Lettera alla parrocchia

Roma 2 giugno 2002, festa del Corpus Domini

Quale meta ci siamo proposti? Come verificare se la strada che stiamo percorrendo è giusta? Quali i frutti e quali i problemi? Come raccontare ad altri che non ci conoscono perché è questo il cammino che stiamo facendo insieme?
Tante volte abbiamo annunziato ai piccoli che la solidità di una vita si costruisce non sull'ossessione nel controllare ogni piccolo particolare, né sull'incuria di un lassismo che non fa crescere, ma sulla crescente chiara coscienza del “perché” delle scelte. Questa lettera ha come unico “perché” quello di aiutare, mettendo nero su bianco, a chiarificare i motivi dell'itinerario che stiamo seguendo.


Indice


La fede è atto integrale dell'uomo che, per grazia, risponde alla rivelazione della Trinità

Il nostro tempo, la nostra cultura, tende a mettere da parte l'interrogativo sul senso della nostra vita, finché la vita non impone poi lei stessa, inevitabilmente, questa domanda. Molti modelli educativi tentano di riempire di occupazioni le giornate dei figli, di dare sempre cose da fare e attività. Molti stili di vita giovanili si caratterizzano per l'effimero che interroga continuamente: “Cosa farai quest'estate, quali viaggi, quali conoscenze, quali concerti, quali sport?” Così la vita degli anziani, allo stesso modo, può apparire centrata su questo o quell'altro hobby o sull'animale specifico che deve essere curato.
La fede è, invece, quella realtà unificata e unificante “con la quale l'uomo si abbandona a Dio tutt'intero, liberamente, prestandogli la piena obbedienza dell'intelletto e della volontà e acconsentendo alla rivelazione data da Lui” (Dei Verbum 5, testo che abbiamo letto nella catechesi l'anno scorso).
In questo mondo frammentato, la fede cristiana non vuole essere un ulteriore motivo di pallini particolari, di dispersione e disgregazione della persona “impallinata”, appunto, per uno od un altro aspetto, ma quell'atto unificante che tutto l'uomo compie accogliendo, per grazia, Dio che si rivela in Gesù Cristo.
E' tutto l'uomo che crede, con la sua testa, il suo cuore, il suo corpo, le sue scelte (e la fede non è né atto irrazionale, né emotivo, né solo pratico o solo teorico, come se il credere riguardasse solo alcune dimensioni umane). Questa integralità, questo desiderio di armonia dell'esistere umano, è visitata, per grazia, dalla “pienezza di tutta intera la rivelazione” (sempre Dei Verbum 2) che ci è donata in Cristo. Dio non vuole donarci singole verità, ma “ci invita alla comunione con Sé”. Insieme, in questo suo donarsi completamente, per quanto all'uomo sia possibile accogliere e comprendere e amare, ci svela tutta la verità “cattolica”, cioè “universale”. Come diciamo spesso, nel corso di preparazione al matrimonio, nel mistero dell'amore non si incontrano due mezze mele che combaciano alla perfezione. Il dramma e la bellezza dell'amore è che si incontrano due mele intere, integre, ma disposte alla relazione. Così è della relazione tra Dio e l'uomo.
Ecco perché la proposta “cattolica” della parrocchia di S.Melania vuole che sia evidente, a chiunque si avvicina o è avvicinato nell'annuncio del vangelo, come la fede metta in gioco tante – tutte – le dimensioni che compongono la nostra esistenza e la pongono in relazione con Dio.
Anche nell'affrontare la diversità dei gruppi e dei carismi – tesoro immenso della Chiesa – il cammino di questi anni ha voluto sottolineare come nessun gruppo particolare abbia in sé la pienezza delle dimensioni ecclesiali, ma sia chiamato necessariamente ad aprirsi a quegli aspetti che non ha - e non può e non deve avere! - al suo interno.

Le dimensioni della fede cristiana

Prima di una breve analisi di ognuna di queste, vogliamo elencarle brevemente. La fede cristiana ha una dimensione celebrativa di incontro con il mistero di Dio, attraverso la liturgia , che la parrocchia vive nell'eucarestia ed i diversi sacramenti. Ha una dimensione conoscitiva che ci fa vivere, in parrocchia, il corrispettivo momento della formazione . Ha una dimensione ecclesiale che ci tiene in unità con la Chiesa cattolica sparsa nel mondo ed, in parte, già nel cielo e che ci fa vivere la fraternità fra tutti noi. Ha una dimensione di accoglienza e di evangelizzazione , di segno per il mondo, che si manifesta anche in parrocchia, nello stile vissuto dell'incontro con ogni persona, sia coetanea che piccola o grande rispetto a noi. Ha una dimensione di carità che diviene, per ognuno, scelta di condivisione e di servizio all'interno ed all'esterno della comunità parrocchiale. Ha una dimensione irrinunciabile di preghiera personale , non demandabile ad altri, e di luce data al proprio cammino personale dato dalla direzione spirituale. Ha, infine, una dimensione di promozione della scelta di uno stato di vita e di sostegno ad essa una volta compiuta.
Sono stupende – ci vengono in mente come per cogliere in un colpo d'occhio l'unità della fede cristiana – le espressioni con le quali l'evangelista Luca ci descrive la vita di Gesù fanciullo: “Cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini… il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di Lui” (Lc 2, 40.52).

La formazione

La fede ha un suo contenuto (come lo ha l'amore - non si può amare senza conoscere, mentre si può essere innamorati senza conoscere; è “l'innamoramento che è cieco”, non l'amore!). La scelta di crescere nella fede, formandosi, dipende da questo. Questo è ancora più necessario in un contesto come l'attuale che potremmo caratterizzare più che “tempo di crisi” (la crisi, infatti, è per definizione non strutturale, ma momentanea), “tempo di confusione”. E' nel caos del relativismo, dove tutto appare simile a tutto e dove il sincretismo sembra togliere dignità all'identità, che diviene ancora più importante la fatica della riflessione cristiana. Così si espresse il beato Pier Giorgio Frassati: “In questo momento grave attraversato dal nostro Paese, noi cattolici e specialmente noi studenti abbiamo un grave dovere da compiere: la formazione di noi stessi” (30 ottobre 1922). Questo aspetto va immediatamente a scontrarsi contro quell'atteggiamento tipico della nostra epoca che vuole il “tutto e subito”, il “fast”. E' una scelta che non paga immediatamente, ma ricompensa ampiamente nel medio e nel lungo periodo.
Voglio sottolineare che non ho qui in mente innanzitutto il Centro Culturale L'Areopago (che pure da questo trae la sua ispirazione), ma primariamente la catechesi. Non solo la catechesi dei bambini e dei ragazzi è momento indispensabile di formazione, ma pure la catechesi dei giovani e degli adulti. E' la scelta di nutrirsi costantemente, non pretendendo che il cibo ricevuto quando si avevano 10 o 16 anni basti per affrontare il nostro oggi. Non sono pochi che perdono la fede non perché non l'abbiano ricevuta, ma perché l'hanno conservata in quella forma infantile che necessariamente doveva avere nell'età della loro prima catechesi.

La fraternità in uno stile di accoglienza e di evangelizzazione

La fraternità a cui tutti siamo chiamati è nel nome del Signore Gesù. E' diversa dall'amicizia. Ogni uomo ha bisogno di amici, cioè di relazioni “elettive”, scelte da lui stesso e ricambiate. “Chi trova un amico trova un tesoro” dice la Bibbia e la spiritualità della Chiesa insegna che senza veri amici non si va molto lontano.
Ma in parrocchia non siamo chiamati ad essere tutti amici. E' un profondo errore di comprensione della realtà proporre a tutti di divenire amici. Daccapo la nostra cultura oltre al cerchio delle amicizie scelte da ognuno vede solo il nulla, il vuoto! Invece il vangelo ci insegna che c'è l'amore dei fratelli e delle sorelle, di coloro che io non ho scelto, di coloro che il Signore mi fa incontrare nella stessa Chiesa di Dio e che io imparo ad amare. E' una scuola difficile e meravigliosa quella che mi insegna a fare i conti con tutti costoro. Come abbiamo ascoltato in questo anno, “nessuno è figlio unico!”, anche se lo vorremmo a volte. Nella cura di chi mi è posto a fianco, senza che prima mi sia stato chiesto il consenso, l'amore impara a non scandalizzarsi del limite, impara a fare posto, ad accogliere, ad interessarsi. E' perché Dio ha amato quella vita che io faccio i conti con essa. E' perché so che il Cristo è salito sulla croce per quella vita come per la mia, che quella vita mi riguarda.
La comunità cristiana non è fatta da quelli che si conoscono bene, dai “primi” o dagli “ultimi”, da quelli che sono amici – anzi tanto più si creano delle illusioni scambiando gli intimi per la Chiesa, tanto più andiamo in una crisi di fede e in un rifiuto della Chiesa, quando poi ci deludono! La Chiesa è fatta dai “figli di Dio”, dai “fratelli e dalle sorelle di Cristo”, è il “corpo mistico di Cristo”, quel corpo di cui noi, insieme ai santi del cielo ed ai cristiani della terra, siamo le membra di cui Cristo stesso è il capo. E' la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, che tutti ci precede e ci accoglie.
Ecco l'insistenza allora sull'accoglienza, quell'accoglienza che non è né voler subito inglobare, né all'opposto sentire come corpo estraneo, ma è segno di quella costruzione che cresce, intorno alla pietra angolare, Cristo Signore. Il crescere nell'accoglienza, a sua volta, sostiene e prepara l'evangelizzazione che è molto di più, perché è non solo la capacità di fare spazio, ma è addirittura, conquistati da Cristo, la disponibilità ad ogni partenza, ad ogni incontro, purché il suo nome sia conosciuto e amato.

La condivisione ed il servizio

Vogliamo testimoniare e annunziare insieme che la carità, il servizio, la condivisione non sono momenti episodici, intermittenti, entusiasmi passeggeri di persone più buone o più sante. Il “servire, più che essere serviti”, il “donare senza attendere il contraccambio” sono costitutivi dell'Evangelo del Signore. E' per questo che stiamo educando sempre più a non cercare il grazie o i riflettori. Amare e servire è semplicemente la “grazia” che noi cristiani abbiamo ricevuto in dono. Non potremmo e non sapremmo fare diversamente. E' semplicemente la vita stessa, così come l'abbiamo compresa in Cristo Gesù: è la vita così come è uscita dalle mani del Creatore.
Per questo, con sempre maggior insistenza, la proposta della parrocchia di S.Melania si rivolge a tutti offrendo e chiedendo loro di impegnarsi nel servire e non solo nel chiedere e nell'aver bisogno. Se la Chiesa fosse costituita da tutti quelli che chiedono e che si lamentano per non aver ricevuto come volevano, ben presto non ci sarebbe più niente da offrire a nessuno. La Chiesa è, invece, la realtà di tutti coloro che, insieme al Signore Gesù, scoprono la realtà del dono.
L'espressione “condivisione” sottolinea che questo servire non avviene dall'alto in basso, con una generosità efficace che non ascolta o non accoglie il dono della presenza dell'altro e della sua storia. Condividere dice lo stupore e la fatica dell'essere visitati dall'altro che non chiede soprattutto cose, ma chiede a sua volta di poter fare il suo dono, chiede di essere aiutato a scoprire qual è la sua bellezza. Come ci ha insegnato Jean Vanier, venendo a visitarci in questi anni, il “piccolo” capisce di essere amato quando scopre il dono che lui e solo lui può fare a tutti. Altrimenti sentirà sempre la sua esistenza come un peso che gli altri sono costretti a portare.
Anche la proposta di condivisione del denaro, che la parrocchia fa a tutti ogni anno e in occasione della celebrazione dei sacramenti, non è tanto quella di dare per questo o per quel motivo particolare, ma di decidere una percentuale costante del proprio guadagno mensile per poter sostenere con esso la fatica dell'evangelizzazione della Chiesa ed il servizio dei poveri.
Ognuno vive il suo servire nella città, nel mondo, nei luoghi di studio e di lavoro, nei legami familiari, ma la parrocchia propone a tutti la disponibilità per un servizio alla Chiesa a seconda dei propri carismi e del proprio tempo. L'ascolto ed il sostegno dei poveri delle 7 parrocchie della Prefettura (soprattutto di Acilia e dell'Infernetto), la cura ed il sostegno delle missioni e la formazione alla giustizia ed all'evangelizzazione nel gruppo missionario, la partecipazione alla vita ed ai servizi della Caritas diocesana, l'amicizia con le famiglie che hanno figli portatori di handicap, l'animazione del gioco e dello sport in oratorio per i piccoli e le loro famiglie, l'animazione culturale per il dialogo fra la fede e la cultura, l'animazione liturgica e musicale, l'accoglienza del mattino e del pomeriggio in parrocchia, la disponibilità alla cura dei luoghi e delle cose della parrocchia (Chiesa, oratorio e giardino, locali) ed, infine, il servizio dei catechisti sono le forme con cui la comunità parrocchiale vive oggi questa dimensione.

La preghiera personale

Anche la preghiera personale è stupenda dimensione costitutiva dell'essere cristiani. Essa è certo sostenuta dalla preghiera comunitaria dell'eucarestia, ma non si riduce ad essa. E' una necessità la preghiera, non una attività od un hobby. Essa da respiro al nostro vivere come figli di Dio, in ascolto e obbedienza alla sua volontà. Il Signore ci ama come persone e soli dinanzi a Lui noi ci fermiamo, per comprendere cosa sia il suo amore proprio per noi.
Nulla porteremo agli altri, ma solo noi stessi e la nostra confusione, se non ci nutriremo costantemente della Parola che Lui rivolge a noi. D'altro canto il rapporto costante con i fratelli fa sì, per grazia di Dio, che la preghiera non divenga fuga dalla vita, ma la preghiera e la vita celebrino insieme l'unico Signore e Salvatore. Il consiglio di un padre spirituale, che sia a sua volta seguito veramente da qualcuno in carne ed ossa e non persona autoreferente, da luce al cammino di maturazione e di crescita nella preghiera.
Gli aspetti della preghiera cristiana, l'ascolto, la lode e l'intercessione, ci permettono ancor più di porci in relazione al Signore della nostra vita. Egli è Colui che amandoci ci parla e la meditazione delle sante Scritture, illuminate dalla Tradizione della Chiesa, ci fanno ascoltare al sua volontà per noi. Egli è Colui che tutto ci dona e la lode esprime la verità del nostro essere creature e figli generati, salvati e riconosciuti. L'intercessione per i bisogni dei nostri fratelli ci fa celebrare la presenza della Provvidenza e della cura dell'altro che non solo alle nostre mani, ma alla potenza di Dio ed alla sua misericordia è affidato.
La proposta dei ritiri domenicali vissuti in parrocchia, all'inizio dell'Avvento e della Quaresima, per rendere facile e possibile a tutti l'esperienza di momenti di preghiera perché illuminino poi il cammino personale, sono stati e continueranno ad essere un segno per tutti dell'obbedienza che la Chiesa ci chiede proponendoci questi tempi liturgici “forti” per la preghiera.

A fianco delle scelte di vita e preparandole

Quest'anno abbiamo tante volte parlato insieme di come un “single” sia diverso da un “celibe”, da una “vergine”, da uno “sposato”, perché è un dono ancora allo stato di potenza, ancora trattenuto, ancora non donato pienamente. E' ancora la fede a spingerci, pur senza mai condannarci, a scoprire quale sia quella forma, nostra e soprattutto di Dio, la “vocazione”, che ci permette di vivere poi il dono intero di tutta una vita.
E' per questo che il nostro cammino parrocchiale è caratterizzato dalla scelta di incoraggiare le giovani famiglie, che già hanno accolto uno stato di vita, ad un cammino di fede che resti vivo, anzi si approfondisca, proprio nel momento dell'educazione dei figli (con il vivere insieme la messa domenicale, i ritiri, gli incontri del sabato pomeriggio mensili) aiutandole a divenire un punto di riferimento ed un tessuto di relazioni nella disgregazione che caratterizza la solitudine alla quale le famiglie sono abbandonate nel contesto attuale.
L'esperienza di questi anni ci sta spingendo a proporre con sempre più chiarezza anche alle famiglie dei bambini del catechismo delle comunioni lo stesso stile ecclesiale (vedi la proposta, per la prima volta quest'anno, del campo estivo, del GREST, per genitori e bambini).
Pur non avendo ancora la gioia di vocazioni “native” della parrocchia (e forse vivendo in questo un po' la fatica di tante coppie che non riescono ad avere figli del loro sangue), la nostra parrocchia ha la grazia di avere tante vocazioni “adottive”. Innanzitutto le novizie delle suore pastorelle, per la presenza così bella del loro noviziato in mezzo a noi. A loro si sono aggiunte negli anni le novizie salesiane (ed ho scoperto di recente che nel nostro altare oltre alle reliquie di S.Maddalena di Canossa e di S.Francesco d'Assisi sono state poste da p.Bruno anche le reliquie di S.Giovanni Bosco, segno profetico di un “destino cristiano” che alla famiglia salesiana ci avrebbe unito) ed i seminaristi del Seminario Romano Maggiore di Roma. Sentiamo profondamente che, mentre tutte queste persone compiono un servizio ed una testimonianza in mezzo a noi, anche noi abbiamo una responsabilità ed una cura reale della loro storia che si arricchisce nell'esperienza di incontro con noi, comunità viva, e che segnerà il loro futuro modo di rapportarsi alle parrocchie in cui vivranno.
Anche il convegno diocesano di quest'anno ci invita a riflettere e pregare sul tema della scelta dello stato di vita a cui il Signore chiama ogni uomo ed ogni donna per il servizio del Santo Vangelo.

La liturgia ed il giorno del Signore al centro della vita cristiana

Infine l'eucarestia che, fin dall'inizio, come a nostra volta avevamo appreso, abbiamo continuato ad indicare a voi come il cuore della vita cristiana. Ne parliamo al termine di questa lettera proprio perché in essa già si realizza, per grazia di Dio, la Chiesa e la salvezza. La sua assoluta importanza non è data tanto dal fatto che per essa tutta la comunità è radunata ed un numero di persone enormemente maggiore di qualsiasi altro incontro parrocchiale è radunato, quanto perché veramente lì si realizza la comunità cristiana del capo, il Cristo, con le sue membra. Voglio parlarne a voi con le parole che ho scritto, riprendendole in parte dal un intervento di mons. Fisichella, nostro vescovo ausiliare, per l'introduzione al nuovo libretto dei canti che fra qualche giorno avremo fra le mani.

  “Avendo amato i suoi, li amò fino alla fine”. Comprendere l'eucaristia è comprenderla come il dono pieno e totale di Gesù al Padre (sacrificium) e a noi (communio): un donarsi totale e pieno. Un legame di communio che niente e nessuno potranno mai spezzare, perché Cristo lo realizza.
“3Fate questo in memoria di me”: è con queste parole di S.Agostino che possiamo comprendere il senso della memoria eucaristica: “Se vuoi comprendere il corpo di Cristo, ascolta l'apostolo che dice ai fedeli: Voi però siete il corpo di Cristo, le sue membra (1 Cor 12, 27). Se voi, dunque, siete il corpo di Cristo e le sue membra, sulla mensa del Signore viene posto il vostro sacro mistero: il vostro sacro mistero voi ricevete. A ciò che voi siete, voi rispondete “Amen” e, rispondendo, lo sottoscrivete. Odi infatti: “Il corpo di Cristo” e rispondi: “Amen”. Sii veramente corpo di Cristo, perché l'Amen che pronunci sia vero!”
La memoria eucaristica nella nostra vita genera la trasmissione della fede. L'eucaristia è la trasmissione viva della Parola e dell'agire di Cristo. Essa ci permette il permanere in una tradizione che ci fa vivere e che cresce con noi. “Il senso delle Scritture cresce con chi le legge” insegnano i Padri della Chiesa.
Così Cirillo di Gerusalemme scrisse: “Con certezza assoluta partecipiamo al corpo e al sangue di Cristo. Poiché sotto le specie del pane ti è dato il corpo e sotto le specie del vino, il sangue; affinché partecipando al corpo e al sangue di Cristo tu divenga un solo corpo e un solo sangue con lui. In tal modo noi diventiamo portatori di Cristo (cristofori), perché nelle nostre membra si diffonde il suo corpo e il suo sangue”.
In questo senso siamo anche chiamati a formare un solo corpo, come S.Paolo scrisse ai Corinzi. E S.Cipriano così commentò: “Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre. L'unità della Chiesa viene dalla stabilità divina. Chi non si tiene in questa unità, non si tiene nella fede del Padre, del Figlio e dello Spirito, non si tiene nella vita e nella salvezza. Questo mistero dell'unità, questo vincolo di pace, inseparabilmente coerente, ha una sua figura nella tunica di nostro Signore Gesù Cristo, la quale non fu divisa né stracciata, ma chi la tirò a sorte per vedere chi dovesse rivestire Cristo la ricevette integra e la possiede integra e indivisa. Cristo portava a noi l'unità procedente dall'alto, cioè dal Padre celeste; unità che non poteva essere assolutamente scissa da quelli che la ritenevano e possedevano perché aveva in sé una ferma e inscindibile compattezza. Ora, se qualcuno scinde e divide la Chiesa di Cristo, non può possedere la veste di Cristo”.

(mons.Rino Fisichella nella messa del Cenacolo in Terra Santa)

Veramente del grande dono del giorno del Signore e della celebrazione dell'eucarestia vive e muore la fede di ogni cristiano anche oggi.
E' l'eucarestia innanzitutto che dona al marito ed alla moglie di pregare insieme.
E' essa che permette l'annuncio della fede ai piccoli e prolunga nei secoli quella tradizione che è il trasmettere senza interruzione la vita del Signore risorto.
E' essa il pane del cammino, il pane dei poveri del quale si nutrono i giovani e gli adulti per poter annunciare il santo vangelo nei luoghi dove si studia e si lavora e per poter condividere nella giustizia il pane della terra.
E' essa l'ultimo nutrimento dei morenti che si presentano al banchetto del cielo.
E' essa il fondamento dell'amore comune e della fraternità che non si scandalizza più del limite e del peccato, perché non costruisce più sulle capacità psichiche umane e le sue attese, ma sul sangue di Cristo versato su noi peccatori.
E' essa che radica lo scambio della pace e del perdono nel levare le mani al cielo del Padre nostro, nel misurarsi con il suo dono, dopo averlo accolto.
Si arricchisca sempre più il canto, ci accompagni il silenzio del raccoglimento dell'assemblea, ci sostengano le parole della Santa Liturgia, sia nostro nutrimento Cristo stesso perché “ alla Messa domenicale noi concediamo davvero tutta la nostra anima, come se allora avessimo raggiunto il meglio che in questa vita si può raggiungere” (Paolo VI).

Il nostro servizio di preti, insieme alle suore pastorelle

E' con gioia che viviamo in mezzo a voi il nostro compito di pastori. E' la nostra vita e la nostra vocazione. Sentiamo l'importanza della presenza delle suore pastorelle che hanno una vocazione complementare alla nostra, sentiamo la fiducia che date non tanto a noi, ma attraverso di noi, al Signore della storia. Il compito dei sacerdoti è quello di custodire e trasmettere il “deposito della fede” e di custodire e far crescere tutti i cristiani in esso.
Sento che è una grazia questa armonia che potete vedere tra noi sacerdoti di questa parrocchia, questa condivisione di stile e di orientamenti di fondo e la stessa unità nel rapporto con le nostre suore. Vi sia anche di segno di speranza quando vi invitiamo ad essere unanimi nell'educare come genitori, come padri e madri, d'accordo fra di voi. Tante volte abbiamo usato l'espressione “crisi di crescita” e, se certo ci sono problemi, talvolta anche seri, il doversi “misurare” con ciò che è diverso da noi è ciò che ci fa crescere e che ci permette di scoprire ancor più la bellezza del vangelo.

d.Andrea Lonardo vostro parroco


[Catechesi e pastorale]