Il cristogramma (o monogramma costantiniano) nella monetazione imperiale di Costantino. Breve nota di Andrea Lonardo a partire dallo studio di Filippo Carlà, sulle iconografie monetali costantiniane

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 31 /10 /2023 - 23:44 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Storia: il periodo patristico. Su Costantino il grande, vedi su questo stesso sito:

Il Centro culturale Gli scritti (29/10/2023)

Carlà[1] ha studiato come la raffigurazione del cristogramma nella monetazione costantiniana, compaia solo a partire dal momento nel quale egli è imperatore unico, senza più Licinio (cioè 325). Non vi è dubbio, però, che da allora ne esistano attestazioni:

«Solo con il 325, dunque con il consolidamento dopo la vittoria su Licinio, e presumibilmente con la definitiva fissazione della versione ufficiale legata all’evento, le iconografie solari vengono abbandonate una volta per tutte.
Nello stesso frangente, inoltre, appaiono su alcune monete i primi simboli cristiani. Essi non sono però parte integrante dell’iconografia: al contrario, si tratta di alcuni di quei segni complementari, aggiunti dalle zecche anche allo scopo di poter ricostruire e controllare le emissioni, che arricchiscono il tipo e il campo. In un primo momento si tratta in particolare solo di cristogrammi inseriti al centro dell’elmo dell’imperatore al recto su emissioni della zecca di Siscia: ne sono noti tre esemplari, tutti da ricollegare solo alla terza emissione dell’officina B. Altre emissioni delle officine A e B mostrano in quella posizione una croce greca; è però assai difficile capire se si tratti di un segno con connotazione religiosa o solo di un segno geometrico. Il cristogramma appare ancora in questa città in emissioni del 320, quindi a Ticinum, Aquileia e Tessalonica. In abbinamento con il tipo beata tranqvillitas, quindi, al recto viene talora mostrato Crispo con uno scudo; esso contiene simboli diversificati che includono, a Treviri, anche il cristogramma».

Carlà spiega: «Se anche questi segni [il cristogramma o croci o stelle] non sono parte integrante dell’iconografia monetale e non possono pertanto essere considerati segno di una cristianizzazione dell’autorappresentazione costantiniana, essi non dovevano dispiacere all’Augusto. In particolare a Siscia, dove il monogramma è apposto sull’elmo, essi sembrano inoltre alludere in effetti a un segno personale e distintivo di Costantino, alla natura del suo ‘nuovo’ protettore celeste che gli garantisce successo e vittoria. Il cristogramma diviene in sostanza gradualmente signum di Costantino, simbolo del suo potere e della sua predestinazione al regno – e a buona parte della popolazione doveva essere chiaro in quale tradizione religiosa tale signum si situasse».

Più tardi il segno diviene ancora più esplicito, anche se non assume mai un ruolo stabile e ovunque definito, bensì caratterizza solo talune emissioni – sottolinea Carlà:

«Un medaglione aureo del 326-327, coniato a Siscia e destinato probabilmente agli alti quadri dell’esercito, raffigura in modo sempre esplicito, ma più legato alle iconografie tradizionali, un Costantino stante in paludamentum che, accompagnato dalla legenda gloria secvli, regge con la sinistra una lancia, con la destra uno stendardo con un cristogramma, che appare però assai meno visibile.

Né si può dimenticare il cosiddetto medaglione di Ticinum, forse la più celebre emissione costantiniana. Questo famoso medaglione argenteo, del peso di circa 6,5 grammi, è stato a lungo attribuito all’anno 315 e alla zecca di Ticinum (donde il nome). Studi più recenti hanno però messo in discussione questa attribuzione, che poggia in realtà su basi molto labili, legate in sostanza solo a un confronto stilistico con monete ticinesi di quegli anni. Il medaglione non ha marchi di zecca né reca altri elementi datanti. Al recto è Costantino, corazzato, con un cavallo di cui regge le briglie e uno scudo su cui si vedono la lupa e i gemelli. Sul suo elmo è evidente il simbolo del cristogramma. Al verso, la legenda salvs reipvblicae accompagna una scena di adlocutio a nove soldati, di cui almeno tre a cavallo».

Carlà afferma ancora del medaglione di Ticinum:

«Di questo medaglione si conoscono […] tre esemplari (a Vienna, San Pietroburgo e Monaco di Baviera), provenienti da tre coppie di coni diverse: ciò parla a favore di una produzione piuttosto abbondante; si tratta però pur sempre di un medaglione argenteo e non aureo che, in considerazione delle iconografie ivi rappresentate, dovette essere coniato per una distribuzione alle truppe. Il cristogramma sull’elmo si configura pertanto, ancora una volta, come un signum che indica in modo inequivoco donde origina la protezione divina che assicura a Costantino un destino di successo militare e gli garantisce il regno. È importante notare che, là dove Costantino adotta per le proprie monete un segno cristiano, questo è sempre il cristogramma e mai la croce: l’affermazione di Sozomeno, secondo cui il primo imperatore cristiano avrebbe apposto la croce su tutte le monete e in generale ovunque in connessione con la propria immagine, deve pertanto essere respinta come erronea, e dettata probabilmente dalla temperie culturale della corte di Teodosio II».

Una diversa tipologia si presenta invece nel medaglione di Nantes – sempre nelle parole di Carlà:

«Agli anni 326-329 deve risalire anche un medaglione rinvenuto a Nantes e pubblicato da Lafaurie, recante tracce di doratura, che mostra, senza legenda, in un registro superiore un volto maschile e uno femminile affrontati e separati da un cristogramma (presumibilmente Costantino ed Elena); nel registro inferiore sono invece tre volti più piccoli: quello centrale, maschile, di dimensioni leggermente maggiori, deve rappresentare Costantino II, a destra l’altro personaggio maschile deve essere Costanzo II, mentre la figura femminile sulla sinistra potrebbe essere la sorella di Costantino, Costanza, nel cui nome, come si è detto, furono coniate monete nel 326-327».

Carlà ricorda come altre volte, nella monetazione, ci si riferisca semplicemente all’aiuto divino ricevuto da Costantino, quando egli è raffigurato con le braccia rivolte al cielo, senza un segno particolarmente cristiano.

Il labaro su cui la tradizione vuole sia stata posto già al tempo della battaglia di Ponte Milvio un segno cristiano – il cristogramma o la croce - era una insegna militare romana (un vexillum), che veniva utilizzata quando l’imperatore si trovava con l'esercito.

Esso era composto da un’asta verticale ed una traversa sulla quale era appeso un quadrato di stoffa con un segno, oggi si direbbe un “logo”.

A partire della monetazione appare sempre più evidente che, se un segno Costantino vi fece porre, esso era la sigla monogrammatica del nome di Cristo (chrismon: ☧) e non la croce.

Tale monogramma era composto dalle due lettere Chi e Rho iniziali di Christos, che significa “il consacrato di Dio, l’atteso”.

Note al testo

[1] Cfr. Filippo Carlà, Le iconografie monetali, in Enciclopedia Costantiniana (Treccani, 2013) (disponibile on-line al link https://www.treccani.it/enciclopedia/le-iconografie-monetali_%28Enciclopedia-Costantiniana%29/). Ovviamente la bibliografia sulla questione della presenza esplicita del monogramma costantiniano nella monetazione è enorme: lo studio di Carlà ha il merito di offrine una sintesi estremamente aggiornata, con tutti i riferimenti in merito.