Le Corbusier, fascista e antisemita alla francese, di Leonardo Martinelli

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 12 /04 /2015 - 14:28 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da La stampa del 31/3/2015 un articolo di Leonardo Martinelli. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Su Le Corbusier, cfr. Le Corbusier su Notre-Dame-du-Haut: «È stata portata la croce di dimensioni umane. Ronchamp smette di essere un cantiere. Rompendo il silenzio dei muri proclama la più grande tragedia avvenuta su una collina, in Oriente, un tempo». Un’intervista ad Andrea Lonardo.

Il Centro culturale Gli scritti (12/4/2015)

Charles-Edouard Jeanneret-Gris, detto Le Corbusier

Sono trascorsi cinquant’anni da quando Le Corbusier morì, nuotando in mare sulla Costa Azzurra. La Francia in questi mesi rende onore all’architetto innovatore. Ma non solo. Finalmente si è rotto un tabù, un segreto di Pulcinella di cui tutti erano a conoscenza in certi circoli intellettuali parigini: quello di Le Corbusier dalle simpatie fasciste, addirittura ammiratore di Hitler e antisemita. A raccontare l’imbarazzante verità sono due libri, usciti in questi giorni, «Un Corbusier» di François Chaslin, pubblicato da Seuil, e «Le Corbusier, un fascisme français» di Xavier de Jarcy, edito da Albin Michel. Nel secondo testo, l’architetto e urbanista elvetico (che però visse gran parte della sua esistenza in Francia) è definito «un personaggio dai sogni totalitari, dal cinismo in cemento armato». Charles-Edouard Jeanneret-Gris, detto Le Corbusier, nacque in Svizzera nel 1887 ma emigrò a Parigi nel 1917. Voleva approfittare della ricostruzione post guerra, anche se, in realtà, dovrà aspettare la fine del secondo conflitto mondiale e un’altra ricostruzione per imporsi. 

In quei primi anni progettò mirabili ville ma i suoi progetti più ambiziosi di nuovi quartieri e nuove città non interessavano proprio nessuno. Tra i suoi amici più stretti si ritrovarono Pierre Winter, leader del Partito fascista rivoluzionario, e altri esponenti della destra reazionaria francese. Le violente manifestazioni antiparlamentari del 6 febbraio 1934, per le strade di Parigi, vennero definite dall’architetto come il «risveglio della pulizia». In realtà le forze della sinistra reagiranno a quelle derive fasciste: il paese si incamminò sulla strada dell’esperimento del Fronte popolare. 

Nessuno, a livello delle istituzioni politiche, prendeva in considerazione i progetti grandiosi e scenografici di Le Corbusier. Ci provò, allora, con i regimi totalitari di vario colore. Con l’Unione sovietica di Stalin, senza alcun successo. E soprattutto con Mussolini ma neanche lui offrì alcuna soddisfazione, nonostante gli elogi di Le Corbusier al fascismo: «Lo spettacolo offerto attualmente dall’Italia – scrisse - e lo stato delle sue capacità spirituali annunciano l’alba imminente dello spirito moderno». Intanto sviluppava la propria concezione architettonica, la sua tipica ossessione di pulizia geometrica : «L’animale umano è come l’ape, un costruttore di cellule geometriche»

Arrivò per la Francia la débâcle del giugno 1940. Le Corbusier non perse tempo, definì l’arrivo dei tedeschi come «la miracolosa vittoria francese. Se avessimo vinto con le armi, il marciume avrebbe trionfato». E salutò la «pulizia» che si stava preparando in questo modo: «I soldi, gli ebrei (in parte responsabili), i massoni: tutti subiranno adesso la giusta legge. Queste fortezze vergognose verranno smantellate. Dominavano tutto». E ancora : «Hitler può coronare la sua vita con un’opera grandiosa: la riorganizzazione dell’Europa». Andò oltre le parole.

 Alla fine del 1940 si trovava già a Vichy, alla corte del maresciallo Pétain, a capo della «Francia libera». Lì venne presto nominato consigliere del governo per l’urbanesimo. Cominciò a mettere giù un progetto dietro l’altro. Ma era prevedibile che il suo modernismo non coincidesse con i gusti tradizionalisti dell’anziano Pétain. Nel giugno 1942 il suo piano urbanistico per Algeri venne bocciato. Il mese dopo l’architetto (furioso) se ne andò a Parigi, dove si avvicinò a Alexis Carrel, teorico dell’eugenismo. 

Dopo la seconda guerra mondiale, Le Corbusier riuscì abilmente a cancellare qualsiasi traccia di quel fastidioso passato. Sostenuto dal ministro per la Ricostruzione e l’Urbanesimo, Eugène Claudius-Petit, e ammirato da un intellettuale come André Malraux, che vide in lui il più grande architetto del secolo, Le Corbusier vedrà finalmente edificati i grattacieli e gli immensi complessi che disegnava già dagli anni Venti. Anzi, diventerà paradossalmente uno dei miti degli amministratori della gauche. Dopo la sua morte, il primo settembre 1965, Malraux salutò in lui «il mio vecchio maestro», «il mio vecchio amico». E una delle incarnazioni della Francia libera e gollista...