1/ Vincere con le idee. Anche all’islam serve un’altra logica, di Khaled Fouad Allam 2/ Al Azhar: Uccidete, crocifiggete, amputate i terroristi dello Stato islamico, da Asianews

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 15 /02 /2015 - 14:05 pm | Permalink | Homepage
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1/ Vincere con le idee. Anche all’islam serve un’altra logica, di Khaled Fouad Allam

Riprendiamo da Avvenire del 5/2/2015 un articolo di Khaled Fouad Allam. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (15/2/2015)

Il grande Imam dell'Università al-Azhar del Cairo, sheikh Ahmed al-Tayeb

Il vocabolario pare completamente impotente per descrivere le immagini della condanna a morte per mano dell’Is del pilota giordano: chiuso come un animale in gabbia e dato alle fiamme come un qualunque oggetto. Va ben oltre a ciò che noi chiamiamo barbarie, e il linguaggio non riesce a descrivere tale orrore.

Le immagini hanno girato il mondo via internet – che non conosce le frontiere della morale – e mostrano ciò che all’inizio di questo secolo l’essere umano è ancora capace di commettere. Sembra un brutto corto circuito della storia, qualcosa che non si trova nemmeno fra la preistoria e le pagine più buie del Medioevo. Le immagini hanno suscitato il profondo disgusto anche da parte della comunità musulmana e delle autorità musulmane e l’imam dell’università di al-Azhar (università che forma il personale di culto del mondo musulmano sunnita) ha denunciato questo orribile atto.

Analizzando il suo discorso di condanna, si rimane sorpresi da un certo tipo di logica e di atteggiamento dinnanzi all’argomentazione della condanna stessa. Appare così evidente che questo tipo di atteggiamento è significativo di un fatto: una parte dell’islam o della visione di ciò che è il diritto musulmano, in particolar modo il diritto penale, non governa assolutamente i meccanismi di produzione della violenza.

Così la seconda sequenza del discorso di condanna pronunciata dall’imam di al-Azhar lascia un certo sgomento perché, utilizzando una specie di logica legata alla cultura dell’Antico Testamento, si pone verbalmente in modo simmetrico alla violenza perpetrata dall’Is. Ovviamente sono solo parole, ma le parole e il lessico possono nascondere mali oscuri, come dimostrò l’antropologo delle religioni e psichiatra René Girard nel suo suggestivo saggio "Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo". 

Questa violenza che lui definì come rivalità mimetica è presente purtroppo nella seconda parte del testo dell’imam. La rivalità mimetica in relazione alla violenza si autoalimenta dalla violenza stessa perché incapace di trovare un’alternativa alla violenza stessa. È un errore fondamentale perché, provenendo da un’autorità religiosa, si sarebbe dovuto adottare tutt’altro tipo di discorso, se pensiamo che ci sono stati gesti comuni alle diverse religioni come la preghiera per la pace del 1986 ad Assisi. 

E prima ancora l’esempio venuto dal Concilio Vaticano II della Chiesa cattolica. E, poi, numerosi incontri di pace dove accanto a uomini e donne di fedi diverse furono presenti delegazioni di musulmani. Cadere nell’immagine e nelle metafore dell’universo dell’«occhio per occhio» non ci aiuta per nulla. Egli avrebbe dovuto fare una cosa completamente diversa: aprire il discorso non sulla logica della punizione o della vendetta, bensì su idee che possano liberare l’uomo dalla sua malvagità, come ad esempio ribadire il fatto che esiste da tempo un’istituzione internazionale, la Corte penale internazionale dell’Aja, e che questi criminali dell’Is possono essere deferiti dinnanzi a questo tribunale che giudica i crimini di guerra più efferati, che siano individuali o collettivi. 

Questo sarebbe stato molto importante e innovativo, come pensiero e come azione, perché quel Tribunale non è soltanto il luogo della condanna, ma il luogo dove le idee più assurde sono smantellate in nome della ricerca della giustizia e della pace. Idee contro idee: è così che l’umanità potrà fare progressi, quando sarà capace di guardare in faccia se stessa, e ascoltare dinnanzi al mondo i fatti e le idee più terribili. Giudicarli. E intimare non la «ripetizione», ma il «mai più». Certo, un tribunale non cambierà da solo il mondo, ma almeno ci mette in guardia, ci dà un luogo a cui guardare con fiducia e ci aiuta a progredire lentamente, anche se solo di un millimetro alla volta.

2/ Al Azhar: Uccidete, crocifiggete, amputate i terroristi dello Stato islamico, da Asianews

Riprendiamo dall'Agenzia di stampa Asianews del 4/2/2015 un articolo redazionale. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (9/2/2015)

Il Cairo (AsiaNews/Agenzie) - Al Azhar, l'istituzione più autorevole del mondo sunnita, con base in Egitto, lancia un appello e domanda di "uccidere, crocifiggere e amputare" i "terroristi" dello Stato islamico (SI),responsabili dell'uccisione del pilota giordano Maaz al-Kassasbeh, bruciato vivo, probabilmente in Siria.  Intanto nel mondo arabo-islamico vi sono forti condanne verbali, ma timide decisioni politiche.

In un comunicato diffuso nella notte, il grande imam di Al Azhar, lo sheikh Ahmed al-Tayeb, ha "condannato con forza... questo vile atto terrorista, che merita la punizione prevista nel Corano per quegli aggressori corrotti che combattono Dio e il suo profeta: la morte, la crocifissione o l'amputazione delle loro mani e piedi".

Lo scorso dicembre, al-Tayeb aveva già condannato i "crimini barbari" commessi dallo Stato islamico in Iraq e in Siria.

L'uccisione del giovane pilota giordano, diffusa con un video via internet, ha suscitato una serie di condanne nel mondo arabo-islamico. Per il ministro degli esteri degli Emirati, Abdallah Ben Zayed Al-Nahyane, lo SI "è un male che va sradicato dalle società civili, senza perdere alcun tempo" e le società musulmane devono "difendere l'islam da questi attacchi ed atti che hanno come scopo di tradire i suoi nobili valori".

In Arabia saudita, una fonte ufficiale citata dall'agenzia di Stato accusa gli uccisori del pilota di essere "nemici dell'islam" e riafferma l'impegno del regno "a lottare contro questa ideologia falsa e contro tutte le organizzazioni estremiste che si nascondono dietro di essa".

L'Arabia saudita, come la Giordania e gli Emirati fanno parte della coalizione internazionale anti-SI guidata dagli Stati Uniti. L'esecuzione di Maaz al-Kassasbeh è stata presentata come una "punizione" contro la Giordania che partecipa alla "coalizione crociata".

Il quotidiano siriano al-Watan fa notare che "il fuoco del gruppo terrorista brucia la Giordania dopo che, nei quattro anni di conflitto in Siria, Amman ha facilitato l'entrata di migliaia di salafiti attraverso le sue frontiere perché combattessero... contro l'esercito siriano".

In effetti, Giordania e soprattutto Arabia saudita, Emirati, Qatar, Turchia - insieme ai Paesi occidentali quali Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti - hanno sostenuto la lotta contro Bashar Assad finanziando e armando i gruppi "dell'opposizione", che ora sono definiti "terroristi".

Il Bahrain e il Kuwait condannano l'uccisione del pilota giordano, bollando questo atto come un affronto all'islam e "a tutte le religioni".

L'Iran definisce "anti-umano e anti-islamico" l'assassinio di Kassasbeh e offrendo le condoglianze alla sua famiglia, esprime solidarietà al regno hashemita.

Davanti a questo coro di condanne, stride però la decisione presa dal governo degli Emirati, di sospendere la partecipazione ai raid aerei contro lo SI. Tale decisione era stata presa in dicembre, proprio dopo la cattura del pilota giordano, nel timore che possa succedere qualcosa di simile ai piloti degli Emirati.

In Giordania, il Centro cattolico per gli studi e i media di Amman, ha proposto che tutte le chiese del Paese facciano suonare a lutto le campane e per tutta la settimana vi siano preghiere e messe "per la perdita del martire della patria". Il direttore del Centro, p. Rifat Baader, ha inviato anche le sue condoglianze alla famiglia di Kassasbeh e a tutti coloro "che soffrono a causa dell'estremismo, dell'oscurantismo, del terrorismo".