Giovanni Lindo Ferretti. 1/ Video dalla trasmissione "La svolta", in cui racconta la sua conversione. 2/ Litania, di Giovanni Lindo Ferretti

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 26 /12 /2012 - 16:04 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito alcuni video di Giovanni Lindo Ferretti.

Il Centro culturale Gli scritti 26/12/2012)

1/ La svolta. Giovanni Lindo Ferretti

Le parole di Giovanni Lindo Ferretti ne La svolta, storie di conversione al Cristianesimo

Riprendiamo sul nostro sito la trascrizione delle parole di Giovanni Lindo Ferretti, curata da Daniela Forniti, nella puntata a lui dedicata della serie La svolta.

Il Centro culturale Gli scritti (9/1/2013)

O Re della pace, dacci la tua pace e perdona i nostri peccati. Allontana i nemici dalla tua Chiesa e custodiscila, affinché non venga meno. L’Emmanuele nostro Dio è in mezzo in noi nella Gloria del Padre, dello Spirito Santo. Ci benedica e purifichi i nostri cuori

Quando sono ritornato a casa, mi sono ricostruito la stalla e ho cominciato ad abitare nella casa di mia nonna, dei miei nonni, dei miei vecchi e a passare dalla casa alla stalla, e improvvisamente io ho sentito che la vita era mancante di qualcosa.

Una sera mi sono preso su, c’era ancora don Guiscardo, era l’ultimo parroco che è stato parroco di Cerreto Alpi, sono andato in canonica. Sarà rimasto anche abbastanza stupito, immagino, perché non ero un frequentatore della chiesa e poi avevo un aspetto ancora molto lontano, per quanto in un piccolo paese il prete conosce tutti, non è che si fa poi meraviglia dei suoi parrocchiani.

Mi ha detto «Giovanni vieni, hai bisogno di qualcosa?» Gli ho detto: «Beh sì, avrei bisogno di fare una chiacchierata». Non mi sono confessato, gli ho raccontato un sacco di cose e gli ho spiegato la mia necessità, la mia voglia di rifare i conti con la Chiesa cattolica. E lui mi ha detto «Guarda Giovanni, io ti consiglio di venire a messa la domenica, che sarebbe una cosa fondamentale e di pensare che forse sarebbe il caso che tu ti confessassi. Le cose si fanno pian piano… non risolveremo mai questo problema con una discussione culturale filosofica».

Io sono insieme rimasto un po’ male e l’ho apprezzato moltissimo perché in realtà se avessimo cominciato una discussione filosofica sarebbe stato, come dire, non confacente a quello di cui [avevo bisogno]… Non era quello che io chiedevo, ma era quello di cui io avevo bisogno. Invece avevo semplicemente bisogno di tornare a casa e quindi sapere che, oltre alla casa e alla stalla, c’è anche la casa del Padre e allora avevamo anche la fortuna di avere un sacerdote come Dio comanda.

La mia fede è una fede molto quotidiana e molto umile. A volte leggo cose, perché mi capita come tutte le persone moderne, di leggere di dibattiti teologici. Ho la stessa avversione che nutriva mia nonna per i teologi perché pensava che teologi servono a far perdere la fede alle persone per bene. È un po’ semplificato, però dà l’idea che a volte c’è un voler complicare al di là dell’immaginabile.

Che Dio esista è indubitabile; che il Dio che esiste è il Dio che noi adoriamo, è il Dio della fede cattolica, è altrettanto indubitabile; che questo Dio in realtà esistesse prima che esisteva la fede cattolica perché è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, perché anche la Chiesa Cattolica non nasce dal niente, nasce da un avvenimento. Senza l’Incarnazione buona parte delle mie domande non avrebbero risposta perché nessun Dio che non è incarnato è in grado di arrivare al mio cuore, alla mia mente così come arriva tramite l’Incarnazione. Io, una volta, quando Prodi disse: «Perché noi siamo cattolici adulti». Lo sentii mentre diceva questa cosa in una intervista e io pensai: «Che fortuna che io sono cattolico bambino».

Io sono un peccatore, non sono un santo, non sono in grado di insegnare agli altri come si fa, io sono di quelli che guardano gli altri per capire come si fa. Non ho risolto la maggior parte dei problemi della mia vita. Però la mia vita ha un senso, sta in un’economia che è l’economia dell’Eterno, è un’economia divina e mi sento anche amato in questa economia perché io sono stato ripreso per il coppino, come dicevano i vecchi, e ritirato su da un sacco di tombini, di pericoli.

Io sono nato in questa casa nell’anno 1953 e la mia famiglia ha abitato, nei secoli dei secoli, tra queste mura. Quando io sono nato si è verificata la prima grossa scissione nella storia di una famiglia. La guerra era finita da poco, mio padre, che era il giovane capofamiglia di questa casa, è morto improvvisamente e mia madre si è ritrovata, dopo averlo seppellito, incinta di me. Ha pensato bene di tenermi ed è cominciata una storia per noi molto, molto triste. Sono state vendute tutte le bestie e, per la prima volta dopo secoli e secoli, abbiamo smesso di fare i pastori, gli allevatori, i montanari e mia madre, una giovane donna con un bimbo di cinque anni, un cognato malato in ospedale per cui bisognava pagare le cure e una vecchia nonna, si è tirata su le maniche e ha trasformato la propria vita in qualcos’altro.

C’è stato un tempo, un po’ di anni, in questo paese e in questa mia vita in cui davvero i giovani come me hanno vissuto nella convinzione che a loro toccasse un grande compito che era la realizzazione del comunismo che è quello stato sociale in cui a ognuno è dato secondo le proprie necessità, indipendentemente dalla storia, dalla geografia, dalla complessità dell’umano genere che non è riducibile ad uno schema letterario filosofico. Per lunghi anni io ho creduto che questo fosse possibile, cioè che l’uomo facendo forza su di sé, sulla propria razionalità, sulla propria intelligenza, anche sull’organizzazione di un giusto livello di violenza, perché le cose non sono sicuramente... non tutto è riconducibile a buoni sentimenti - nessuno di noi mai lo ha pensato in quel periodo. Comunque [ho creduto che] ne valesse la pena per costruire finalmente un luogo di giustizia, di pace sulla terra.

Io faccio fatica a parlare di queste cose, in parte perché sono pensieri che non penso da lungo tempo perché è come quando uno guarisce da una malattia, non è che continua a pensare al periodo in cui è stato malato, si gode la salute ritrovata.

Dal secondo anno di università ho cominciato a fare anche l’operatore psichiatrico, prima in una dimensione molto politica, molto di liberazione dell’uomo e poi, pian piano, sempre di più in una dimensione umana, un coinvolgimento pure assoluto ed incapace di operare, per quanto io fossi un operatore, nei confronti di un disagio di vivere che noi chiamiamo “disagio mentale”.

Comunque ho approfittato del fatto che scadevano i cinque anni, mi sono licenziato e sono andato a vivere a Berlino. Lì, attraverso una serie di accadimenti molto fortuiti, o chissà molto provvidenziali, non ne ho la più pallida idea, è cominciata una storia che mi ha portato ad essere per una diecina di anni sui palcoscenici della musica contemporanea, moderna, d’avanguardia, rivoluzionaria, non so come chiamarla, come cantante di un gruppo che è stato il primo gruppo del punk italiano che si chiamava CCCP Fedeli alla linea.

Madre di Dio
e dei suoi figli
Madre dei padri
e delle madri
Madre oh madre
oh madre mia
l'anima mia
si volge a Te
Speculum iustitiae
Sedes sapientiae
Rosa mistica
Turris davidica…”

Canticchiavo questa canzone con il gomito fuori dal finestrino, allora avevo un Mercedes come quello che hanno gli zingari, enorme, con il tabernacolo davanti, la cresta e mi sono commosso. Salivo lungo la statale 63, quindi canticchiavo queste cose, ma ci ho messo un po’ per limare le parole e farle diventare perfette. La costruzione della canzone è venuta cantando, non pensando alle parole. Io man mano la cantavo, quindi toglievo le parole che erano meno cantabili. È come se io conoscessi quella melodia, ma mi sono assicurato che in realtà non era vero, non era una canzone della mia infanzia, era una canzone nuova.

Il giorno dopo sono tornato giù, i CCCP stavano preparando delle canzoni nuove e ho chiamato Massimo. Gli ho detto: «Senti Massimo, io ho una canzone, ma è già cantata. Mi vergogno moltissimo a cantartela, figurati mi vergogno a cantartela a te, posso immaginare cosa succederà quando dovrò cantarla di fronte a tutti! Adesso tu mi giri le spalle, io la canto e se tu dici che può essere una canzone dei CCCP ci lavoriamo insieme, se tu pensi di no non devi dire assolutamente niente, vai via e io so che non è una canzone dei CCCP e quindi la chiudiamo lì. Non voglio parlarne perché è una canzone che è così».

Gli ho raccontato come era nata, gliel’ho cantata, lui si è voltato commosso e mi ha detto: «Mi sembra molto bella ed è comunque una canzone dei CCCP». Quella canzone diventò da subito, senza che cambiasse nient’altro, [una canzone dei CCCP]. Però c’era un momento in cui il concerto dei CCCP diventava una preghiera assoluta ed io cominciavo a guardare il pubblico con occhi nuovi, innanzitutto smettevo di vedere il pubblico e cominciavo a vedere questa marea di persone che riuscivo a vedere uno per uno e uno per uno in quanto creature erano belle, c’era qualcos’altro in sostanza nel mondo, al di là del mio pensare. Proprio sul palcoscenico, per la prima volta, ho cominciato a pensare che c’era dell’altro, che la mia vita non poteva ridursi a quello.

Sono tre giorni che non vedo i cavalli.

Mi ricordo gli anni dei CCCP in cui io ero vistosamente provocatorio come persona fisica, io per anni ho avuto una cresta colorata, portavo la minigonna, oppure, va beh, sempre gli stivali dell’Armata Rossa, mi vestivo da musulmano. La prima volta che siamo usciti a Reggio Emilia, che è cittadina moderna, siamo usciti da casa dell’Antonella vestiti da punk, eravamo diventati punk, c’è stato un incidente perché una macchina ha inchiodato, l’altra che stava arrivando da dietro l’ha picchiata contro, la terza lo stesso. I carabinieri a Reggio Emilia, i primi tempi, mi fermavano continuamente perché eravamo una presenza aliena vistosamente extracontesto perché depilarsi gli occhi, dipingersi i capelli, portare le minigonne con gli stivali, sempre pieni di catene, di ammennicoli di ogni genere, eravamo più dei guerrieri fantascientifici che dei giovanotti mondani reggiani.

Mi ricordo un Natale che ero a Reggio Emilia e ho aspettato che tutta la gente uscisse dal Duomo perché io sapevo che entrare in Duomo così sarebbe stato sgradevole per molte persone. Quindi ho aspettato che uscissero, nascosto sotto il portico; quando ho visto che erano usciti gli ultimi dalla messa serale ho svicolato sperando di non incontrare nessuno e sono andato davanti al presepe, mi sono fatto il segno della croce, mi sono inginocchiato, ho guardato la rappresentazione della Natività e ho pensato “Ma guarda te dove sono finito!”

Negli ultimi quattro anni mi sono dedicato, come mio impegno, mio dovere, alla cura di mia madre che è stata molto malata e alla fine, l’ultimo anno, l’ho passato di fianco al suo letto nella stanza lì di sotto. È stato un dono incredibile che il Signore ci ha fatto, sia a lei che a me, di potere passare insieme gli ultimi anni della sua vita mentre lei diventava sempre più bisognosa e io ho potuto in parte ripagarla per tutto quello che lei ha fatto per me.

La dimensione della Creazione che io percepisco così forte: io non chiamo un posto “un territorio”, già “paesaggio” è una parola che uso in maniera maggiore. Io quando guardo il mondo io vedo la creazione e il passaggio successivo è la ricerca del Creatore. Una volta assodata che questa è creazione, lo scalino è il Creatore.

È un cavallo maremmano, è giovane, ha quattro anni, in lui ripongo le mie speranze, sarà il mio cavallo da viaggio. Questo invece è Tre ed è il mio cavallo, lui ha diciassette anni e mi ha accompagnato, è stato la mia terapia per questi diciassette anni, è un cavallo appenninico.

Ho rincontrato un mio caro amico che abitava a pochi chilometri da qua che nel frattempo si è sposato, ha messo in piedi un piccolo centro equestre, si è messo ad addestrare a tempo perso, oltre al suo lavoro, dei cavalli. E io ho cominciato a pensare che fosse un buon motivo di riflessione nel mondo moderno l’ipotizzare un’idea di spettacolo, di teatro che fosse molto giocato sulla presenza animale. Abbiamo fatto durante l’estate tre piccoli spettacoli, uno qua in paese che è stato, come dire, il numero zero di questa idea. Io ho pensato, insieme a Marcello e a Cinzia, di organizzare uno spettacolo in paese e di invitare la gente con una sfilata sui cavalli e portarli in un piccolo campo qui di dietro in cui abbiamo provato a raccontare la storia del nostro mondo, di questo paese utilizzando la mia voce, quindi la mia parola, e utilizzando i cavalli montati da Marcello e da Cinzia.

La Corte transumante di Nasseta alleva, doma, addestra cavalli maremmani incarnando oggi il legame tradizionale tra Maremma e Appennino. La Maremma è stata, nei secoli, il rifugio della nostra gente che transumava da autunno dai crinali e le valli con greggi e cavalli a svernare tra i pascoli palustri e le radure dei carbonai in attesa di un maggio che non arriva mai. Era la nostra Maremma, la Maremma amara.

Tutti mi dicon Maremma, Maremma e a me mi pare una Maremma amara. L’uccello che ci va perde la penna, io c’ho perduta una persona cara. Sempre mi trema il cuor quando ci vai che c’ho paura che non torni mai”

Se tutto funziona, l’anno prossimo io mi trasferirò, come hanno fatto nei secoli dei secoli gli abitanti di questa famiglia, che comunque per fare l’allevatore in montagna bisogna transumare, bisogna comunque passare i mesi dell’inverno, quando qua c’è pieno di neve, con gli animali da un’altra parte. La transumanza più semplice è attraversare il valico e andare nello stesso paese corrispettivo di Cerreto Alpi, dall’altra parte, che si chiama Comano. La chiesa di Comano, tra l’altro, è dedicata a san Giorgio e possiede due statue di san Giorgio a cavallo, non le avevo mai viste in una piccola chiesa di montagna due statue equestri e quindi ho pensato che è il posto giusto in cui [coltivare] la giusta idea di lavoro rispetto agli anni che Dio mi vorrà concedere, l’ultima parte della mia vita.

Persino nel momento della vita dove tu sei quanto di più lontano ci sia dalla religione, ma tutta la tua vita è organizzata come un contrasto perpetuo e perenne nei confronti della religione, tu puoi percepire questo legame fortissimo che è il legame di un figlio con la propria madre che sovrasta nei momenti di grande difficoltà il legame paterno e diventa davvero l’unico modo, per molte situazioni e molte storie, di riavvicinarsi al padre; senza un occhio e uno sguardo particolare della madre a volte un figlio non torna al cospetto del padre.

2/ Giovanni Lindo Ferretti e Ambrogio Sparagna, Lorica, Litania (2004)

Litania

esaudiscimi Signore, fino alla fine.
esaudiscimi Signore, fino alla fine.
discenda il mio amore sopra di esse.
tutte le sue membra siano attentamente scrutate per amor mio
dalla sommità del capo alla pianta dei piedi,
i capelli, la fronte, le guance,
le labbra, la lingua, la gola - là dove si forma la parola,
e l'apparato respiratorio,
il petto, le braccia, le mani - sia sul dorso che nel palmo,
il cuore, il fegato, i polmoni,
gli intestini e tutto il ventre,
la struttura fisica nel suo insieme,
gli arti, le vene, i nervi,
i genitali, le cosce, le tibie,
le rotule, le articolazioni, i piedi che calzati camminano,
la carne e il sangue.
o Dio, purificami il cuore, per amor mio.
o Dio, purifica il cuore, per amor mio.
scongiuro voi tutti santi, angeli, arcangeli,
patriarchi, confessori, apostoli, martiri,
vi scongiuro
troni, dominazioni, cherubini e serafini,
scongiuro voi tutte,
vergini, vedove,
voi tutte virtù celesti,
scongiuro voi,
cielo e terra, sole e luna,
tutte le stelle, i lampi e nubi e venti e piogge e fuoco e calore,
scongiuro voi,
notti e giorni, tenebra e luna,
scongiuro voi,
alberi tutti e pietre,
uccelli del cielo e tutte bestie della terra,
i giumenti e i rettili, i pesci marini e tutti i vermi,
e tutte le virtù e le potenze che sono sopra il cielo e la terra.
affinché purifichiate il cuore, il mio cuore, per amor mio.
affinché purifichiate il cuore, il mio cuore, per amor mio.
esaudiscimi Signore, fino alla fine.
purifica il cuore, il mio cuore, per amor mio.

3/ Il testo che fa da sigla alla trasmissione La svolta

Montano italico cattolico romano, cuor contento nel tempo dello sgretolamento
Affiora al mio sguardo una volta ancora, l'aurora
Le tracce dei Celti, le legioni di Roma, il peregrinare di Maria Maddalena
Limes delle guerre, Goto-Bizantine, le corti longobarde, le abbazie benedettine
Sulle vie dei Franchi, le vite dei santi
Le vie dei Romei, pellegrini viandanti
Veglie, doglie, famiglie, fuochi e pertinenze
Il sangue, la terra, la storia, la fede, le usanze
[segue testo in dialetto]
Stabat Mater Dolorosa

4/ Madre di Giovanni Lindo Ferretti, con Ambrogio Sparagna