Brani di difficile interpretazione della Bibbia, XXIII.
La genealogia di Gesù in Matteo 1, 2-17, nell’analisi di Ulrich Luz
di Andrea Lonardo

per Il Centro culturale Gli scritti (21/12/2007)


La genealogia di Gesù con cui si apre il vangelo di Matteo solo apparentemente può essere considerato un testo puramente didascalico. Non appena, infatti, lo si consideri da vicino, ne appaiono le straordinarie ricchezze. Il Vangelo di Matteo di Ulrich Luz[1], nel capitolo dedicato a questa pericope, ne approfondisce il senso in maniera convincente.

Dopo il primo versetto del vangelo che si presenta come un titolo, segue immediatamente la genealogia con tre serie di quattordici antenati, Mt 1,2-17 (in realtà sono solo 13 nella terza serie, nella quale mancano tre nomi della lista dei Re di Giuda, che si evince dai libri dei Re).
Luz la descrive come una ‘genealogie lineare, senza ramificazioni’, a sottolineare l’unico disegno, la storia che conduce ad una meta.

Due elementi appaiono subito evidenti: la genealogia vuole puntare l’attenzione sul fatto che Gesù è, grazie alla paternità adottiva di Giuseppe, da un lato figlio di Abramo (cioè ebreo), dall’altro un davidide, un figlio di Davide (cioè il re messia promesso!).

L’attenzione centrale va, però, al fatto che c’è un piano di Dio nella storia e che Gesù è parte di questo disegno, anzi ne è il culmine. È tutta la storia di Israele che viene descritta in forma riassuntiva, con tutta la cronologia dei Re che si sono susseguiti e con la menzione anche dei periodi bui come la deportazione[2], al momento della caduta di Gerusalemme.

Gesù è un figlio di Abramo, è discendente dei patriarchi; è attraverso di loro che si è dispiegato il piano di Dio nella storia che ora giunge al suo centro. Gesù è il messia regale –di Davide si aggiunge nella scarna genealogia di Mt la qualificazione che è re ad indicare che ancor più re è Gesù- ed egli viene dopo che si è chiusa tutta la teoria dei re dell’Antico Testamento, che vengono elencati uno per uno.

Il vangelo nella sua interezza aiuterà a comprendere come si compiano in Gesù queste premesse: una modalità ben diversa dalla storia precedente, ma pure il compimento di essa. Egli è figlio di Abramo, ma Dio può far nascere ad Abramo figli anche dalle pietre (Mt 3,9). Egli è re, ma titolare di una regalità diversa, che subito troverà opposizione in quella di Erode, fino alla rivelazione di Gesù come il ‘re mansueto’ che entrerà a Gerusalemme al momento della sua passione.

Perché gli ampliamenti? Abbiamo già visto l’insistenza sul titolo di Davide come re, la più facile da spiegare. Abbiamo poi l’ampliamento dei fratelli di Giuda: essi sono i progenitori delle 12 tribù, ad indicare ancora una volta il compimento dell’intera storia di Israele[3].

L’ampliamento più analizzato dagli studi esegetici è quello delle quattro donne citate nella genealogia. C’è chi vi ha visto la capacità di Dio di far sorgere una storia di bene anche dal peccato (soprattutto a motivo di Betsabea, madre di Salomone per l’adulterio di Davide), chi vi ha scorto la testimonianza che Dio segua sempre una via che supera la razionalità umana (Luz identifica questa posizione con l’espressione ‘irregolarità divina’).

Luz preferisce –e noi con lui- l’interpretazione che sottolinea come in quelle quattro donne si evidenzi già che quella storia non è solo per Israele, ma contiene in nuce tutte le genti: le quattro donne sono accomunate dall’essere straniere. Tamar era un proselito (secondo alcune tradizioni, anche se non per tutte), Rut era moabita, Rahab era una cittadina di Gerico; e di Betsabea si sottolinea che era moglie di Uria, l’ittita, a calcare la mano su questo marito straniero. Insomma, non le solite antenate (Sara, Rebecca, Lia e Rachele), ma delle pagane. In Gesù avviene l’offerta della salvezza ai gentili, ma già la sua genealogia preannunzia questa apertura.

Infine il culmine: la menzione di Maria ed il “fu generato”, senza il passaggio di padre in figlio con il “generò” che si ripete ad ogni nuova generazione. Sarà poi Mt 1, 18-25 ad indicare come si leghi Gesù a Giuseppe e, quindi ad Abramo, e la pericope successiva (Betlemme ed i magi) a puntare invece l’attenzione sulla figliolanza regale da Davide. Qui è Maria e non Giuseppe a generare.

È in questione non tanto la precisione storica della genealogia (Luz sottolinea come sia problematico anche solo l’esiguo numero di generazioni dall’esilio a Giuseppe), quanto piuttosto l’idea di un piano divino della storia: è la storia di Israele che giunge alla sua meta e si universalizza. Insieme, è Gesù che oltre ad essere Dio è anche vero uomo, ma è uomo dentro questa storia.

Questo è sottolineato in particolare dal numero 14 che si ripete, cioè da un ordine, da un disegno che è individuabile, pur nel mutare delle contingenze. Se Matteo non avesse indicato questo numero, il lettore non se ne sarebbe reso conto. Il numero può certamente fare riferimento al numero gematrico di David (דוד)- dalet=4+waw=6+dalet=4=14). Ma, soprattutto, la ripetizione del numero 14 serve ad indicare come la genealogia di Gesù sia una storia pre-vista, pensata, liberamente attuata dal disegno di Dio.

Luz sottolinea così quanta ricchezza sia presente in questo testo, ben diversamente da come scrisse in una poesia Friedrich von Sallet (ca.1835):

Che era figlio di, che era figlio di, che era figlio di –
Che generò quello, che generò quello, che generò quello –
Così ci si trascina lontano in una lenta litania
Fino a quando nomi morti girano alla rinfusa nel cervello.

Genealogie grossolanamente messe insieme
Dal senno limitato di un folle, se non da una mano meschina
Per il tornaconto di signorotti e donne vanitose,
perché non si fidano della loro condizione:

Io vi distruggo. Che cosa vale una foglia appassita
Nel Libro Santo pieno del rigoglio di fresche palme?
Che significa che Tizio ha generato Caio,
Indietro fino a colui che spontaneamente ha creato il mondo?


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Note

[1] In traduzione italiana è finora disponibile solo il primo volume dell’opera, Vangelo di Matteo I, Introduzione. Commento ai capp.1-7, edizione italiana a cura di C.Gianotto, Commentario Paideia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia, 2006. Sono attesi i successivi due volumi.

[2] Gli esegeti si sono domandati perché la menzione dell’esilio, oltre a quella di Abramo e di Davide. Luz risponde che certamente si vuole richiamare l’intera storia di Israele.

[3] Più misterioso, ma da leggere probabilmente sulla stessa linea, l’ampliamento che parla di Fares e Zara, considerati gemelli, e soprattutto quello di Ieconia ed i suoi fratelli, i deportati a Babilonia.


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