Babbo Natale si veste di rosso Coca-Cola nel 1931 e per far “sognare” i nostri bambini serve una memoria più ricca e profonda (tpfs*)


Gli imbottigliatori della Coca-Cola avevano sempre saputo che dovevano cercare di attrarre presto la prossima generazione di consumatori, nonostante le remore riguardo alla pubblicità diretta ai giovani di età inferiore ai dodici anni. Ora che i bambini potevano trovare la Coca-Cola nei loro frigoriferi, la Compagnia cominciò a corteggiare anche il mercato dei giovani in età scolare, facendo però attenzione a non mostrare mai esplicitamente nelle pubblicità un bambino nell'atto di bere la Coca-Cola. Questo approccio al mondo infantile finì per rimodellare la cultura popolare americana, attraverso l'arte di Haddon Sundblom.
“Sunny”, un forte bevitore svedese professionalmente brillante, ma sempre in ritardo, si rese indispensabile, malgrado le sue abitudini, inventando il classico Babbo Natale della Coca-Cola nel 1931. Il Babbo Natale di Sundblom era il perfetto uomo della Coca-Cola: più grosso del normale, di un rosso brillante, sempre allegro e colto in stravaganti situazioni che si concludevano con una famosa bibita come ricompensa per una dura notte di lavoro passata a consegnare giocattoli. Ogni Natale, Sundblom partoriva un'altra pubblicità, avidamente attesa, raffigurante il Babbo Natale della Coca-Cola. Quando morì il suo primo modello, un ex-venditore della Coca-Cola, Sundblom lo sostituì personalmente. Se si può dire che la Coca-Cola abbia esercitato una sottile, penetrante influenza nella cultura americana, occorre ammettere che essa ha forgiato direttamente il concetto americano di Babbo Natale. Prima delle illustrazioni di Sundblom, Babbo Natale (alias Santa Claus) era stato variamente dipinto con abiti blu, gialli, verdi o rossi; nell'arte europea era generalmente alto e macilento, mentre Clement Moore l'aveva dipinto come un elfo in “Una visita da St. Nicholas”. Dopo le pubblicità della bibita, invece, Babbo Natale sarebbe sempre stato un uomo enorme, grasso, sempre contento, con un ampio giro-vita e stivali neri fino all'anca, sempre rigorosamente vestito di rosso Coca-Cola.

Questo brano, tratto dal libro “Per Dio la Patria e la Coca Cola. La vera storia (non autorizzata) della bibita più famosa del mondo” di Mark Pendergrast, ci rende consapevoli di quanto la nostra società sia influenzata e influenzabile.
Noi vogliamo, semplicemente, ma anche con forza, che la stupenda tradizione dei “doni”, dei “regali”, diventi già, per i nostri figli piccoli, annuncio che il dono più grande, che “supera ogni attesa e desiderio” è il Salvatore, il bambino Gesù e che le nostre famiglie spieghino loro che è per aver riconosciuto Lui che anche noi siamo lieti di seguirlo e scambiarci, nel suo nome, altri doni, quelli che ci facciamo la notte di Natale. Spiegare ai bambini che Babbo Natale non esiste li aiuta, perché non spegne in loro, come sostengono alcuni, la fantasia e la poesia, ma, anzi, fa scorgere loro la tradizione più antica e profonda (non nata per ragioni commerciali e tutt'altro che poetiche), origine di ogni vera pace e poesia.
Le tradizioni delle regioni italiane, come del resto quelle di molti altri Paesi, legavano la tradizioni dei doni non solo al Natale, ma a differenti festività. In alcune regioni era appunto la festa di S.Nicola (S.Nicolaus, con l'evoluzione linguistica S.Claus), vescovo di Mira, nell'attuale Turchia, le cui reliquie sono ora a Bari, legato per differenti ragioni al “dono”, in particolare per l'episodio della sua offerta di tre “doti” a tre fanciulle povere che avevano difficoltà a mettere su famiglia o, addirittura, stavano per essere avviate alla prostituzione (in Roma abbiamo una bellissima raffigurazione di questo episodio nella Chiesa di S.Saba al piccolo Aventino). La festa di S.Nicola cade in Occidente il 6 di dicembre ed era questo, in molte regioni italiane, appunto, il giorno dei doni. Nell'iconografia S.Nicola (trasformato e trasferito da ragioni commerciali nel Babbo Natale del 25 dicembre) è sempre stato dipinto come asceticamente molto magro e consumato. In altre regioni ancora era il 13 dicembre, la festa di S.Lucia, il giorno dei “regali”. Anche in questa pluralità di tradizioni possiamo comunque scorgere una trasmissione di fede e di memoria storica. E' solo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale con l'arrivo della Coca Cola nella nostra penisola che ha avuto inizio il processo di unificazione del giorno del “dono” e soprattutto l'accentuazione del suo spostamento di significato, o, meglio, la sua perdita di significato.
Tradizione costante e significativa del “donare”, infine, dopo quella del Natale, è quella legata al 6 gennaio, festa dell'Epifania, cioè della “manifestazione” di Cristo al mondo. E' il giorno in cui la liturgia ricorda la visita dei tre magi d'Oriente al Bambino. Essi rappresentano i primi “pagani”, i primi “non ebrei”, che accorrono al Presepe, riconoscendo che Gesù è venuto come Salvatore per tutti. In Oriente è proprio per questo che l'Epifania viene celebrata con maggiore solennità rispetto alla nascita del Bambino ed i tre episodi che l'Epifania celebra insieme, nella liturgia bizantina, sono la visita dei Magi, il Battesimo di Gesù (con la proclamazione di Gesù Figlio di Dio, da parte del Padre) ed il primo segno delle Nozze di Cana (il segno delle nozze del Cristo con la sua Sposa, la Chiesa). Anche qui la necessità di “infantilizzare” ha portato alla mutazione linguistica dell'espressione Epifania in Befana. Come per il Natale, così, allo stesso modo, sosteniamo, senza esitazione, che i regali del 6 gennaio, trovino il loro valore educativo e tradizionale proprio nel legame vero e semplice con il gesto di aggiungere al presepe i Tre magi, con i loro doni, l'oro, l'incenso e la mirra (che la Chiesa ha visto, nella sua tradizione, come profezia, rispettivamente, della regalità, della divinità e della passione di Cristo), liberando i nostri bambini dalla necessità di dover ricorrere alla Befana ed indirizzandoli ad altre fantasie meno commerciali e più poetiche.

d.Andrea Lonardo

N.B. Per uno studio più approfondito dei passaggi che hanno portato la figura di San Nicola a trasformarsi in Babbo Natale - attraverso le diverse modificazioni apportate prima dal protestantesimo e poi dal messaggio pubblicitario - vedi ora su questo stesso sito www.gliscritti.it il nostro articolo Breve nota sulle figure di Babbo Natale... e della Befana.


[Torna all'inizio | Approfondimenti]