Perché pregare a mani giunte o levate al cielo? Perché inginocchiarsi? Perché i gesti della liturgia? (tpfs*)
Don Tonino Lasconi risponde ai bambini

Riprendiamo, per il Progetto Portaparola, l’articolo scritto da don Tonino Lasconi per Popotus. Giornale di attualità per bambini, Supplemento di Avvenire dell’11 maggio 2006. Vi proponiamo, di seguito, un testo tratto dal saggio on-line di Gerardo Pecci su Il tabernacolo della chiesa parrocchiale di San Martino Vescovo in Serre (Salerno).

L’Areopago.


Don Tonino, perché bisogna pregare con le mani giunte? Ciao. Francesco

Francesco, prima di tutto togliamo di mezzo quel verbo: «Bisogna». È brutto. Fa pensare a un obbligo, a qualcosa di imposto. Le cose belle nascono dal cuore, da decisioni libere e consapevoli. Per decidere così è necessario capire. Allora cerchiamo di capire. Se uno ti si mette davanti con le mani dietro la schiena, o dentro le tasche, tu non sai che intenzioni ha. Potrebbe avere un bastone o una pistola. Se invece uno ti viene incontro con le mani giunte, tu sai che è disarmato. Ecco, nella preghiera le mani giunte esprimono questo sentimento: «Signore, io mi metto davanti a te disarmato, senza alcuna difesa, perché mi fido di te e sono pronto ad accoglierti senza paura». Il gesto delle mani giunte è consigliato nei momenti di preghiera particolarmente intensi, quando il Signore ci chiede di accogliere la sua presenza o un suo dono, come durante la Messa nel momento della consacrazione o della comunione. Il significato delle mani giunte diventa più forte quando ci si mette in ginocchio. Infatti, chi fa così, dimezzando la sua statura, esprime la volontà di riconoscersi piccolo, e quindi di non voler combattere e lottare. Lo sai, nel pugilato chi si mette in ginocchio dichiara di arrendersi e l'altro non può picchiarlo più. Nella preghiera, mettersi in ginocchio significa: «Signore, io sono piccolo. Tu sei grande e puoi aiutarmi». Un altro gesto molto bello e significativo nel pregare è alzare le mani verso l'alto, o nel gesto del: «Mani in alto!» (quante volte l'hai visto fare nei film?), oppure in quello del bambino che vuole farsi prendere in braccio (quante volte l'hai fatto quando eri piccolino?). In ambedue i casi si riconoscere la grandezza del Signore, dichiarando di essere pronti a compiere ciò che lui ci chiede (come nella preghiera del Padre Nostro), oppure di aver bisogno della sua forza e del suo calore. Le mani ci danno un grosso aiuto nel pregare anche quando le mettiamo rivolte verso l'alto come quelle del povero che chiede l'elemosina. In questo caso, esse ci ricordano che abbiamo un urgente bisogno dell'aiuto del Signore. Francesco, è bene e bello pregare con le mani giunte e con altri atteggiamenti del corpo, perché, pregando con tutto ciò che siamo, corpo e spirito, corriamo meno il rischio di non pensare a quello che stiamo dicendo o facendo. Prova! Prima prega stravaccato sulla sedia, poi con le mani atteggiate nel gesto che esprime meglio i tuoi sentimenti di quel momento. Hai provato? Adesso dimmi che non hai capito la differenza.

Da Gerardo Pecci, Il Tabernacolo della chiesa parrocchiale di San Martino Vescovo in Serre (Salerno).

(Ci troviamo di fronte ad) uno dei gesti fondamentali della sacra liturgia: quello della preghiera a mani giunte. In origine, e l'iconografia dell'arte paleocristiana lo dimostra, la preghiera si esprimeva attraverso il gesto dell'Orante, in piedi, con le braccia aperte e il palmo delle mani rivolto verso l'esterno. Le mani giunte, invece, erano un segno di sottomissione da parte di prigionieri e vassalli, sudditi di un signore, ecc. Tuttavia, nel XIII secolo, durante il pontificato di Gregorio IX, il gesto dell'orante "fu in parte sostituito dalla preghiera manibus junctis, il cui successo sembra sia dipeso tanto dall'influsso francescano quanto dall'analogia con la recommandatio feudale. L'ordo missae francescano presupponeva infatti che l'elevazione dell'ostia, momento centrale della Santa Messa, si effettuasse junctis manibus, poiché occorre essere concentrati e raccolti per offrire degnamente a Dio il corpo di Cristo. Proprio come il vassallo che pone le proprie mani in quelle del suo signore, come un prigioniero, per ricevere la qualifica che attende. Benché tardiva, la junctio manuum costituisce uno dei momenti più complessi, è uno dei vertici, del codice medievale. [...] Non è per un caso se alcune rappresentazioni di questo gesto in Dürer (studio per la Rosenkranztafel ) e, più tardi, in Rodin acquistano un valore particolarmente commovente. Ciò illustra, a mio giudizio, un'importante tendenza di un gesto come questo, che assume un valore emblematico per via del costante andirivieni dal vissuto al rappresentato. C'è come una tendenza del segno a concentrarsi su se stesso" (André Chastel).


[Bambini]