"Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver fatto prima la nostra parte dentro di noi… Si deve pregare per tutti" (tpfs*)
Una lettera da Nazareth sul conflitto fra israeliani e palestinesi

Ci è giunta questa lettera da una nostra cara amica, piccola sorella di Gesù, che vive nel conflitto fra israeliani e palestinesi. Ci sembra importante farla conoscere a tutti.

L'Areopago


Nazareth, 8.12.2002

Carissimi,
penso con gratitudine a tanti incontri d'amicizia vissuti in Italia nell'ultimo passaggio. Vorrei raggiungere ciascuno nella sua situazione particolare di vita attraverso la preghiera. Questi incontri mi hanno aiutato a riflettere sul valore inestimabile dell'amicizia nella durata del tempo e malgrado la distanza fisica. Ci sono effettivamente legami che si nutrono anche di silenzio e di attesa quando sono più profondi. Il mio pensiero va spesso a voi, anche se scrivo poco negli ultimi tempi.
Sono anche sinceramente commossa per la corrente di solidarietà che si è creata grazie a voi in favore del popolo Palestinese e voglio ringraziarvi tutti per la partecipazione generosa.
Mi sento sempre più incapace di parlare della situazione di qui. Ho l'impressione che tutto quello che continua a succedere sia una ripetizione dolorosa, a volte in crescendo, di ciò che è successo giorni, settimane, mesi o anni fa. Vorrei far mie le parole di Etty Hillesum (1942): “e non vedo altra soluzione, veramente non ne vedo nessun'altra, che quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume. Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver fatto prima la nostra parte dentro di noi. E' l'unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove”.
Al mio rientro qui ho potuto visitare le sorelle a Gerusalemme, Ramallah, Gaza e Beit Jala. Ho lasciato quest'ultima poche ore prima del nuovo coprifuoco, subito dopo l'attentato a Gerusalemme. Ho ritrovato dunque la stessa violenza, le stesse tensioni, la stessa paura in tutto il paese. Non ci si immaginano le conseguenze del coprifuoco: una violenza che non fa rumore, che distrugge lentamente. Nel quartiere un panettiere è stato punito perché trovato a lavorare “illegalmente” nel suo forno durante il coprifuoco, gli hanno rovinato e gettato la pasta e requisito le chiavi dei forni della zona di Betlemme... A Gaza una bambina di 11 anni, con un corpo che rifiuta di crescere, subisce insieme ai suoi numerosi fratelli e sorelle, le violenze di un padre disoccupato “a vita” e reduce dalle torture subite in prigione... Questa bambina mi ha regalato un disegno: una colomba azzurra rinchiusa in un cerchio nero. Molto spesso ora i disegni dei bambini portano una striscia nera che “racchiude” il disegno. Il simbolo della prigione in cui vivono.
Ma anche... ho incontrato a Gerusalemme un palestinese che aveva visto la mattina stessa l'orribile attentato e ne era sconvolto. Mi ha detto piangendo: “Non siamo più uomini, né noi né loro”. E nel passare il posto di blocco a Kalandia (Ramallah) ho incontrato il volto di un soldato israeliano più anziano, un volto pieno di bontà e di dolore, e per un momento mi son venute le vertigini. Quell'uomo non umiliava, non picchiava, certamente pativa di essere là. “Non ci sono confini tra gli uomini sofferenti, si patisce sempre da una parte e dall'altra e si deve pregare per tutti.”(Etty Hillesum)
A volte penso che la sconfitta umana è tale dalle due parti (e poco importa se si vince militarmente) che dovrebbe poter rimettere in questione ogni sorta di ideologia nazionalista o religiosa, e far riflettere di più alla condizione dell'uomo, chiunque sia, prigioniero di questo conflitto. Un prete nei Territori mi diceva: “è una situazione che ci supera totalmente, che non riusciamo nemmeno più a spiegare. Una lotta tra il bene e il male (non nel senso americano!), tra luce e tenebre, che supera i due stessi popoli, e che in fondo è nascosta in ciascuno di noi”.
“Il popolo che camminava nelle tenebre... coloro che abitavano nel paese dell'oscurità...” - e non si potrebbe esprimere meglio la realtà di questi anni nel paese - “vide”, nella nudità della fede e contro ogni speranza, “la grande luce” di Colui che è venuto “perché abbiano la vita, e l'abbiano in abbondanza”.
In questa comunione di fede e d'amicizia fraterna vi abbraccio tutti nella gioia del Natale che viene.

la vostra piccola sorella
Maria Chiara di Gesù


[Approfondimenti]