferente all’affetto e alla sollecitudine dei figli Saverio (Arturo Muselli) ed Elena (Giovanna Mezzogiorno), che sente di non amare e che allontana. Ma se il primo se ne infischia, tutto preso dai propri risentimenti e dall’imminente apertura del suo locale, la seconda, forte e autonoma, ne soffre. Il silenzio tra i due è affollato dai fantasmi del passato, avvelenato da un oscuro sospetto legato alla morte della moglie di Lorenzo, che lui non amava. 

L’uomo però adora il nipotino Francesco, che di tanto in tanto preleva da scuola nel bel mezzo delle lezioni per impartirgli i suoi personali insegnamenti. Le cose sembrano cambiare quando nell’appartamento di fronte al suo viene ad abitare una giovane coppia con due bambini. Lui (Elio Germano), ingegnere navale, viene dal nord-est e nei suoi occhi spaesati brucia spesso una grande inquietudine. Lei (Michaela Ramazzotti), senza radici, possiede una leggerezza e una dolcezza capaci di sgretolare qualunque barriera. Lorenzo sembra rinascere e tornare all’allegria perduta, diventa uno di famiglia, passa più tempo da loro nel suo appartamento fino a quando una sera, tornano a casa per cenare dai vicini, scopre che qualcosa di terribile e irrimediabile è accaduto nel suo palazzo. A disagio nella propria pelle, anima lacerata, travolto da un così tragico evento, Lorenzo cerca di comprendere le ragioni che lo hanno spinto a diventare l’uomo che è, scoprendo che per la tenerezza non è mai troppo tardi, come dimostra anche la scena finale del film, ricca di speranza e di dolci promesse. «La tenerezza non è facilmente definibile – dice Amelio – è un sentimento, un gesto. Il titolo mi è venuto in mente pensando alla testardaggine con cui una figlia cerca il padre. Anche papa Francesco ha parlato della necessità della tenerezza come gesto di libertà: in tempi come questi ci serve per scacciare l’ansia, l’angoscia in un mondo fatto di trappole e inganni dove siamo prigionieri dell’inatteso. Nel personaggio di Lorenzo arriva finalmente la consapevolezza e il coraggio della tenerezza». 

Rielaborando in maniera molto personale la materia letteraria di partenza, Amelio torna dunque a riflettere sul rapporto tra padri e figli, scegliendo per la prima volta un protagonista suo coetaneo e aggiungendo un tassello importante al racconto di sé. Non si tratta ovviamente di un film autobiografico, ma di una storia però che consente al “ragazzo di Calabria” di riflettere sul difficile dialogo tra generazioni e di fare i conti con la sua esperienza di figlio (suo padre viveva lontano, in Argentina), oltre che di genitore (adottivo). «A Lorenzo ho assegnato quella sorta di rifiuto dell’età che avanza e che si manifesta nell’insofferenza verso le persone che ti amano e si preoccupano per te. Anche io qualche volta reagisco con fastidio quando mio figlio mi chiede se mi sono ricordato di prendere le medicine». Se ascolterete bene la canzone dei titoli di testa Mia Fora Thymamai che la greca Arleta cantava negli anni Sessanta, scoprirete che La tenerezza, forse il film più inafferrabile e inquieto di Amelio, ha lo stesso fascino poco orecchiabile di quella melodia, non facilmente accessibile, ma capace di schiudere le porte di un mondo misterioso, poetico, che il regista tratteggia con lo stile che caratterizza i suoi film più intimi e che racconta seguendo percorsi tutt’altro che scontati. Dicono gli attori: «Raccontiamo degli esseri soli, che ritrovano la necessità di rivolgersi a quella parte di sé che hanno sotterrato e che oggi non è di moda». «La tenerezza è la medicina dell’amore, ma ci vuole una grande forza per esprimerla. E la tenerezza non è solo destinata alla persona che ami, ma anche alla vita stessa, si esprime nel modo di parlare agli altri, nel rapporto con le cose. La mano che ti tocca è una mano che ti guarisce, ma è un gesto molto difficile da compiere».

2/ Stralci da un’intervista di Arianna Finos a Gianni Amelio. «Tutti avremmo bisogno di un gesto come quello di prendersi per mano, che non è solo una mano che tocca l’altra mano, ma è un’anima che tocca un’altra anima. Che ti dice: sono vicino a certi tuoi sperdimenti. Quella tenerezza che ti aiuta quando brancoli ma che non ti trasforma in qualcosa che ti disturba e ti toglie la libertà. Lorenzo ha un bisogno assoluto di un libertà di cui forse non sa nemmeno cosa fare»

Riprendiamo da La Repubblica del 25/3/2017 stralci da un’intervista di Arianna Finos a Gianni Amelio. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri testi, cfr. la sezione Cinema.

Il Centro culturale Gli scritti (22/4/2018)

“Finora ero sempre più giovane o più vecchio del protagonista. Stavolta, a 72 anni, condivido con il personaggio di Lorenzo un sentimento in apparenza negativo, quel senso di irritazione che spesso hai con le persone che ti vogliono bene quando diventano troppo premurose con te. Ti fanno sentire un'età che tu non vorresti sentire o che comunque dentro non senti. Ti avvertono che non sei più giovane. Lorenzo nel film reagisce in modo brusco, anche violento, specie con la figlia. In me questo sentimento è più segreto, ma c’è”.

Cos’è per lei la tenerezza?
La capacità di tenersi la mano senza nessun altro scopo. Oggi è difficile avere un contatto fisico con i figli piccoli, figurarsi quelli adulti: il mio ha quarant’anni, è padre a sua volta. Mia nipote ha 13 anni, toccarle un braccio è già difficile, figurarsi prenderle a mano. Invece tutti avremmo bisogno di un gesto così, che non è solo una mano che tocca l’altra mano, ma è un’anima che tocca un’altra anima. Che ti dice: sono vicino a certi tuoi sperdimenti, quando certe mattine ti alzi e pensi 'stamani non sono proprio con i piedi per terra'. Quella tenerezza che ti aiuta quando brancoli ma che non ti trasforma in qualcosa che ti disturba e ti toglie la libertà. Lorenzo ha un bisogno assoluto di un libertà di cui forse non sa nemmeno cosa fare, perché scopre con rammarico di non essere giusto nella sua pelle. L’unico rapporto che cerca è con il nipotino, che rapisce da scuola alle dieci del mattino. La figlia è paziente, il figlio indifferente, il nipote è l’unico che ha il suo stesso carattere polemico. Così Lorenzo spende il tempo con qualcuno a cui si illude di insegnare delle cose”.

Perché si illude?
Le generazioni sono troppo distanti. E poi quando hai passato i settant’anni hai sentimenti inquieti verso le persone che ti sono vicine. Perciò per Lorenzo è più facile aprirsi con la vicina di casa, Micaela Ramazzotti, che non pone domande e non sembra neanche un’adulta padrona della propria età. In lei Lorenzo vede sua figlia, ma dal carattere diverso: quella vera è forte e autonoma, cresce un figlio da sola, sente il proprio tempo. Al centro del film c’è il rapporto tra questo padre e questa figlia, che è conflittuale fino all'ultimo minuto, in cui la tenerezza è assente. Ma invece proprio dall’infantile Micaela l’uomo riceverà una lezione di vita, quando lei gli dice, con leggerezza, 'forse non sa amare i figli ora che sono grandi, li vorrebbe sempre piccoli per dominarli. I figli quando diventano grandi vanno amati in un'altra maniera. Bisogna essere maturi perché l'amore maturi insieme a noi'.”

Lei definisce il film “liberamente ispirato” al romanzo La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone.
“Ho fatto quasi più film fatti da romanzi che da soggetti originali. Quando c’è dietro un romanzo confesso che c’è dietro un produttore. Io faccio prima a scrivere una storia miaColpire al cuoreLamericaIl ladro di bambiniCosì ridevano. Scrittura e cinema sono linguaggi che non vanno confusi, ogni volta la storia va trattata come se il libro non esistesse”.

Cosa resta del libro, nel film?
“Intanto una città: una Napoli poco vista, perché borghese. Ho spostato la geografia dentro la città, nei quartieri spagnoli, perché per me essere nati a Napoli e abitare al Vomero è un controsenso. Questo è il quadro, ma anche la sostanza del cambiamento che ho fatto. Poi c'è un'altra cosa: mi sono detto che era l'occasione per fare i conti con ciò che sono io a questa età”.

Come sono i suoi settant’anni?
I miei genitori non ci sono neanche arrivati. Oggi ci si arriva bene fisicamente, meno nel rapporto con il mondo, che ha fatto passi così veloci da farti sentire spaesato. Un settantenne degli anni Ottanta aveva passato gli ultimi trenta nello stesso modo, sul fronte tecnologico. Ora la rivoluzione è stata talmente rapida e profonda che ci ha spiazzati. Condividere i messaggini con un giovane mi fa vergognare”.

Perché?
Mi pare di fare gesti che non mi appartengono. La mia vita fino ai 65 anni aveva una continuità naturale, oggi mi trovo in un altro mondo. Non mi trovo male, ma ho paura di non essere all’altezza. Vorrei gestire questi aggeggi con una disinvoltura che non ho. Tendenzialmente io telefonerei, i giovani scrivono, io direi ti amo a qualcuno con la voce, non con un sms con il cuoricino. Mi sento buffo a fare queste cose, e ho paura di non padroneggiare questo tipo di comunicazione”.

È così importante?
“Sì, perché sennò sei tagliato fuori da un mondo”.

Il suo Lorenzo è carico di rimpianti.
“Ha fatto pace a suo modo con la vita, facendosi guerra. Ha due scheletri, uno professionale e uno umano. Il primo lo giustifica: attraverso gli imbrogli ha fatto del bene. L'altra riguarda il fatto che è tornato dalla moglie che non amava lasciando l’amante a cui invece voleva bene. A suo modo un gesto di onestà e masochismo, dettato dal senso di colpa. Un modo di punirsi”.

Perché?
Mi interessano i sentimenti irrazionali. È difficile gestire sentimenti che magari fanno stare bene te, ma soffrire gli altri. E conosco il problema di Lorenzo: la volontà di essere fedele e l'assoluta incapacità di esserlo. Quando iniziavo un storia avrei voluto ogni volta che fosse quella della vita, sapendo che sarebbe finita nell’arco di un tempo breve. Questo mi straziava, non ho mai sopportato il dover lasciare qualcuno, rifiutare l'amore è terribile. Anche in questo il mio Lorenzo è diverso dal vecchio picaresco e arrogante del libro: ha in sé una contraddizione che non ha superato e non supererà più”.

Lei è in pace con se stesso?
“Sì, con una riserva grande, che ho messo nel film. Vorrei continuare ad avere la forza fisica fino all’ultimo giorno per potermi lavare la camicia, fare la spesa, pulire la casa. È questo il lato respingente e infame della vecchiaia. Sul fronte dei sentimenti la vecchiaia è bella, ti fa capire delle cose, ti dà la maturità di apprezzare una persona per tutti i lati, non solo per ciò che ti ha fatto innamorare. Io fatto l'amore con una persona trent'anni dopo averla conosciuta. Oggi il problema è la paura di non essere più all'altezza della situazione che arriverà. Respingo il pensiero di dover pesare su qualcuno che mi vuole bene”.

Il momento più tenero della sua vita?
Quando ho preso in braccio mia nipote appena nata, L'ho tenuta per un po' sul petto e la traccia del suo corpo è rimasta sulla camicia, come una sindone. Domani passerò la giornata con le nipotine. La tredicenne l’ho già persa. Tornerà tra qualche anno, ma io ne avrò sette in più: cosa sarò? Ho conosciuto un uomo straordinario che era Monicelli, la pensava come me a proposito di farsi la spesa, del pulirsi casa. Quando non lo potrò più fare mi incazzerò come una belva”.

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Cos'è per lei il coraggio?
“Un tizio mi mise la punta del coltello sulla gola, in Albania, durante i sopralluoghi per Lamerica. Ebbi il sangue freddo di dire “perché?” e mi salvai la vita: “Tu italiano? Io pensavo tu greco per barba, se tu greco tu morivi”. Ma il coraggio non riguarda la salvaguardia fisica. Ho avuto coraggio nel fare la cosa più bella della mia vita: adottare mio figlio maggiorenne. Non gli ho tolto una famiglia, gliene ho aggiunta un’altra, ho portato tutti a Roma. Il coraggio è nella responsabilità di rendere un gesto non egoistico, pensare al bene di tuo figlio, anche quando è adulto. In questo film racconto, ancora una volta i padri e i figli, le diverse generazioni. Un problema che ho risolto come padre, ma non come figlio: non ho mai avuto un rapporto con mio padre, che viveva in Argentina. Mia madre è stata anche mio padre: mi ha spinto verso un'emigrazione di lusso. Sono venuto a Roma senza un soldo. Ma per fare il cinema, non l'operaio. Nei miei film ho riproposto i conti che avevo in sospeso con la vita”.

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