Melania la giovane nei Carmi di Paolino di Nola

Paolino si sente padre di una comunità di monaci e di santi - "io sono padre per l'età" scrive nei suoi Carmi - e Melania è fra costoro. Ed è questo il suo invito, dinanzi all'armonia di coloro che sente di avere in qualche modo generato: "Magnificate Dio con me e con sapienza, unanimi giovani, inneggiate con nobili canti. Come i salteri a dieci corde risuonano al tocco delle corde e queste, pur avendo un suono diverso, si fondono in ritmi armoniosi, così risuoni la santa lira della nostra comunità".
Paolino era originario di Bordeaux, di famiglia nobile, molto ricca ed influente. Entrato nell'amministrazione dello Stato, divenne governatore della Campania. Poeta, discepolo dell'allora famosissimo poeta Ausonio, si spogliò di tutto per divenire monaco. Ordinato prete in Spagna, tornò in Campania, presso la tomba di S.Felice - gli edifici paleocristiani di Cimitile sono tuttora visitabili, nei pressi di Nola - ed eletto vescovo, lì visse, fino alla morte, sopraggiunta nel 431.
Divenuto cristiano continuò a comporre carmi, ma ora con contenuti ispirati dalla fede. Centro della sua opera poetica sono i 14 Carmi composti annualmente nell'occasione della festa di S.Felice, il 14 gennaio, tutti in esametri, tranne il ventunesimo che è polimetro. E' in essi che canta a lungo di Melania e della sua famiglia.
Molti scrittori dell'epoca furono tali per necessità, per ragioni polemiche, antieretiche o dottrinali. Paolino scrive per amore della scrittura, della composizione poetica e per coltivare relazioni di amicizia o di paternità spirituale già avviate o per crearne di nuove. "Al fine di poterci scambiare a vicenda nient'altro che il reciproco amore che ci dobbiamo, così come ci è stato ordinato, io risponderò a tutte le tue lettere" scrive all'amico Sulpicio (Ep. 27, 2). Come ha notato M.Simonetti, l'epistolario di Paolino sembra a volte ignorare le dirompenti polemica teologiche di quegli anni, ma "le assenze non vanno certo interpretate come segno di disinteresse ma piuttosto di un voluto tenersi al di fuori, per non essere costretto a schierarsi a fianco di alcuni amici contro gli altri" (ad esempio, fra i corrispondenti di Paolino figurano sia Pammachio che Macario che nella crisi origenista, furono il primo a fianco di Gerolamo, il secondo di Rufino).
I riferimenti paoliniani alla vita di Melania sono nel Carme XXI. Nei vv. 72 ss. Melania è presentata insieme a sua cugina Eunomia, che le è figlia in quanto discepola, ma entrambe fioriscono nel grembo di Felice, cioè nel monachesimo germogliato a Nola e Cimitile, intorno alla tomba di S.Felice.

Questa è insieme sorella e quasi figlia di Melania, al cui fianco si stringe gioiosamente avendo trovato in essa un vero maestro. Ambedue, insieme congiunte dai doni divini, portano come viventi monili le gemme variopinte delle virtù nelle anime perfezionate, nel cuore luminoso. Le segue una numerosa schiera di anime nobili e una sacra moltitudine di vergini aventi in comune uno stesso colore sotto un unico vello. Perciò Cristo, godendo nell'agnello diletto, ascolta Eunomia istruita dalla voce guida di Melania, mentre modella i vasi coi semplici ritmi dei salmi, perché con l'accompagnamento di Dio la piccola, precedendo le altre, dirige con labbra pure i cori benedetti che accompagnano i santi. Una congrua gratitudine, dunque, mentre io andavo riflettendo su queste cose, mi ha convinto di imitare un giardino adorno di fiori dai colori diversi con un carme vivacemente abbellito da molteplici metri. In questo modo ammiro fiorente il grembo di Felice, ripieno di luce diversa allo stesso modo di un campo ricco di molti ospiti, in esso mandati sotto la guida di Cristo, ed insieme di figli in densa schiera nati al padre Felice, affinché sia fonte di gioia per lui il fatto che le abitazioni in tutte le piccole camere siano all'improvviso cresciute nella sua terra e la sua modesta casa risuoni finalmente di pure melodie in suo onore con voci armoniose ed egli dal grembo ripieno miri raccolti sotto il suo tetto ospitale figli degni nel corpo e nel volto e anime simili nella virtù, sebbene di sesso diverso.

Al v. 216 l'attenzione si rivolge a Piniano, marito di Melania e monaco. Suo antenato fu il console "pagano" Valerio Publicola, ma il carme invita: "Ammiriamo le opere dell'alto Creatore e vediamo con stupore i pii figli degli infedeli preparati fin dai secoli antichi nelle linee delle mistiche generazioni. Tuttavia nelle tenebre delle menti senza fede vediamo che brillarono i germi della luce nel tempo stesso della notte dell'antica attesa, per coloro che, benché pagani, ebbero una mente e una volontà retta secondo le leggi della natura. Per questo ora in alcuni loro discendenti successivamente corrisponde il sangue dei loro padri". Ecco il testo completo:

A lui si avvicina, compagno per un uguale servizio, Piniano, minore di età, pari nella fede, anch'egli giovane illustre di antico sangue, discendendo dal primo console nella più grande Città. L'illustre Valerio, che nei fasti latini per primo ha il nome adorno dell'insegna consolare, che Roma dopo la cacciata dei re aggiunse a Bruto, è il più remoto antenato nel passato della stirpe di questo Valerio ora console cristiano. O felice discendenza! Benché quello, morto nella falsa religione pagana, immerso nell'oscuro lago infernale, non comprenda questo bene della sua stirpe, tuttavia noi, guardando con l'occhio della fede il passato e il presente dello stato dell'uomo, ammiriamo le opere dell'alto Creatore e vediamo con stupore i pii figli degli infedeli preparati fin dai secoli antichi nelle linee delle mistiche generazioni. Tuttavia nelle tenebre delle menti senza fede vediamo che brillarono i germi della luce nel tempo stesso della notte dell'antica attesa, per coloro che, benché pagani, ebbero una mente e una volontà retta secondo le leggi della natura. Per questo ora in alcuni loro discendenti successivamente corrisponde il sangue dei loro padri.
Come una volta il famoso avo supremo di Piniano, che ora mi appartiene, scelto dopo la tirannica monarchia a ridare la libertà ai suoi concittadini, preannunziò la nascita di questo discendente, il quale col coraggio dell'avo, combattendo la superbia per una causa migliore, allontanò da se stesso la schiavitù, vincitore del suo corpo, e, cacciato il potere del demonio dalle sue membra, stando ormai nella pace dello spirito, la santa libertà della sua anima fedele distrugge il giogo del peccato. In ciò ricorda qualche cosa del famoso antenato questo giovane che milita sotto il consolato di Cristo; poiché provvedendo alla libertà degli schiavi con l'opera del riscatto offre a Dio un dono santo, emulo in questo soltanto del padre antico, poiché libera dalla schiavitù i servi della sua casa come quello liberò i concittadini. Ma ciò che quello aveva compiuto in una sola e piccola città ancora nei primi anni di Roma, questi ora lo compie in molte città situate in diverse parti del mondo, dappertutto benigno e verso i suoi e verso gli estranei. Infatti dal collo di molti uomini liberi con le sante ricchezze allontana il giogo della servitù e se sono schiavi per debiti nelle tenebre del carcere con l'oro li libera dal vincolo dell'usura. Questi, dunque, Felice, per mandato di Cristo, ha accolto nella sua casa li ha nascosto nel suo grembo e con me li ha fatti ospiti per sempre. Lieto ora da ambo le parti del loro aiuto, offro il dono votivo di tre persone con una sola voce, poiché un solo spirito parla attraverso l'amore di tre.

Infine, nei vv. 272 ss. Tutti i parenti di Melania vengono cantati insieme, venendo paragonati a 9 corde della cetra (tre madri: Albia, Terasia, Avita, quattro figli; Suerio, Turcio, Melania ed Eunomia, due padri: Turcio e Paolino stesso). La decima corda è Emilio, probabilmente il vescovo di Benevento di allora, ed il plettro con cui Cristo suona questa cetra è S.Felice, a cui tutto il Carme si rivolge, nel giorno della sua festa.

Magnificate Dio con me e con sapienza, unanimi giovani, inneggiate con nobili canti. Come i salteri a dieci corde risuonano al tocco delle corde e queste, pur avendo un suono diverso, si fondono in ritmi armoniosi, così risuoni la santa lira della nostra comunità, come se una triplice lingua parlasse con un solo labbro. Siamo, infatti, tre di numero, siamo una identica cosa nei cuori e in questi tre convengono più anime, i cui nomi sono conservati nel libro del cielo. Albina è la prima del coro con la compagna Terasia; in questo giogo si unisce come sorella la madre Avita per essere terza guida della schiera nei cori inneggianti. Queste tre madri hanno due figli dello stesso sesso, due fiori, la discendente di Melania ed Eunomia. Queste stesse figlie appartengono anche a noi maschi, poiché la pietà congiunge quelli che il sesso distingue. Col padre Paolino è ugualmente padre questo Turcio: io sono padre per l'età, egli lo è per la prole. Di diversa età siamo associati in un sol nome, non ambedue vecchi ma tuttavia ambedue padri. Questa, dunque è la comunità tutta insieme; tre persone sono le madri, quattro i figli e due i padri. Infatti da una parte c'è il giovane sposo di Melania nel corpo di Cristo; a lui concesse Dio di prendere il nome dal pino, perché, nato per la vita eterna, il giovane prendesse il nome da quell'albero, che perennemente verdeggia. Il pino, infatti, rimanendo con la cima sempre verde, amando ricoprirsi sempre di foglie in alto sui monti eccelsi, non muta aspetto col mutare delle stagioni (infatti sotto il sole e la neve rimane sempre uguale a se stesso con la chioma verdeggiante) e come madre, feconda col frutto di una forte noce buona da mangiare raccoglie all'interno per nutrimento un tenero latte sotto il guscio ricciuto, il pingue ramo trasuda un liquido profumato, affinché neppure nella stessa durezza del legno l'albero rimanga sterile. Quest'albero, dunque, bello, fecondo, pieno di vita, alto, odoroso verdeggiante, è simbolo di un corpo immortale. Questo giovane beato sarà l'immagine di quest'albero dinanzi al Signore perché a lui rimanga sempre la grazia. E già piantato vive per Dio e con santo progresso come un alto pino leva il capo fecondo di frutti. Questo figlio mi si innalza al primo posto nel proprio gregge, ma un altro simile splendore è per me in Asterio che insieme i genitori, concordi con sincera pietà, consacrarono fin da fanciullo a Cristo, affinché come Samuele, contrassegnato fin dai primi anni, crescesse consacrato fra le cose sante con il nutrimento di Dio. La madre gli sciolse i primi balbettii nel nome di Cristo e la sua prima parola fu il nome del Signore, ed ora, essendogli padre Dio, nato per il regno dei cieli, risplende parimenti nel nome e nel volto celeste. La grazia benigna rese questo fanciullo anche fratello per il padre; infatti insieme furono generati nel santo fiume. Quelli che la natura aveva distinto nel grado della parentela, Dio li porterà nel suo regno fratelli per un benefico dono di grazia. Dunque tutti e nove, genitori insieme coi figli, dobbiamo essere animati dagli stessi sentimenti come un'unica lira; tutti dobbiamo fare di noi una sola cetra composta di diverse corde per un canto solo. Emilio venga al decimo posto. Allora finalmente la mistica legge canterà in noi con numero pieno. Infatti con questo numero di persone sulla lira della pace la corda vivente parlerà dell'opera della salvezza. Felice sarà il plettro per questa cetra. Con questo plettro Cristo esultante toccherà la cetra a dieci corde. Questa cetra toccata da Cristo risuonerà in noi in piena armonia con perfetti sentimenti, se la nostra pace sarà in tutte le fibre concorde con Dio, in modo da essere uniti nel corpo, nella mente, nella fede.



[Melania la Santa] - [Testimoni diretti]