Shy Tory factor: un fattore politico sottostimato dagli “intellettuali”. Breve nota di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 12 /01 /2020 - 14:20 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Politica.

Il Centro culturale Gli scritti (12/1/2020)

Lo “shy Tory factor” è un fattore di cui non si ha ancora pienamente coscienza, non semplicemente in riferimento al ruolo che esso gioca, ma anche quanto alle sue cause che mostrano quanto la cultura dominante sia avvertita da taluni come impositiva, al punto da spingere a nascondere il proprio orientamento.

Ma andiamo per ordine. Lo “shy Tory factor” è il nome dato in ambienti anglo-sassoni ad un fenomeno osservato per la prima volta all'inizio degli anni '90 nell’ambito dei sondaggi di opinione britannici in vista di prossime elezioni politiche.

Gli studiosi osservarono che i voti effettivamente espressi nelle elezioni a favore dei partiti “conservatori” (in Gran Bretagna designati come Tories) era significativamente superiore alla quota equivalente dei sondaggi di opinione effettuati immediatamente prima delle elezioni stesse.

La spiegazione che si dette al fenomeno è che i cosiddetti "shy Tories” (letteralmente i Tories/conservatori timidi) sono tali perché è ormai divenuto “non politicamente corretto” affermare pubblicamente di votare a destra. Gli elettori di destra, probabilmente, non si sentono liberi di esprimere pubblicamente il loro orientamento politico, perché ritengono di venire altrimenti sbeffeggiati come anti-moderni. Pertanto, in occasione dei sondaggi come in pubblici dibattiti, non dichiarano il loro voto o, addirittura dichiarano il voto contrario a quello che effettivamente esprimeranno.

Similmente avviene nelle discussioni fra colleghi, quando apparentemente nessuno dichiara che voterà a destra se non si sente circondato da persone che ritiene vicine e si esprime talvolta con espressioni come: “Certo io non condivido la proposta di quel determinato politico di destra, ma non mi convince nemmeno l’altra parte”, senza sbilanciarsi ulteriormente.

La cultura egemone, a sua volta, non è talvolta consapevole di aver creato un clima che non facilita la discussione perché demonizza le posizioni a lei avverse. Si noti bene, qui non si tratta degli estremisti incandescenti: lo “shy Tory factor” riguarda esattamente le persone di media cultura o comunque i professionisti che non si sentono liberi di manifestare ciò che pensano, si tratta cioè di elettori qualsiasi che si ritengono equilibrati e che, invece, sono avvertiti dal main streaming come intollerabili.

Si noti bene che lo "shy Tory factor" non è un "fattore" italiano e nemmeno europeo, bensì appare una questione che riguarda l'intera occidente, proprio perché è una la cultura pervasiva di questa parte del "mondo".    

Certo è che le analisi sullo “shy Tory factor” rivelano che gli elettori di destra preferiscono non dichiararlo nei sondaggi, per non subire contestazioni: nel momento, però, del segreto dell’urna, il voto che essi esprimono è un voto conservatore.

Avviene così che i sondaggi non corrispondono ai voti effettivi, perché i sondaggi danno sempre percentuali maggiori alle sinistre di quelle che poi esse ricevono effettivamente nel corso delle elezioni e, contemporaneamente, i sondaggi danno sempre ai partiti conservatori percentuali minori rispetto ai voti che poi effettivamente vengono loro assegnati.

Il fenomeno si è rivelato vero sia nelle diverse elezioni inglesi – ed, in modo clamoroso nelle ultime che hanno visto il trionfo di Boris Johnson nel 2019 con percentuali assolutamente inaspettate – ma poi anche nelle ultime presidenziali USA dove Trump non era dato per favorito, così come nelle elezioni reginali umbre del 2019 in Italia.