«Mi chiamo Gaudí, con l'accento sull'ultima vocale; è una parola che deriva dal latino gaudēre che significa godere, e si riferisce a un senso del piacere che si esprime in me mediante lo slancio che nutro per la mia professione». Pensieri del grande architetto Antoni Gaudí sulla Sagrada Família, la Pedrera, la natura e la rivelazione, il popolo e l’arte

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 31 /01 /2021 - 09:55 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da A. Gaudí, Idee per l’architettura. Scritti e pensieri raccolti dagli allievi, I. Puig-Boada (a cura di), Milano, Jaca Book, 1995) alcuni pensieri di Antoni Gaudí. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Arte moderna e Luoghi della storia della Chiesa in Europa.

Il Centro culturale Gli scritti (31/1/2021)

Antoni Gaudí presenta la Sagrada Família in 
costruzione al cardinal Francesco Ragonesi nel 1915

N.B. de Gli scritti Antoni Gaudí ha scritto pochissimo. Il suo modo di esprimersi era l’architettura. Ma molti dei suoi amici ei discepoli hanno messo per iscritto brandelli di conversazioni avute con lui o hanno riportato frasi dell’architetto che si erano scolpite nella loro mente. Dal volume curato da I. Puig-Boada che le raccoglieabbiamo selezionato queste perle, fra le tante altre. Anche dalle parole emerge non solo la fede cattolica che è evidente in ogni suo palazzo anche privato o civile, ma ancor più la sua visione del mondo che da quella fonte traeva ispirazione, con un amore al popolo, alla vita e all’arte che merita di essere maggiormente conosciuto. Sul “linguaggio” presente nelle opere, cfr. Antoni Gaudí: non solo la Sagrada Familia, ma anche i simboli cristiani di Casa Battló, Casa Milà detta la Pedrera e Parc Güell, di Andrea Lonardo. I pensieri e le memorie sono riprodotte in questa breve antologia on-line con la numerazione e il titolo che ne sintetizza l’argomento conferitogli da I. Puig-Boada, così come con l’indicazione delle pagine dell’edizione italiana da cui sono tratte.

11. Il grande libro della natura I, p. 100

Il grande libro, sempre aperto e che bisogna sforzarsi di leggere, è quello della natura; gli altri libri derivano da questo e contengono, inoltre, interpretazioni ed equivoci degli uomini. Ci sono due rivelazioni: una, quella dei principi della morale e della religione; l'altra, che guida mediante i fatti, è quella del grande libro della natura.

Gli aeroplani presentano un assetto simile a quello degli insetti con le ali piatte e non rigide, che, da secoli ormai, volano perfettamente. La costruzione si prefigge di proteggerci dal sole e dalla pioggia, come l'albero che raccoglie il sole e la pioggia; L'imitazione [della natura] arriva fino alle membrature architettoniche, dal momento che gli alberi furono le colonne; in un secondo momento vediamo i capitelli ornarsi di foglie. Questa è un'ulteriore giustificazione della struttura della Sagrada Família.

(Bg. CGB. 101)

13. Il grande libro della natura III, p. 101

Quest'albero è prossimo al mio creatore: è lui il mio maestro!

(Bg.HO. 123)

40. Occhi, p. 110

Un giorno trovandomi in presenza del vescovo di Maiorca, si parlò della meravigliosa persistenza dell’immagine della retina, magnifica macchina fotografica; uno dei commensali disse che si trattava chiaramente di un fatto straordinario, dato che [la vista] era il primo senso dell’uomo. Io fui sorpreso e, volendone parlare (era una di quelle cose a cui talvolta si pensa) gli dissi: «Non è il primo senso, ma il senso della gloria, perché san Paolo dice che la gloria è la visione di Dio; è il senso dello spazio, della plasticità, della luce; l’udito non è altrettanto perfetto, perché richiede tempo; la visione è [la vista] dell’immensità, che vede chi l’ha e chi è privo [della vista]».

(PB.T.)

41. Udito

L’udito non è perfetto come la vista perché richiede tempo. Le arti dello spazio sono superiori a quelle del tempo. Parafrasando le parole di san Paolo, possiamo dire che l'udito è il senso della fede e la vista è il senso della gloria, perché la gloria è la visione di Dio. La vista è il senso della luce, dello spazio, della plasticità; la visione è l'immensità, la vede chi l'ha e chi è privo [della vista].

(Bg.HO. 38)

50. Colore, p. 113

I Greci, i cui templi erano di marmo pentelico, un marmo cristallino come lo zucchero, trasparente e di una bellezza per niente volgare, non ebbero dubbi nel dipingerli; il colore, infatti, è vita; esso è un elemento che non dobbiamo disprezzare, bensì infondere nelle nostre opere.

(M.GSF. 34)

57. Le Corbusier, p. 115

Il modellino che ho visto di quest'architetto è un insieme di parallelepipedi; sembra il marciapiede di una stazione dove hanno scaricato delle casse di imballaggio, alcune delle quali ricordano degli scaffali; quest'uomo ha la mentalità di un falegname.

(Bg.Ag. 181)

73 L’architetto crea un organismo, pp. 121-122

[…]

La chiesa è la costruzione per eccellenza, dopo la quale c'è solo la casa, considerata con rispetto dai contadini già anticamente, poiché custodiva i lari, dei del focolare e della famiglia, come testimonia il ritrovamento di migliaia di statuette di questo tipo a Pompei.

(Bg.)

94. Iscrizioni, testi, p. 128

Qualsiasi iscrizione decorativa, o lapide commemorativa o simbolica, deve essere per forza mutilata, ossia deve contenere solo un concetto (lapidi mortuarie, preghiere, testi allusivi all'opera della persona ricordata, ecc.); le iscrizioni, infatti, si rivolgono a persone che conoscono già i testi in questione e si limitano a ravvivarne il ricordo, tanto è vero che risulta impossibile studiare qualcosa con le iscrizioni. Di conseguenza, chi desidera che esse spieghino [il concetto] in modo completo, è come se andasse in farmacia e dicesse: «Mi dia una ricetta per il pranzo e un'altra per la cena». I testi, la lettera, non sono un alimento, bensì la medicina che stimola, che attiva o che calma; per questo san Giovanni Crisostomo diceva che il Vangelo è una farmacia.

(Bg.CGB. 10)|

114. Casa Milà I, p. 135

La superficie della pietra, arricchita con le piante rampicanti e i fiori dei balconi, avrebbe conferito un colore sempre vario alla casa.

(Bg.HO. 119)

115. Casa Milà II, p. 135 [Sull’iconografia mariana di Casa Milà detta anche la Pedrera, cfr. Antoni Gaudí: non solo la Sagrada Familia, ma anche i simboli cristiani di Casa Battló, Casa Milà detta la Pedrera e Parc Güell, di Andrea Lonardo]

L'opera è concepita come un monumento alla Vergine del Roseto, poiché Barcellona è priva di suoi monumenti. E, dato che il costo sarebbe molto elevato, ho deciso di risparmiare sulla costruzione: Casa Milà è edificata con parsimonia, ma i materiali impiegati hanno un alto coefficiente di resistenza.

(Bg.HO. 115)

140. Figura umana essenziale, p. 159

La figura riversa appoggiata sul faldistorio è plastica, non rigida.
Senza la figura umana, l'edificio religioso è vuoto, deve vibrare in unità con essa; il popolo deve parteciparvi. Non va a teatro; questo perché vuole essere partecipe; glielo impediscono, e ciò lo fa soffrire: il teatro è falso e menzognero, e il popolo non vuole avere niente a che fare con la menzogna.                         

(PB.T.)

156. Campanile terminato, pp. 165-166

È stato un uomo semplice a fare un giusto elogio; si tratta di un orologiaio di quarant'anni, il quale, per 5 duros all'anno, si occupa di caricare tre orologi della Sagrada Família. Solitamente svolge il suo dovere senza dire nulla. Ma il giorno che ha visto la torre senza impalcatura, ha commentato: «Ho visto la torre terminata; fa piacere». Questo «fa piacere» dice tutto.

È il «gaudium magnum» dei Re Magi quando tornarono a vedere la stella, che è luce, e quindi piacere. Si gode, si gioisce. Non si può dirlo meglio. Fa piacere.

Quell'uomo non diceva semplicemente una frase: esprimeva quello che sentiva. Tale splendore fa davvero piacere. L'ha detto un uomo umile, che per 5 duros si reca cinquantatré volte a caricare tre orologi.

(M.GSF. 143-4)

162. Eccellenza della parola, pp. 167-168

La parola è il tempo; senza di essa, l'architettura sarebbe archeologia, una cosa morta e priva di spirito. Cadono i templi, la religione rimane; l'organizzazione delle chiese non cambia mai; negli altri edifici, invece, le necessità che ne determinarono la costruzione scompaiono prima degli edifici stessi.

Con la parola viviamo epoche passate e future. Per questo motivo, la parola, tempo e veicolo della preghiera, non può mancare nella chiesa, dove avranno grande importanza i luoghi destinati a cori di uomini, donne (gineceo) e bambini. La parola dominerà la musica.

(M.GSF. 77)

201. Direzione dei lavori I, p. 181

L'architetto deve saper approfittare di quello che «sanno fare» e di quello che «possono fare» gli operai. Deve sfruttare le qualità dominanti di ciascuno. In altre parole deve saper integrare, sommare tutti gli sforzi e coadiuvali; così ciascuno lavora con piacere e con la sicurezza che dà la fiducia assoluta nell’organizzatore.

Bisogna ricordare, inoltre, che nessuno è inutile, chiunque serve (anche se non tutti hanno le medesime capacità); il problema sta nel capire a cosa serve ciascuno.

(Bg.CGB. 172)

203. Direzione dei lavori III

Il lavoro è frutto della collaborazione, la quale può basarsi esclusivamente sull'amore; per questo è indispensabile separare coloro che covano odio.

219. Sapienza I, p. 197-199

La sapienza è superiore alla scienza. Il suo nome viene da sapĕre, che significa gustare, assaporare; e si riferisce alla realizzazione.

La sapienza è sintesi e la scienza è analisi. La sintesi dell'analisi non è ancora sapienza in quanto è presente in alcuni tipi di analisi, non in tutti; di fatto, quindi, non è completa.

Sapienza è ricchezza; la scienza non è ricchezza: serve perché non circoli denaro falso.

(Bg.CGB. 14)

220. Sapienza II

La sapienza è superiore alla scienza perché la prima si riferisce alla realtà nel suo insieme, ed è sintesi, cioè vita; la scienza , invece, è analisi, cioè morte, perché la dissezione si fa sempre su cose morte.

La sapienza è ricchezza, è un tesoro; la scienza ci dà la certezza di ciò che si analizza; serve a evitare che nel tesoro ci siano monete false.

(Bg.CGB. 20)

221. Intelligenza

L’intelligenza umana può agire solo su un piano, ha due dimensioni: risolve equazioni di un’incognita, di un grado. L’intelligenza angelica ha tre dimensioni e opera direttamente nello spazio. In esso l’uomo non può agire finché non ha visto ciò che ha già fatto, la realizzazione. Inizialmente segue solo traiettorie lineari su un piano.

Il pensiero non è libero, ma schiavo della verità; la libertà non è cosa del pensiero, bensì della volontà.

(Bg.HO. 25)

222. Verità

L’amore per la verità dev’essere superiore a qualsiasi altro amore.

(Bg.CGB. 193)

223. Dubbi

L’affermazione fondamentale di Cartesio perde chiarezza spostandosi verso nord; il sillogismo: io dubito quindi sono, è il più illogico che si possa concepire; quello logico è: io dubito, quindi ignoro. I filosofi mediterranei dicono solo io perché da solo indica l’esistenza. Tale ottenebramento raggiunge il culmine con Kant (che era di Königsberg ora in Russia) ed è lo stesso dei nichilisti e dei bolscevichi.

(Bg.HO. 25)

224. Analisi

L’analisi si limita a distruggere, il suo compendio non è sintesi, dato che quest’ultima è completa mentre quello non può esserlo: siamo limitati e non è possibile disporre di tutte le analisi. L’analisi è una bilancia; per questo le linee funicolari sono come un dinamometro o una bilancia; esse infatti indicano la misura delle forze.

(Bg.CGB. 148)

225. Analitici

Se chi analizza poi non sintetizza, trova solo elementi privi di applicabilità, perché ha distrutto qualsiasi relazione; dalla relazione, infatti, deriva la fecondità, dalla separazione la sterilità.

(Bg.CGB. 168)

230. Invenzioni I, p. 200

Dio non ha fatto nessuna legge sterile; le sue leggi hanno tutte un'applicazione; l'osservanza di tali leggi e applicazioni è la rivelazione fisica di Dio. Le invenzioni sono imitazioni imperfette di quelle applicazioni (l'aeroplano è l'imitazione di un insetto; il sottomarino di un pesce). Per questo motivo, quando un'invenzione non è in armonia con le leggi naturali, non è attuabile.

(Bg.CGB. 102)

231. Invenzioni II

Al mondo non si inventa nulla. La fortuna di un'invenzione consiste nel vedere quello che Dio mette davanti agli occhi di tutta l'umanità; sono migliaia d'anni che le mosche volano, ma è solo di recente che noi uomini abbiamo studiato il loro volo e costruito gli aeroplani.

Questo succede in qualsiasi campo. Osserviamo questo eucalipto: cresce, il tronco si sviluppa in rami e ramoscelli, e termina con le foglie. Guardiamolo bene: in questi piani e in queste linee c'è una chiara figura geometrica. Più in là c'è una palma; in tutto il giardino [ci sono] alberi che si mantengono dritti e che sostengono con grazia tutti le loro parti, senza bisogno né di aggiunte né di contrappesi. Questo è il modello millenario che Dio ci ha dato. Eppure gli uomini continuano a costruire tutto al rovescio!

Perché una pietra non cadesse, perché le linee di forza e di spinta non rendessero impossibile la costruzione, tutto, carico per carico, è stato dotato di un contrappeso, di archi rampanti ed archetti che servissero da grucce per l'instabile costruzione [gotica].

(R.T.)

239. Pensiero, p. 202

Qualsiasi pensiero privo di una forma adeguata allo spirito del suo tempo resta ignorato. Lo ricordano le parole di Geremia, il quale si lamentava dell'assedio di Gerusalemme dicendo: «I bambini non hanno chi tagli loro il pane». E necessario, quindi, non soltanto che ci sia il pane, ma anche chi lo affetti.
Si deve preferire il pensiero alla forma e respingere, dunque, qualsiasi forma di retorica
.

(Bg.CGB. 190)

244. Vocazione, p. 204

Che ciascuno faccia fruttare il dono che Dio gli ha dato; la realizzazione di ciò costituisce la massima perfezione sociale. Chi deve costruire e realizzare qualcosa, non deve criticare le opere altrui, né difendere le proprie, ma fare e dirigere la critica contro le proprie opere per raffinarle e migliorarle.

(Bg.CGB. 150)

248. Approfondimento, pp. 204-205

Tutto merita attenzione, tutto è molto complesso; in fondo si trovano sempre angoli misteriosi in cui la nostra limitatezza si perde.

Passare con leggerezza sopra i fatti è una bestialità (una comodità della bestia).

Per penetrare nelle cose occorre perseguirle pazientemente; con la pazienza si ottiene tutto (santa Teresa), la pazienza è la costanza nell'inevitabile difficoltà; bisogna fare e rifare continuamente, perché la ragione è una forza interna, e deve essere applicata da dentro, non da fuori.

(Bg.CGB. 176)

249. Pazienza, p. 205

La pazienza consiste nello sperare, non passivamente, bensì operando con persistenza, sebbene la soluzione non sia in vista. Sperare che le cose cadano dal cielo senza che facciamo tutto quello che è alla nostra portata «è una sciocchezza», come dice Santa Teresa.

(Bg.CGB. 199)

251. Cose ben fatte, p. 205

Per fare bene qualcosa, occorre prima di tutto amarlo; in secondo luogo, bisogna conoscere la tecnica.

(Bg.CGB. 163)

252. A proposito del bene I

In generale, quando si fa qualcosa prossimo alla perfezione, si rinuncia ad approfondirlo ulteriormente e ci si conforma con il risultato ottenuto.

Ma questo è sbagliato: quando qualcosa è sulla strada della perfezione, occorre spingerne l'espressione, finché non giunga ad essere perfetto (naturalmente, nei limiti del possibile). È per questo motivo che ho stancato molta gente.

(PB.T.)

253. A proposito del bene II, p. 206

Ho stancato molto coloro che hanno lavorato con me, cercando sempre di migliorare ogni cosa, ma non ho mai rinunciato al perfezionamento fin quando non mi convincevo di non poter progredire ancora.

(Bg.HO. 38)

258. Azione e riflessione, p. 207

Occorre alternare riflessione e azione, le quali si completano e correggono a vicenda. Per andare avanti, bisogna avere due gambe: l'azione e la riflessione.

(Bg.HO. 24)

259. Gradini, p. 207

L'uomo non può fare a meno dei gradini, alti o bassi che siano; deve sempre salire gradino dopo gradino: in intelligenza, in virtù, in forza. Occorre seguire la formula gesuitica dello sforzo continuo. L’uomo deve riprendersi sempre.

(Bg.CGB. 112)

261. Improvvisazione e lavoro, p. 207

«I signori hanno studiato» dice Gaudí «e si sorprendono di non capire quello che faccio, è che io, che ho studiato a mia volta, studio ancora e lavoro senza sosta».

Dunque non credo per niente all’improvvisazione: le improvvisazioni musicali sono una menzogna: non si improvvisa nulla, né ritengo che l'ispirazione possa ridurre il mio lavoro; essa, anzi, deve essere concessa gradualmente.

(Bg.HO. 37)

266. Pigrizia I, pp. 208-209

Il non fare è spesso dovuto alla pigrizia, la quale è più frequentemente intellettuale che materiale. Quando si sa «come» si vuole fare qualcosa, lo si intraprende con molto entusiasmo; quando invece si hanno dei dubbi, non si trova mai il momento di iniziare. Se facessimo questi studi ci sarebbero molte più probabilità che in futuro non venissero abbandonati i lavori della Sagrada Família.

267. Pigrizia II

La pigrizia è più intellettuale che materiale, e non bisogna mai contare sul fatto gli operai si sforzino troppo di pensare.

(Bg.HO. 24)

297. Politica IV, p. 217

[…]

Che ognuno metta a frutto il dono che Dio gli ha fatto; il compimento di questo è la massima perfezione sociale. Io lavoro per la Catalogna nel mio campo, innalzando il tempio della Sagrada Família, poiché la chiesa è la costruzione che con più dignità rappresenta un popolo.

Sul portale della Casa de los Botines, a León, dove alcuni Catalani avevano avviato un'attività commerciale, Gaudí innalzò una bella statua di san Giorgio e ne utilizzò il modello in gesso perché proteggesse le scuole parrocchiali del tempio. «Così i bambini si abituano a raccomandarsi al nostro santo patrono».

(Bg.HO.31)

298. Politica V

Assomiglio a mio padre, il quale, anche se in punto di morte, ebbe ancora il desiderio di domandarmi i nomi dei deputati eletti nelle elezioni che si erano appena tenute. Biasimava il separatismo; era un appassionato difensore degli ideali regionalisti e della grande Spagna, concepita da Cambó; per questa ragione si sentiva molto vicino alla Lega Regionalista, della quale però, come degli altri partiti politici, non era militante.

(Bg.HO.31)

301. Collettività II, p. 218

Le collettività, conosciute o no, se non hanno chi le diriga, possono solo commettere spropositi. Qualsiasi collettività è sminuita dal fatto di doversi fare guidare dagli elementi comuni ai suoi componenti (e più questi elementi sono numerosi, più la comunità si sminuisce); il suo spirito è dunque inferiore a quello di ognuno dei componenti stessi. Soltanto le comunità soggette a una regola e che si impongono il sacrificio come norma, riescono a condurre una vita migliore di quella individuale.

(Bg.CGB. 93)

303. Azione sociale, p. 219

Gaudí propugnava la promozione dell'individuo mediante l'arte, la cultura e un buon livello economico, per affrontare la cosiddetta questione sociale: «Tutto ciò che non eleva individualmente le persone ad ogni livello, è solo una frottola. Non credo nelle masse e nell'intervento su di esse in quanto tali; credo, invece, nell'azione individuale; a Barcellona ci sono due grandi istituzioni, la cui portata non è compresa dalla gente, e non è chiara agli stessi fondatori: si tratta dell'Orfeó Català e dell'Institut de Cultura i Biblioteca Popular de la Dona. Hanno fatto del bene più En Millet e la signora Bonnemaison, vedova di Verdaguer i Callís, che molte disposizioni di carattere operaio, o che tutti gli apostoli del socialismo messi insieme».

(Bg.HO.33)

305. Democrazia, p. 219

La Costituzione del 1812 ha comportato la perdita di tutti i nostri preziosi resti, e di recente, alla fine del XIX secolo, abbiamo visto scomparire le mura di Barcellona. La democrazia è il dominio dell'ignoranza, della stoltezza. Ha trascinato tutti nella stessa miseria; così le case della Barcellona antica, con le loro gronde sporgenti dai tetti, le loro terrazze coperte a mezzogiorno e i loro grandi cortili con giardini di cui fruivano tutti i vicini, sono state sostituite dalle case del Carrer Nou, nei cui cortili sboccano condutture infette.

(Bg.CGB. 201)

310. Sovietici, pp. 220-221

È un fenomeno sovietico, del nord. I Sovietici sono analitici e non hanno una visione di insieme del problema che vogliono risolvere.

Con il comunismo hanno voluto istituire la proprietà comune del capitale, e hanno abolito la responsabilità del capitale stesso, senza la quale si assiste alla distruzione del capitale e all’abuso clandestino.

Il capitale senza responsabilità è come una molla priva di elasticità, che finisce inevitabilmente per rompersi. Così come una molla serve a sfruttare al massimo il lavoro delle macchine e a limitare le vibrazioni , il capitale è necessario  per portare soccorso là dove scarseggia. Con il comunismo non c’è accumulazione e non è possibile prestare aiuto. Essendo di tutti il capitale non è di nessuno e nessuno ne sente la responsabilità. Proprio come una molla priva di elasticità, il capitale privato della sua qualità essenziale, che è la responsabilità, verrà necessariamente distrutto al momento di venire impiegato.

(M.GSF. 124)

313. Difesa, p. 221

Qualsiasi casa, qualsiasi ambiente domestico, qualsiasi focolare dev’essere difeso dalla sporcizia, dagli intrusi, dai ladri; un giro di chiave significa difesa; la chiave significa  pace; la difesa più semplice è la vigilanza.

(Bg.CGB. 76)

315. Guerra, p. 222

La guerra, che risolve tutto con la violenza, porta inevitabilmente alla perdita dei valori morali; è questa la causa dell'insuccesso delle crociate, e del fatto che molti carlisti assennati hanno smesso di  essere carlisti, quando hanno saputo dell'abominevole comportamento dei loro stessi eserciti.

(Bg.CGB.219)

330. Tempio della Sagrada Família, p. 229

Il tempio della Sagrada Família è espiatorio. (Questa è la parola che ripugnava al Mercure di Francia). Ciò significa che deve nutrirsi di sacrifici; in caso contrario sarebbe un'opera degna di biasimo, che rimarrebbe incompleta.

La parola espiatorio è quella che rivolta ai settari.

Il sacrificio è necessario anche per la buona riuscita delle opere cattive; poiché non è possibile sottrarsi ad esso, vale la pena compierlo per le opere buone.

Coloro che si lamentano del modo di costruire la chiesa o della durata dei lavori sono quelli che non danno niente; bisogna dire loro: «Se chi dà non si lamenta e tace, chi non dà, cosa deve fare?»

(Bg.CGB. 67)

332. È il popolo a realizzare la chiesa, p. 230

La chiesa della Sagrada Família è realizzata dal popolo, che vi trova riflesso il proprio modo d'essere.

È un'opera posta nelle mani di Dio e affidata alla volontà del popolo.

Vivendo a contatto con il popolo e rivolgendosi a Dio, l'architetto svolge il proprio compito. È la provvidenza che, secondo i propri disegni, porta a termine i lavori.

(R.T.)

336. Lunga durata dei lavori, p. 231-232

La chiesa cresce poco a poco, ma è normale che le cose destinate a durare a lungo registrino delle interruzioni. Le querce centenarie ci mettono anni e anni a crescere, e talvolta un anno di gelo ne interrompe la crescita; le canne, invece, crescono rapidamente, ma in autunno il vento le uccide e non c'è più nulla da fare. Di recente è stata pubblicata una storia della cattedrale di Reims, la cattedrale gotica più bella che ci sia, in cui si spiega come in passato i canonici dovettero girare per tutta Europa allo scopo di mendicare i soldi con cui edificarla.

(M.GSF. 60-1)

337. Durata dei lavori della Sagrada Família e di altre chiese

Ci vorrà molto tempo per completare la chiesa della Sagrada Família, come è successo in tutte le grandi opere.

La costruzione di Santa Sofia a Costantinopoli venne ordinata da Teodosio. A quei tempi, una rivolta popolare, come quella che ha avuto luogo da noi nel 1909, mise a fuoco Costantinopoli, e Teodosio assistette all'incendio dalla parte di città situata al di là del Bosforo. L'imperatore svenne perché reputava imminente la resa, proprio come fecero le nostre autorità nel 1909. Durante quella Settimana Tragica lessi di questo incendio a Costantinopoli e, dalla mia casa del Parc Güell , lo confrontai con quello che succedeva a Barcellona. Teodosio voleva fuggire, e lo avrebbe fatto se avesse seguito il parere dei consiglieri, e se sua moglie non gli avesse detto che un imperatore non doveva scappare mai, e che se lo faceva smetteva di essere tale. Egli vide bruciare molti templi, fra cui la chiesa di Santa Sofia, il cui soffitto di legno, «l’impalcato» come dicono a Maiorca, bruciò completamente. Quando tutto tornò alla normalità, Teodosio continuò ad essere imperatore e ordinò di erigere un'altra basilica in onore di santa Sofia, che avesse il soffitto di materiale incombustibile. Fece dirigere i lavori da tre primi architetti, alle cui dirette dipendenze lavoravano duecento persone, e, scendendo nella scala gerarchica, un vero esercito di operai. Malgrado questo, ci vollero due secoli di lavori. Una volta costruita la cupola, nella chiesa venne posto un trono d'oro, perché doveva predicarvi san Giovanni Crisostomo.

Tempo dopo la cupola sprofondò in seguito a un terremoto, e il trono, che rimase schiacciato, non venne rifatto. Di questo trono ci è giunta notizia grazie a un poema.

(M.GSF. 37-8)

339. Senza impazienza, p. 232

I lavori della Sagrada Família procedono lentamente, perché il suo Padrone non ha fretta.

(Bg.CGB. 178)

341. Futuri architetti della Sagrada Família I, p. 233

Non vorrei terminare io i lavori, perché non sarebbe conveniente. Un'opera del genere deve essere figlia di tempi lunghi: più sono lunghi, meglio è. Bisogna sempre conservare lo spirito del monumento, ma la sua vita deve dipendere dalle generazioni che se la tramandano e con le quali la chiesa vive e si incarna. La nostra cattedrale più bella, quella di Tarragona, si impone e incanta allo stesso tempo, proprio per la sua magnifica varietà. L'opera di un solo uomo è inevitabilmente misera e morta già alla nascita.

(C. circa marzo 1902)

342. Futuri architetti della Sagrada Família II, p. 234

La porta del Rosario. Varianti successive nell'ambito del piano generale. Il chiostro dove si trova la porta del Rosario, sarà realizzato per recitare il rosario in processione e per isolare la chiesa dai rumori della strada. Al momento non è possibile condurre a termine i lavori, ed io ho costruito solo questa porta e una piccola parte del chiostro perché in futuro si abbia un'idea di come poter continuare.

So che il gusto personale degli architetti che mi seguiranno influenzerà l'opera, ma ciò non mi dispiace; credo, anzi, che la chiesa ne trarrà vantaggio, in quanto la varietà delle epoche nell'unità del piano generale verrà sottolineata. Gli edifici religiosi presentano questo vantaggio: dato che il loro programma non muta, possono essere concepiti nell'arco di molti secoli senza che cambino le esigenze; i nostri artisti che interverranno e i nostri stili architettonici, quindi, conferiranno maggiore espressione e ricchezza monumentale all'insieme. Le grandi chiese non sono mai state frutto del lavoro di un singolo architetto.

(M.GSF. 43)

346. Chiesa della Catalogna attuale, p. 235

Ai lavori della Sagrada Família dobbiamo contribuire tutti, perché deve essere la chiesa di un popolo intero. Il rapido sviluppo che Barcellona ha visto in cinquant'anni, e che ne ha quadruplicato la popolazione, si è cristallizzato nella Sagrada Família: una chiesa, unico edificio degno di rappresentare il sentimento di un popolo, dato che la religione è la cosa più elevata dell'uomo.

Questa sarà la chiesa della moderna Catalogna. Una volta mi dissero che storicamente la Catalogna non era mai stata niente, ed io risposi che, in questo caso, ci sarebbe stato motivo di credere che dovesse ancora diventare qualcosa e che tutti dovevamo lavorare a questo scopo.

(M.GSF. 39)

350. Contenuto spirituale delle tre facciate, p. 236

Nascita Evangelizzazione Passione

Incarnazione Crocifissione Risurrezione

Potere Sapere Amore (Infinito)

Padre Figlio Paraclito

(Bg.CGB. 165)

351. Facciata della nascita I, p. 237

Esprime l’illusione e il piacere della vita. I campanili terminati con gli attributi vescovili e la lode Hosanna-Excelsis, sono dedicati ai santi apostoli Barnaba, Simone e Mattia, le cui immagini figurano nella parte inferiore. Più sotto, in file ascendenti, stanno le invocazioni angeliche del Sanctus. I portali sono dedicati alle virtù teologali: il portale centrale alla carità, la virtù maggiore e principale; quello di destra e quello di sinistra alla speranza.

353. facciata della Nascita III, p. 237

Ognuno trova quello che fa per lui nella chiesa; i contadini vedono le galline e i galli, gli scienziati i segni dello zodiaco, i teologi la genealogia di Gesù; ma il senso, la ragione, li conoscono solo quelli che se ne intendono, non devono essere accessibili a chiunque.

(Bg.CGB. 202)

394. Messale Romano, p. 274-275

[…]

Quando il dottor Campins mi affidò il restauro della cattedrale di Maiorca, non andai a cercare le norme relative al mio lavoro nei trattati di liturgia, che a quel tempo cominciavano già ad essere pubblicati. Seguendo il metodo sperimentale, invece, trascorsi un anno osservando e annotando tutte le carenze che l'errata disposizione dell’arredo liturgico causava nel cerimoniale delle funzioni vescovili, privandole di significato e splendore.

(Bg.HO. 53)

400. Creazione II, p. 276

La creazione continua e il Creatore si avvale delle sue creature; chi cerca le leggi della natura per conformare ad esse opere nuove, collabora con il Creatore. I copisti invece no.                                        
Per questo motivo, l'originalità consiste nel tornare alle origini.

402. Vita II, p. 277

La vita è amore, e l’amore è sacrificio. A qualsiasi livello si osserva che, quando una casa conduce una vita prospera, c’è qualcuno che si sacrifica; a volte questo qualcuno è un domestico, un servitore. Quando le persone che si sacrificano sono due, la vita del nucleo diventa brillante, esemplare. Un matrimonio, in cui i due coniugi hanno spirito di sacrificio, è caratterizzato dalla pace e dall’allegria, che ci siano figli o no, ricchezza o no. Se coloro che si sacrificano sono più di due, la casa brilla di mille luci che abbagliano chiunque si avvicini. Il motivo della crescita spirituale e materiale degli ordini religiosi è che tutti i membri si sacrificano per il bene comune.

408. Pazienza, p. 279

La pazienza è potenza; per questo, i bambini piccoli, che non hanno pazienza, sono impotenti.

415. Testi e rimedi, p. 280

A Maiorca, gli alti schienali del coro pesantemente annerito dal tempo non si intonavano con la meravigliosa decorazione di ceramica del muro di fondo, caratterizzata da una serie di macchie rosso sangue, rese scintillanti da alcune parti luminose, che riportava la frammentata iscrizione evangelica: Il suo sangue, sopra di noi. I canonici si opposero alla scelta di queste parole, che a loro avviso potevano dare luogo a commenti ironici; essi desideravano che il testo venisse riprodotto interamente. Gaudí lo difese: «I testi delle iscrizioni monumentali devono sempre essere frammentati, perché servono solo a ricordare agli eruditi [il loro contenuto implicito]». Poi, a difesa della propria tesi, concluse: «I sacramenti sono nutrimento di vita; i testi sono rimedi, tanto è vero che potremmo paragonare il Vangelo a una farmacia. Voi fate come quelli che vanno in farmacia per farsi fare una ricetta per il pranzo». Pochi giorni dopo questo fatto, il segretario del dottor Campins addetto alle letture, trovò un testo di san Giovanni Crisostomo, dove le Sacre Scritture venivano definite deposito di rimedi.

(Bg.HO. 110)

421. Gloria II, p. 281

La Gloria è la luce, la luce dona la gioia, e la gioia è letizia dello spirito.

Leonardo da Vinci pianse nel terminare l’ultima cena, perché Cristo non gli era riuscito glorioso come avrebbe voluto. Quando finì la Trasfigurazione, Raffaello non pianse ma si disperò, perché nemmeno il suo Cristo era venuto come desiderava.

(Bg.CGB. 18)

422. Gloria III p. 282

Il Vangelo e san Paolo dicono che il senso dell'udito è quello della fede. Il senso della vista, quello della gloria, poiché la gloria è plasticità; prova ne è il fatto che, quando si vuole glorificare un uomo, gli si fa un monumento, una statua, una scultura in rilievo o un quadro.

(Bg.CGB. 19)

426. Felicità altrui, p. 283-284

Quando morì anche l'amico Maragall, seguito poco dopo dal mecenate conte Güell , e dall'amato dottor Torras i Bages, mi isolai nel modo più assoluto: «I miei grandi amici sono morti; non ho una famiglia, dei clienti, un patrimonio, non ho niente. In questo modo posso dedicarmi completamente alla Sagrada Família».

Bergós racconta che, quando andò da lui per invitarlo al suo matrimonio, la sua fidanzata si rivolse con stupore a Gaudí, dicendogli: «Come fa a vivere così solo!». Ed egli rispose: «Non sono solo, ma circondato da meraviglie di ogni tipo». «Così lei è felice», commentò l'interlocutrice. «A questo mondo quelli felici sono sempre gli altri...» [rispose Gaudí.]

(Bg.HO. 56)

427. Idea della morte

Nessuno separerà mai l'idea della morte dall'idea di Dio; questo dà ragione della presenza di tombe all’interno delle chiese. Al termine della putrefazione, non sopravvivono i germi nocivi; per questo, dal punto di vista igienico, non ci sono opposizioni alle sepolture negli edifici religiosi. Ma chi non conduce una vita retta, non vuole pensare alla morte, e per questo desidera che il seppellimento venga fatto lontano dagli edifici di culto. Se non si pensa alla morte, non si può condurre un'esistenza buona né in senso morale, né in senso fisico.

(Bg.CGB. 197)

428. Immortalità

Quando vedo gente che muore, credo di più nell'immortalità.

429. Morte del vescovo d'Astorga

Un giorno ci dissero che il vescovo stava male (stava visitando la diocesi) e che desiderava vederci. Nessuno faceva caso alla malattia, ma io mi accorsi subito che egli era prossimo alla morte. Mi rivolsi a coloro che lo circondavano, dicendo: «Sapete da cosa ho capito che il vescovo era in procinto di morire?... L'ho trovato così splendidamente cambiato che ho pensato che non poteva vivere. Era bello, troppo bello... Tutto quello che aveva di caratteristico era scomparso! I tratti del volto, il colore, la voce... Del suo essere rimaneva solo qualcosa privo di relazione con le cose. E la bellezza perfetta non può sopravvivere...»

(J. Pijoan, La Veu de Catalunya, 20-I-1906)

[Gaudí-godere]

P. 289

Mi chiamo Gaudí, con l'accento sull'ultima vocale; è una parola che deriva dal latino gaudēre che significa godere, e si riferisce a un senso del piacere che si esprime in me mediante lo slancio che nutro per la mia professione.