Ignoranza dei sacerdoti

Da un'Omelia ai sacerdoti, tenuta il 3 gennaio 1584

da S. Carlo Borromeo

 



O ignoranza, nemica dei sacerdoti, quanto sei nociva ad essi, quanto indecorosa! Il sacerdote ha nelle sue mani delle anime: deve saper distinguere una forma di lebbra da un’altra; è suo compito pascere il popolo che gli è stato affidato con la sua dottrina e il suo esempio, insegnare la Legge di Dio, dare un latte e un cibo solido, e offrire un nutrimento proporzionato a ciascuno. Quali intoppi a tutto ciò porta l’ignoranza! A quale severo giudizio sarà sottoposto il sacerdote senza erudizione, incapace di adempiere a qualcuno dei suoi uffici pastorali! Credetemi: nessuno mai è sufficientemente sapiente per portare degnamente il peso del suo ministero! Se questo è vero per chiunque abbia la necessità di sapere per sé – ed anche in modo eccellente – che dovremo dire di coloro che devono essere sapienti per sé e per gli altri? Dice il Signore, per bocca del profeta: “Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza”. Ai suoi sacerdoti il Signore richiedeva una scienza così palese e manifesta che potesse essere notata “sulle labbra”; voleva che custodissero la comprensione profonda di ogni cosa. “Dalla sua bocca si ricerca l’istruzione”, come una cosa dovuta per diritto. Ma coloro che sono ignoranti come potranno saldare questo debito?

Vorrei che voi meditaste spesso questa cosa; dovete sempre avere davanti agli occhi queste parole, soppesarle, meditarle. Mi rattristo non poco di tutto ciò; e, d’altra parte, ho molta paura per voi, quando da un lato vedo quante possibilità ci sono in questa città di aggiornarsi; quando ricordo quanti maestri, corsi, luoghi di convegno vi siano offerti; mentre dall’altro constato la negligenza di molti che recalcitrano di fronte ai gesti di benevolenza divina che sono loro offerti, perché ritengono di avere studiato a sufficienza e di avere progredito molto nella dottrina.

Non capiti che tra voi si trovi qualcuno di animo così vile e mente così ottenebrata che osi dire: Ho conseguito il sacerdozio; per quale motivo dovrei consumare altro tempo per studiare? Abbiamo imparato dalla esperienza che ci sono stati alcuni che hanno affrontato l’esame e sono risultati idonei, così da essere immessi nella cura pastorale; è capitato che, dopo qualche mese o qualche anno, si sia ritenuto opportuno saggiare di nuovo la loro preparazione dottrinale: abbiamo scoperto che sapevano meno di quando avevano affrontato il primo esame, nonostante che alla preparazione mostrata si fosse aggiunta una lunga cura delle anime e la pratica di ciò che avevano imparato. Avevano predicato spesso la Parola di Dio, avevano avuto molte occasioni di approfondire i loro studi ma, dando pure per accertate queste cose, è apparso chiaro che avevano dimenticato tutto perché, contenti di quello che sapevano, avevano smesso di studiare. Animi ignobili e meschini! E’ evidente che quando costoro studiavano non lo facevano per amore della scienza o per crescere in virtù, ma solo meccanicamente, per conseguire il sacerdozio. Non vogliate, dilettissimi, perdere le occasioni che Dio vi offre a causa dell’ozio: non mostratevi ingrati verso la clemenza di Dio.

Mostrate con i fatti la purezza e la grandezza del vostro animo; che desiderate gioire di ciò che è virtuoso e progredire nella dottrina.

 


 

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