1/ Morto Giorgio Israel. Matematica e scuola le sue passioni, di Anna Foa 2/ L’intervento di Giorgio Israel a “Fratello embrione, sorella verità”

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 27 /09 /2015 - 21:52 pm | Permalink | Homepage
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1/ Morto Giorgio Israel. Matematica e scuola le sue passioni, di Anna Foa

Riprendiamo da Avvenire del 26/9/2015 un articolo di Anna Foa. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri articoli di Giorgio Israel, oltre a cliccare sul tag giorgio_israel, cfr. la sezione Scienza e fede

Il Centro culturale Gli scritti (27/9/2015)

Matematico, storico della matematica e della scienza, studioso del pensiero ebraico, impegnato fino alla vigilia della morte nel dibattito sulla scuola e sulla didattica, molto vicino alla politica di Israele, Giorgio Israel, mancato ieri dopo lunga malattia, era nato a Roma nel marzo 1945. Era quindi figlio del dopoguerra, almeno nella parte d’Italia in cui aveva aperto gli occhi, anche se i suoi familiari, ebrei, avevano dovuto nascondersi e suo padre era sfuggito per un pelo alla razzia nazista del 16 ottobre 1943.

Aveva frequentato a Roma il liceo Visconti, dove lo ricordo molto impegnato nella politica, in una sinistra che potremmo definire moderata, lontana da quelli che sarebbe poi stata la pratica dei gruppi extraparlamentari. Con mio fratello Renzo e con Stefano Giolitti fondò durante gli anni del liceo un piccolo giornale, “Argomenti e pareri”, e un gruppo politico, Nuova Resistenza. Avrebbero poi percorso strade diverse, solo Renzo si sarebbe gettato nel giornalismo, Giorgio invece si iscrisse a Matematica alla Sapienza (ma allora c’era solo la Sapienza) e intraprese la strada accademica, forte della sua intelligenza e della sua grande curiosità intellettuale.

Per molto tempo, fino alla fine degli anni Ottanta, furono quelli i suoi principali interessi, i campi in cui misurare la sua mente e il suo sapere. Ma senza abbandonare la politica. Ricordo, nel 1967, quando scoppiò la guerra dei Sei Giorni, una telefonata di Bruna Ingrao, allora sua moglie, che mi chiedeva di firmare un appello per la sopravvivenza di Israele. Erano i giorni in cui Aron scriveva di una nuova Shoah che avrebbe distrutto i sopravvissuti della prima Shoah e in cui gli ebrei della diaspora pregavano per il giovane Stato d’Israele. Questi sono anni intensi di studi per il matematico Israel: anni in cui si sposta da un approccio puramente teorico ad un approccio epistemologico, in cui si interroga sui rapporti tra scienza e storia e sulla divulgazione della scienza (un tema tanto assente e bistrattato quanto importante) e comincia a scrivere su questi soggetti.

I nomi degli studiosi nella cui orbita si muove sono di tutto rispetto, Alexandre Koyré e Mirko Grmek. È forse da questo nuovo approccio che deriva la saldatura che ad un certo punto si determina nel suo percorso tra l’impegno politico dei primi anni e il suo cammino intellettuale successivo. Il frutto forse più interessante, e certamente meno specialistico e più attento alla divulgazione, sia pur alta, è il suo libro Scienza e razza nell’Italia fascista, scritto con lo storico della matematica Pietro Nastasi e pubblicato da Il Mulino nel 1998: uno sguardo lucido e impietoso sulla scienza italiana del primo Novecento e sul suo coinvolgimento nella politica razzista del regime fascista.

A partire dal nuovo secolo, i campi di interesse di Israel si allargano ulteriormente: nel 2005 pubblica presso Il Mulino un agile volumetto su La Kabbalah, momento di una nuova riflessione sull’ebraismo, mentre riprende e approfondisce i suoi studi sulla cultura razzista, consapevole che si trattava di uno dei nodi centrali della storia recente tanto italiana che europea. Nel suo La questione ebraica. I conti sempre aperti con il razzismo, pubblicato da Belforte in questo 2015, lo studioso si interroga infatti fin dalle prime pagine sull’uso ancora corrente di un termine, “razza”, ormai scartato dalla scienza e gravato dal peso terribile del razzismo nazista, dell’antisemitismo, della Shoah. Un termine che la memoria dello sterminio e gli sviluppi della scienza avrebbero dovuto collocare definitivamente nell’oblio.

Forte era anche, in particolare negli ultimi anni, il suo impegno nel campo della scuola e dell’istruzione, prima collaborando come esperto del Miur tra il 2007 e il 2013, poi attraverso i suoi due blog e l’uso della rete. Un uso che trovava congeniale e che ben si adattava al suo spirito inquieto e sempre pronto alla polemica e alla provocazione intellettuale, doti confermate dal suo ultimo libro, appena pubblicato dal Mulino: un contraddittorio con lo psicologo Cesare Cornoldi sul tema Abolire la sculola media?.

Per questo, anche se tante volte mi sono trovata in disaccordo con le sue opinioni, guardo con grande tristezza alla sua scomparsa che, credo, lascerà il segno nel nostro mondo culturale già tanto impoverito e sempre più livellato verso il basso.

2/ L’intervento di Giorgio Israel  a “Fratello embrione, sorella verità”

Riprendiamo dal sito della rivista Tempi del 25/9/2015 stralci dall’intervento di Giorgio Israel al convegno “Fratello embrione, sorella verità”, Roma, 24 maggio 2005. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri articoli di Giorgio Israel, oltre a cliccare sul tag giorgio_israel, cfr. la sezione Scienza e fede

Il Centro culturale Gli scritti (27/9/2015)

(Stralci dall’intervento di Giorgio Israel al convegno “Fratello embrione, sorella verità”, Roma, 24 maggio 2005. Appunti non rivisti dall’autore)

Oggi ci troviamo di fronte ad un’escalation della polemica sulla questione con l’inizio di uno sciopero della fame di dodici scienziati (per protestare contro il presunto oscuramento mediatico del referendum sulla legge 40 del 12-13 giugno, ndr). Lo sciopero è iniziato con un proclama di Marco Pannella secondo cui questo gesto sarebbe l’equivalente del rifiuto del giuramento di fedeltà al fascismo da parte di dodici professori universitari negli anni Venti. Una cosa grottesca e squalificante. Pensano che domattina il ministro Moratti toglierà il posto di professore universitario a Gilberto Corbellini (primo firmatario dell’appello, ndr) e ai suoi amici e li caccerà da tutte le accademie del Paese? Mentre la discussione degenera a noi spetta tenere la barra dritta e dire che chi si comporta così non difende l’onore della scienza, ma lo degrada. Perché mostra il contrario di quello che è la scienza: cioè discussione, libero pensiero, tolleranza, avanzamento di idee in modo razionale.

La zanzara embrione
Mi ha colpito molto l’inizio dell’intervista al professor Umberto Veronesi pubblicata sul Corriere della Sera. Diceva Veronesi: «Si parla di far morire un po’ di embrioni. Ma quanti ne muoiono di morte naturale ogni giorno? Quanti aborti naturali ci sono? Quante donne abortiscono embrioni e la cosa non si sa nemmeno? E allora che sarà mai, non facciamone uno scandalo». Ora, al di là della questiona etica, io vorrei sottolineare, visto che sono scienziati che parlano, la follia logica di questo discorso. Io credo che, prescindendo dall’aspetto etico, ciascuno di noi se viene importunato da una zanzara probabilmente la schiaccerà senza troppi scrupoli morali. Ma credo anche che nessuno avrebbe l’ardire di sostenere che una zanzara morta di vecchiaia è la stessa cosa di una zanzara schiacciata.

Quello che c’è di aberrante nel discorso di Veronesi (che è la radice poi di tutto il male del ragionamento) è di avere identificato la morte naturale con la morte procurata. Di qui si arriva tranquillamente a dire che la morte naturale è equivalente ad un omicidio. Certo, so bene come rispondono.

Dicono: ma qui non si sta parlando di uccidere un uomo, si sta parlando di uccidere un ricciolo di materia. Dare un calcio a un sasso non dà alcun problema, ma se si passa alla zanzara, a un gatto e poi a un uomo, allora sì, diventa un problema. C’è una sorta di scala morale, da cui l’embrione è stato estromesso perché considerato un ricciolo di materia. Insomma, o l’embrione è una cosa inanimata, e non ha nemmeno la dignità di un gatto, oppure è un progetto di uomo e allora bisogna discutere se si può o meno uccidere un progetto.

Per uno scienziato la follia sta nell’asserire in modo perentorio che non solo l’embrione non è una persona, ma addirittura che tutti gli esseri viventi sono delle macchine. Questa è la tesi più comoda di tutte. Quella che risolve ogni problema e che è in fondo più diffusa di quanto sembri. È un marchio della nostra epoca contro cui noi dobbiamo combattere: questo marchio è il materialismo, cioè il vedere la nascita e la morte come eventi insignificanti. Ricordo una persona che ad un funerale mi disse: «Io spero che il giorno della mia morte venga la nettezza urbana e mi porti via. In fondo cosa siamo?». Questa è una mentalità che considera la vita e la morte come eventi insignificanti. L’uomo è un oggetto come gli altri.

Sessanta milioni di genetisti
Cerchiamo di dire cos’è un embrione. Uno degli aspetti più aberranti della situazione in cui ci troviamo è la pretesa di voler trasformare 60 milioni di italiani in 60 milioni di genetisti. È uno degli aspetti più ridicoli di questo referendum. Tuttavia qualche punto vorrei sottolinearlo.
Edoardo Boncinelli ha scritto sul Corriere della Sera, ma l’ha detto identicamente anche un altro genetista che è sul fronte opposto, Angelo Vescovi, che non c’è un’ora X in cui si possa determinare il passaggio da “ricciolo di materia” a “persona”. Vescovi ne ha dedotto che quindi non si può toccare nulla ed è criminale farlo. Boncinelli ha invece affermato che è una questione di convenzioni: decidiamo per legge se ci sta bene piazzare il passaggio al quindicesimo giorno o dopo un mese. Insomma decidiamo in qualche modo e buonasera.

Boncinelli pensa che l’uomo sia una macchina; gli importa poco; è tutto uguale; è una questione di convenzione decidere quando si piazza l’ora X. Vedete, su queste cose ci si divide per ragioni etiche e non scientifiche. (…) Perché, in definitiva, parlare di ora X appartiene all’epoca in cui non si sapeva nulla, non dico di genetica ma nemmeno di anatomia. Paracelso poteva parlare di ora X. Paracelso non sapeva nulla e quindi ha immaginato che mettendo insieme un po’ di liquido seminale, di fango e qualche altro intruglio, si riuscisse a creare l’homunculus. Da questo punto di vista potremmo dire che la scienza ci ha dato qualcosa: noi non dobbiamo più parlare di ora X perché l’ora X non esiste.

Ora noi sappiamo al contrario in maniera molto chiara che quel processo di nascita è un processo che fin dal primo istante in cui inizia è attivo. Ed è soprattutto interattivo. Un processo in cui la cellula fecondata immediatamente lancia dei segnali, l’utero risponde e c’è tutta una serie di processi che iniziano e che poi conducono al fenomeno della gestazione. Che è un fenomeno che comprende una quantità di fatti interattivi inclusi dei fatti affettivi, emotivi, e spirituali. (…) Si hanno una serie di processi che sono finalisticamente orientati. Non sono il frutto del caso. Non sono un evento che avviene in modo o deterministico o casuale. (…)

Materialismo accademico
Vediamo persone che si proclamano atee, che si proclamano materialiste, che non credono nell’anima e che anzi ritengono che la parola anima sia una “buffonata”, una cosa da superstiziosi, scrivere sapienti articoli per dimostrare che l’anima entra nell’embrione in un preciso momento. E, come se non bastasse, loro che sono irreligiosi, vogliono insegnare come bisogna leggere San Tommaso, come bisogna leggere i grandi teologi medievali.

Io mi domando: questo sarebbe il fronte della modernità scientifica? È veramente paradossale, un fronte della modernità scientifica che utilizza, non credendoci, gli argomenti più antichi per cercare di battere un discorso che loro considerano essere retrogrado. Ma che in realtà è il discorso più moderno, anzi io direi semplicemente che è il discorso più serio.

Per questo io dico che il problema è soprattutto di carattere etico, e bisogna avere il coraggio di dirlo anche se non è facile. Popper lo diceva poco tempo prima di morire: «Il materialismo è un’ideologia confutata filosoficamente, senza fondamento e anche abbastanza ridicola eppure non c’è nessuna ideologia che va tanto per la maggiore nelle università e nelle accademie». Popper individuava nel materialismo e nell’idea che l’uomo sia una macchina il peggiore nemico, il nemico di un’etica umanistica. (…) Il fronte della battaglia è questo: esiste una dimensione etica autonoma dal discorso scientifico e si deve avere il diritto di affermarlo. (…)

Non mettetevi nei panni di Einstein e Galileo
Il problema è più ampio della questione dei referendum. Boncinelli dice, riferendosi alla recente manipolazione fatta in Corea (Corriere della Sera, 20.05.05), che «la scienza va avanti e se ne infischia dei referendum, rimangono indietro. La scienza travolge tutto e va avanti». Ancora una volta ha ragione dal suo punto di vista, ha ragione perché in sostanza ci sta dicendo: “A noi non ce ne importa nulla del referendum; la scienza va avanti per conto suo”.

La scienza, ecco, ma questo è un discorso delicato. Bisogna chiedersi: si può parlare della scienza? Questa è la mistificazione di fronte alla quale noi ci troviamo. Quale scienza? (…) Quello che noi abbiamo di fronte oggi è piuttosto una tecno-scienza cioè una miscela di conoscenze scientifiche finalizzate essenzialmente alla produzione tecnologica.

D’altra parte, dire questo, non significa affatto attaccare la scienza. La demarcazione tra i nemici della scienza da un lato, gli oscurantisti, e coloro che difendono la scienza e la razionalità, credo che bisogna rovesciarla. Sono loro che difendono una visione tecnoscientifica che con la scienza in quanto conoscenza e razionalità ha poco a che vedere. Non si mettano i panni di Galileo, non si mettano neanche quelli di Einstein, gli stanno male, non sono i loro panni, è un’altra cosa. Questo lo dobbiamo dire con coraggio, con chiarezza: siamo noi a rivendicare questi titoli contro un tipo di visione scientifica prepotente e totalitaria che non ammette la discussione e afferma dei princìpi come se fossero intoccabili. (…) E che va avanti credendo che quello che conta sia divulgare, manipolare, cercare di scrivere qualcosa senza seguire la via faticosa e lenta del controllo scientifico, del controllo razionale dei risultati. La conoscenza prima che la manipolazione.

«Noi manipoliamo soltanto»
Del resto non sono discorsi che uno deve andare a cercare in qualche testo di irrazionalisti anti-scientifici. Trent’anni fa uno dei fondatori della biologia moderna, François Jacob, premio Nobel, scriveva in un suo celebre libro: «Nei nostri laboratori noi manipoliamo soltanto». Lo ha scritto lui, non un nemico della scienza. Questi aspetti determinano anche il crollo dell’integrità scientifica. È sotto gli occhi di tutti, non c’è bisogno di essere un addetto ai lavori per vederlo.

Si fanno dichiarazioni di scoperte scientifiche ai giornali prima ancora che alle accademie o alle riviste scientifiche. Quanti ne avete letti in questo periodo… Persone che dicono di aver scoperto il vaccino per l’Aids, ve li ricordate? Dove è finito questo vaccino? (…) Del resto la storia della pecora Dolly è la più clamorosa di tutte. Si clona la pecora e poi si scopre che è nata vecchia. È una questione, dal punto di vista teorico, scientifico, di un’importanza estrema. Vuol dire che l’animale clonato non nasce all’anno zero ma nasce all’età del donatore.

Questo è molto interessante, verrebbe da dire: «Il tempo non è reversibile». Per uno scienziato dovrebbe veramente essere una cosa affascinante da studiare. Ma neanche per sogno, chi ne ha mai parlato? Qualcuno ha anche detto che lo studio va messo da parte perché è troppo complicato, è un problema, poi si finirebbe, magari, per non clonare più. (…) Quindi il vero problema che abbiamo di fronte è quello di difendere la razionalità intesa non solo come razionalità scientifica, ma qualcosa che include anche l’etica. Una visione più ampia, umanista della società. (…)

Eugenetica. Ne siamo immuni?
L’eugenetica. È stato il colossale dramma, marginale nella scienza ma non nella società del ‘900. (…) Badate che tutto questo non è ancora morto. Perché noi abbiamo i germi di queste cose. A me è capitato spessissimo in dibattiti e altro, e adesso lo faccio sempre di più, della questione della razza. È incredibile constatare quante persone anche colte credano che il concetto di razza abbia un fondamento.

Io sono stato letteralmente aggredito da persone che dicevano “ma come lei sarebbe anche uno di ambiente scientifico, si vede, ci sono i neri, i gialli, i bianchi”. Quasi non sapessero che questa ripartizione in gruppi così netti è stata creata da Gobineau fondatore della teoria delle razze e non ha nessun fondamento. Un’invenzione ideologica. Ma noi tutte queste cose non le abbiamo ancora passate. Il ‘900 è stato il secolo in cui la scienza si è collegata al totalitarismo per affermare queste cose non solo per il lager, ma anche per il gulag.

E noi crediamo di essere immuni da tutto questo? Io credo che se rimettiamo in circolazione il demone dell’eugenetica noi non sappiamo che cosa può accadere. Comincia con questa idea innocua di consegnare addirittura gelosamente alle famiglie e non più allo Stato. Pensateci voi, miglioratevi. Così cercheremo di avere ognuno un figlio alto e biondo sopprimendo quello che ci sembra non vada bene. Anche qui, apro una parentesi, sulla base di un altro imbroglio: quello dei test genetici. Perché questi test sono tutti basati su nozioni di probabilità. E la stima di queste probabilità è a sua volta soggetta a errori colossali.

Noi vogliamo consegnare a questa pseudoscienza che pretende di dirci quali sono le possibilità di creare un’umanità sana, vigorosa, pulita, purificata, cioè in realtà un’idea mostruosa che appartiene ai totalitarismi del ‘900. Noi vogliamo questo oppure no? Alla fine ovviamente la mia risposta è no, ma io penso che quando vediamo cosa si prospetta dopo queste piccole cose in ballo sul referendum noi dobbiamo capire che abbiamo di fronte un problema di lunghissima durata.

Perché ormai si parla di utero artificiale e abbiamo sempre sullo sfondo il drammatico problema della clonazione umana. E quando pensiamo a tutto questo dobbiamo renderci conto che abbiamo solo iniziato. Che questa cioè è solo una tappa per una difesa che dobbiamo condurre senza riserva e fino in fondo per affermare una visione etica e per difendere i diritti dell’uomo e i diritti della ragione.