I filosofi pagani citati da san Paolo nel discorso all’Areopago di Atene: Arato e Cleante, di Alessandro Ghisalberti

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /06 /2010 - 16:49 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal volume Sulle orme di Paolo III , pp. 33-35, allegato alla rivista “Jesus”2009 , un articolo di Alessandro Ghisalberti, apparso con il titolo originario “Letture di Paolo: Arato e Cleante”. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (8/6/2010)

Nel discorso che, secondo il capitolo 17 degli Atti, Paolo tenne all'Areopago di Atene, alla presenza anche di alcuni filosofi epicurei e stoici, l'Apostolo parla genericamente di poeti greci, attribuendo loro questa breve citazione diretta:

«Noi siamo infatti della sua stirpe» (sta discutendo dell'appartenenza radicale dell'uomo a Dio).

Concordemente i critici riconoscono in questo passo il primo emistichio di un esametro dei Fenomeni di Arato, e precisamente il verso 5 del poema che si apre con una invocazione a Zeus:

«Da Zeus il nostro preludio, a lui che mai noi uomini/
lasciamo innominato. Piene di Zeus sono tutte le strade,/
tutte le assemblee degli uomini, pieni i mari/
i porti; ovunque noi abbiamo bisogno di Zeus./
Noi siamo infatti della sua stirpe. Nella sua bontà paterna verso gli uomini/
egli manda loro precisi segni; sollecita i popoli al lavoro/
ricordando loro quello che occorre fare per vivere; dice loro quando la terra è pronta/ per i buoi e l'aratro, quando le stagioni sono propizie/
per smuovere la terra intorno alle piante o interrare le diverse sementi».

Nato a Soli, in Cilicia, nel secolo III a.C.,Arato andò in giovane età ad Atene, dove aderì allo stoicismo: in seguito venne chiamato a Pella, alla corte di Antigono Gonata (276-239), su esortazione del quale scrisse i Fenomeni, in cui è esposta in forma poetica l'astronomia.

Pare che Arato sia stato il primo a inaugurare questo genere letterario, scrivendo i suoi versi astronomici prima di Egesianatte ed Ermippo e prima di una lunga lista di autori ellenistici. Certamente alla sua diffusione contribuì la credenza sulla natura divina delle stelle, che compare a partire dal secolo IV a.C.

Se per la parte scientifica Arato dipende dalle opere astronomiche di Eudosso di Cnido, per quanto riguarda il prologo a Zeus si sente l'ispirazione stoica nella concezione universalistica della divinità; occorre anzi rilevare che le stesse parole citate da san Paolo si riscontrano nell'Inno a Zeus del filosofo stoico Cleante, nativo di Asso, che nel 262 a.C. successe a Zenone nella direzione del Portico e capeggiò la scuola stoica per circa trent'anni.

In perfetta sintonia con la concezione filosofica di Zenone, che identificava Dio con il principio vitale della natura e insieme con il principio della razionalità (il Logos) e con il principio della trasformazione (lo Pneuma o fuoco), Cleante ha espresso in versi le proprie convinzioni teologiche: l'Inno a Zeus, l'unico frammento di una certa ampiezza giuntoci dell'antico stoicismo, è soffuso di elevate spiritualità, come si può arguire dalla lettura dell'inizio e della parte finale:

«Gloriosissimo fra gli immortali, Dio dai molti nomi, eterno, onnipotente,/
Zeus, principio della natura, che ogni cosa governi con la legge,/
salve! È giusto che i mortali ti celebrino,/
poiché noi siamo della tua stirpe, e la parola possediamo come riflesso della tua mente,/
soli fra tutti gli esseri animati che vivono e si muovono sulla terra./...
E tu Zeus che tutto largisci, signore del fosco nembo e della vivida folgore,/
salva gli uomini dall'ignoranza funesta/
e disperdila, Padre, lungi dall'anima; e concedine/
conoscenza, con la quale in giustizia ogni cosa governi./
Onde, da te beneficati, noi ti ricambiamo con l'onorarti, celebrando le tue opere come conviene/
ai mortali: poiché non v’è per gli uomini pregio più grande/
né per gli dei, che celebrare come si deve la legge universale ed eterna».

Non stupisce la conoscenza che san Paolo dimostra di questi autori stoici: durante la sua giovinezza egli poté conoscere le opere più rinomate di poeti e filosofi vivendo a contatto con persone che frequentavano le scuole delle arti liberali di Tarso, la città che, come sappiamo, aveva dato i natali a numerose personalità dello stoicismo.

Non si dimentichi poi che l'inno di Cleante costituì un modello di preghiera che ebbe molta fortuna nell'innografia filosofico-religiosa del mondo antico (I versi aurei dello Pseudo-Pitagora, gli Inni orfici, l'Innodia segreta degli Ermetici, gli Inni di Proclo) ed influenzò la gnosi cristiana.

A san Paolo, estremamente attento ai fenomeni culturali del suo tempo, non poteva sfuggire l'importanza di alcuni testi fra i più raffinati in cui i gentili avevano espresso le proprie concezioni teologiche di stampo universalistico.