Vangelo a scuola

 

da Lettera ad una professoressa

della Scuola di Barbiana (di d. Lorenzo Milani)

 


Tre anni su brutte traduzioni di poemi antichi (Iliade, Odissea, Eneide). Tre anni su Dante. Neanche un minuto solo sul Vangelo.

Non dite che il Vangelo tocca ai preti. Anche levando il problema religioso restava il libro da studiare in ogni scuola e in ogni classe.

A letteratura il capitolo più lungo toccava al libro che più ha lasciato il segno, quello che ha varcato le frontiere.

A geografia il capitolo più particolareggiato doveva essere la Palestina. A storia i fatti che hanno preceduto accompagnato e seguito la vita del Signore.

In più occorreva una materia apposta: scorsa sull’Antico Testamento, lettura del Vangelo su una sinossi, critica del testo, questioni linguistiche e archeologiche.

Come mai non ci avete pensato? Forse chi v’ha costruito la scuola Gesù l’aveva un po’ in sospetto: troppo amico dei poveri e troppo poco amico della roba.

Quando avrete dato al Vangelo il posto che gli spetta la lezione di religione diventerà una cosa seria.

Si tratterà solo di guidare i ragazzi nell’interpretazione del testo. Lo potrebbe fare il prete e magari in discussione con un professore non credente, ma serio. Cioè che conoscesse il Vangelo quanto lui.

Nella ricerca di questi professori verranno a galla i limiti della vostra cultura. A Firenze ci sono decine di preti capaci d’una lezione biblica d’alto livello. Gente che legge correntemente il testo greco e all’occorrenza sa metter gli occhi sull’ebraico.

Mi sapreste fare il nome d’un laicista seriamente preparato a tenergli testa? Ma uscito dalle vostre scuole non di seminario.

Ho sentito una conferenza d’un giovane intellettuale di quelli che hanno letto tutti i libri che c’è nel mondo (fuorché uno): “Se il grano di frumento non cade in terra e non muore non porta frutto come dice Gide”. Io questo Gide non so chi sia. Ma il Vangelo lo studio da anni e lo studierò tutta la vita.  

 


 

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