Brani di difficile interpretazione della Bibbia XVII, Gv 1,1
In principio era il Verbo
da Il Vangelo secondo Giovanni di Carlo Maria Martini (tpfs*)

Il brano che mettiamo a disposizione on-line ci introduce alla comprensione del significato di “Logos” – tradotto in latino con “Verbum” ed in italiano con “Verbo” – nel Prologo del Vangelo di Giovanni.
Il testo è tratto da Il vangelo secondo Giovanni, di C.M.Martini, Borla, Roma, 1981, pagg. 26-30, volumetto che è una rielaborazione degli esercizi spirituali che Martini predicò ad un gruppo di confratelli gesuiti nel 1974 (da qui il riferimento ai presbiteri che incontriamo nelle righe trascritte).
Martini si propone di individuare – non in vista di una trattazione esegetica, ma al fine di una comprensione spirituale degli esercitanti – il senso esistenziale inteso da Giovanni nel caratterizzare come Logos il Figlio co-eterno e con-sostanziale con il Padre.
Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la messa a disposizione on-line non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

L’Areopago


Vi propongo di riflettere sui vari significati. che può avere la parola logos, che fa da protagonista nell'azione del dramma rappresentato brevemente nei 18 versi del prologo. Questa parola logos è una parola disperante, perché forse è la parola greca che ha più significati: la mente, la ragione, il conto della spesa, e molte altre cose estremamente disparate. C'è da domandarsi perché mai Giovanni abbia scelto questa parola invece di sceglierne altre più precise. Per esempio, se voleva indicare la «parola di Dio», perché non ha scelto rema, che forse era il termine più adatto per indicare espressamente la parola creativa di Dio? Se voleva indicare la «sapienza», perché non ha scelto sophia o altre parole analoghe? Ci troviamo invece qui di fronte ad una vera e propria ridda di significati; mi sembra tuttavia non inutile prendere in considerazione i principali fra essi, senza pretendere in nessun modo di collocarci sul piano esegetico, bensì su quello della nostra meditazione esistenziale. Probabilmente Giovanni, dandoci una visione «telescopica» di tutti questi significati, ha voluto appunto offrirci una specie di scala per salire, grado a grado, fino a dove egli ci vuol portare.

I significati della parola, dunque, sono molti: per un greco il significato più evidente, che egli recepiva dal diffuso contesto filosofico, era quello di logos delle cose, cioè la ragione ultima d'essere della realtà. Benché gli esegeti, di solito, non insistano su questo significato, perché sostengono che la derivazione del logos giovanneo sarebbe piuttosto di tipo sapienziale, o in genere veterotestamentaria, è impossibile immaginare che un presbitero di Efeso di quel tempo, sentendo parlare del logos in senso assoluto, non pensasse alla ragione ultima delle cose, al perché del mondo, e quindi non cominciasse di qui la sua riflessione. Elenco allora cinque fondamentali significati:
1. ragione d'essere della realtà; 2. parola creatrice: Dio creò tutto con la parola; 3. sapienza che presiede alla creazione, quindi sapienza ordinatrice; 4. parola illuminante e vivificante; 5. parola rivelatrice: il Figlio di Dio viene fra noi in Gesù (s'incarna), ed è Gesù che rivela il Padre.

Mi sembra che Giovanni veda l'intera serie di questi cinque significati - tra altri che forse si potrebbero aggiungere - come se essi fossero ordinatamente infilati l'uno nell'altro; perciò noi possiamo prenderli in considerazione uno dopo l'altro, e così ricostruire il disegno giovanneo.

1. Logos, ragione u1tima delle cose
La ragione ultima della mia esistenza così com'è in Dio. Questo è certamente un primo messaggio, forse implicito, ma evidentissimo, da cui deve partire il presbitero. La mia esistenza così com'è - e tutta la situazione umana - ha una ragione, ha un perché, ha un significato. E questo significato ultimo è in Dio.

2. Logos, parola creatrice
Dove sta questo significato ultimo di tutta la realtà, di tutte le cose, della mia situazione umana? Sta nella dipendenza da Dio. Dipendenza da riconoscersi, con Ignazio, nella lode e nella riverenza. Se la ragione ultima di ogni cosa è una parola creatrice di Dio, questo senso di dipendenza totale da Dio, da riconoscersi con riverenza e lode, è il primo atteggiamento sul quale gli altri si possono costruire e senza il quale nessuna disciplina spirituale può essere costruita.

3. Logos, sapienza ordinatrice
Presso Dio è la ragione ultima non solo dell'essere delle cose, ma dell'essere «qui e adesso». Cioè: tutte le situazioni dell'esistenza, tutto ciò che gegonen («è avvenuto») e avviene ora, ha un significato nella sapienza ordinatrice di Dio. Tutto il cosmo, di cui si parla nel v. 9, ha questo significato.

Questa considerazione è amplissima e chiarificatrice, perché a partire da essa nessuna situazione umana è priva di senso, anche la più strana apparentemente; sia la mia situazione di uomo, sia la situazione dell'umanità e del mondo, sia la situazione della Chiesa: tutto ha un significato nella sapienza ordinatrice di Dio. Solo se si confida in questo, può aver inizio la formazione del presbitero. Se manca questa fiducia, si comincia con l'amarezza e con la deprecazione, e si rimane preda dello spavento che ci prende di fronte all'impressione del disordine illimitato. Dunque presso Dio è la ragione ultima di tutte le situazioni dell'esistenza: dell'essere il cosmo oggi così.

4. Logos, phos e zoè
Questa ragione dell'esistenza è logos, nel senso di phos (luce) e zoè (vita); tutto ha un senso, e questo senso è luminoso e vivificante. Ossia, malgrado le oscurità della situazione presente dell'uomo, malgrado la tragedia umana che ci circonda, malgrado le prove della Chiesa e le situazioni quasi assurde nelle quali si trova il mondo e possiamo trovarci anche noi, esiste al fondo di tutto un euaggélion (un «vangelo»), che ci assicura esserci una ragione luminosa e vivificante di tutte queste cose, se solo sappiamo coglierla e lasciarci trasformare da essa.

5. Questo Logos è Gesù Cristo fra noi che ci parla del Padre
Le parole di Gesù, che ascoltiamo nella Scrittura, e la sua stessa realtà personale costituiscono il senso luminoso ed edificante di tutta l'esperienza umana, così come noi la percepiamo. È questo lo sfondo sicuro - e necessario - su cui si innesta tutta la costruzione successiva. Senza questa fiducia di fondo nella sapienza creatrice, che regola le situazioni presenti e si manifesta in Cristo come «vangelo», non c'è speranza di fare meglio, non c'è speranza di cambiare se stessi e non c'è speranza per il mondo. La nostra speranza, infatti, sta tutta in questo radicarsi di ogni cosa nella ragione ultima, che è la creazione divina e la presenza fra noi di Gesù Cristo, il quale rivela le parole di Dio e crea una situazione di verità e di grazia nel mondo: Gesù «pieno di grazia e di verità» (1, 14).
Ecco dunque l’atteggiamento da assumere di fronte al Vangelo di Giovanni - del tutto corrispondente per altro a quella solidità del principio e di appoggio, che Ignazio voleva offrire col suo Principio e Fondamento - un atteggiamento ispirato al senso che tutto da Dio dipende e a Dio va, e che la nostra azione può inserirsi in maniera sensata, ragionevole, giusta, in questo movimento, qualunque sia la nostra condizione presente.


Testi dello stesso autore presenti sul nostro stesso sito www.gliscritti.it

Cosa è il Regno di Dio annunziato da Gesù
Iniziazione cristiana e teologia fondamentale
Dante a settecento anni dal viaggio della “Commedia”


Per altri articoli e studi del card.Carlo Maria Martini o sul vangelo di Giovanni presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici


 

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