Africa

dalle risposte di Papa Benedetto XVI alle domande dei sacerdoti, durante l’incontro con il clero della Diocesi di Roma del giovedì 2 marzo 2006


(Questa domanda) ci fa pensare al Continente africano, che è la grande speranza della Chiesa. Ho ricevuto negli ultimi mesi gran parte dei Vescovi africani in visita «ad limina». E per me è stato molto edificante, ed anche consolante, vedere Vescovi di alto livello teologico e culturale, Vescovi zelanti, che realmente sono animati dalla gioia della fede. Sappiamo che è in buone mani questa Chiesa, ma che tuttavia soffre perché le Nazioni ancora non si sono formate. In Europa era proprio tramite il Cristianesimo che, oltre le etnie che esistevano, si sono formati i grandi corpi delle Nazioni, le grandi lingue, e così comunioni di culture e spazi di pace, benché poi questi grandi spazi di pace opposti tra di loro abbiano creato anche una nuova specie di guerra che prima non esisteva. Tuttavia, in Africa, abbiamo ancora in molte parti questa situazione, dove ci sono soprattutto le etnie dominanti. Il potere coloniale poi ha imposto frontiere nelle quali adesso devono formarsi Nazioni. Ma ancora c'è questa difficoltà di ritrovarsi in un grande insieme e di trovare, oltre le etnie, l'unità del governo democratico e anche la possibilità di opporsi agli abusi coloniali che continuano. Ancora, sempre da parte delle grandi potenze, l'Africa continua ad essere oggetto di abuso e molti conflitti non avrebbero assunto questa forma se non ci fossero dietro gli interessi delle grandi potenze. Così ho visto anche come la Chiesa, in tutta questa confusione, con la sua unità cattolica, è il grande fattore che unisce nella dispersione. In molte situazioni, adesso soprattutto dopo la grande guerra nella Repubblica Democratica del Congo, la Chiesa è rimasta l'unica realtà che funziona e che fa continuare la vita, dà l'assistenza necessaria, garantisce la convivenza e aiuta a trovare la possibilità di realizzare un grande insieme. In tal senso, in queste situazioni, la Chiesa svolge anche un servizio sostitutivo del livello politico, dando la possibilità di vivere insieme, e di ricostruire, dopo le distruzioni, la comunione, così come di ricostruire, dopo lo scoppio dell'odio, lo spirito di riconciliazione. Molti mi hanno detto che proprio in queste situazioni il Sacramento della Penitenza è di grande importanza come forza di riconciliazione e deve essere anche amministrato in questo senso. Volevo, con una parola, dire che l'Africa è un Continente di grande speranza, di grande fede, di realtà ecclesiali commoventi, di sacerdoti e di Vescovi zelanti. Ma è sempre anche un Continente che ha bisogno — dopo le distruzioni che vi abbiamo portato dall'Europa — del nostro fraterno aiuto. Ed esso non può non nascere dalla fede, che crea anche la carità universale oltre le divisioni umane. Questa è la nostra grande responsabilità in questo tempo. L'Europa ha importato le sue ideologie, i suoi interessi, ma ha anche importato con la missione il fattore della guarigione. Ancor più, oggi, abbiamo la responsabilità di avere anche noi una fede zelante, che si comunica, che vuole aiutare gli altri, che è ben consapevole che dare la fede non è introdurre una forza di alienazione ma è dare il vero dono del quale ha bisogno l'uomo proprio per essere anche creatura dell'amore.


 

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