La questione dell’esperienza nello scoutismo oggi, AGESCI e FSE: luci e ombre, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Educazione e Giovani.
Il Centro culturale Gli scritti (15/9/2025)
Sono 50 anni di AGESCI e 48 di FSE, le due grandi associazioni di scout cattoliche d’Italia.
Ne Le domande grandi dei bambini abbiamo voluto - con padre Maurizio - porre una foto di un gruppo scout a sottolineare quanto quella esperienza sia importante e come non possa essere trascurata in catechesi.
La forza dello scoutismo da sempre - e anche oggi - è l’esperienza.
Mentre la catechesi è oggi costituita per lo più da una serie infinita e spesso stucchevole di attività che non sono esperienze, lo scoutismo ha chiaro cosa sia un'esperienza.
Una route, una settimana di servizio, due giorni in tenda sotto la pioggia, l’essere a servizio dei piccoli, il fare da cambusiere ad un campo, la presenza in unità di un amico con disabilità che partecipa a tutte le attività: tutte queste sono esperienze.
Altro che giocherelli, quiz, cruciverba, disegni da collocare nella catechesi!
Ma l’esperienza – e questo è un paradosso - è altresì oggi la debolezza dello scoutismo odierno.
La trasmissione della fede in diversi gruppi scout – anche se certo non in tutti – è oggi debolissima perché i capi e il gruppo nel suo insieme stentano ad offrire i fondamenti della fede e, talvolta, dopo anni e anni di cammino, le persone non maturano quell’alfabeto della fede che permetta di sceglierla o rifiutarla coscientemente.
E questo avviene proprio perché la consapevolezza della centralità dell’esperienza viene “dimenticata” dinanzi alle esigenze della fede.
Mentre non si accetterebbe mai un capo incapace di guidare una route, si ritiene che possa andar bene un capo non credente o che non ami profondamente la liturgia domenicale o che non si orienti seriamente al matrimonio.
Qui è proprio la trasmissione esperienziale ad andare in crisi. Perché si dimentica quanto un bambino o un giovane percepiscano cosa è importante, proprio dal vivere fianco a fianco con i capi e cogliere nei loro volti, e nella loro passione, la decisività o meno della fede.
È l’aria che si respira che fa l’esperienza. Per questo si può ben accettare che un nuovo iscritto allo scoutismo non ami la fede, la liturgia domenicale o il matrimonio, ma è la negazione stessa del principio di esperienza che i capi unità non siano sinceramente cattolici e convinti della propria fede.
Se manca una vera adesione alla fede degli educatori, ecco allora che anche nello scoutismo, come nella catechesi, la fede diventa allora un’attività: si fanno cose, ma senza che chi guida sia testimone e attesti una vera vita di fede.
Anche la poca disponibilità delle nuove generazioni a diventare capi fa sì che ci si accontenti, da questo punto di vista. Anche questa carenza di capi fa sì che si ponga a guida chi è ben lontano dall’avere una fede salda e convinta e ancor più pienamente vissuta.
Insomma, oggi l’esperienza è la forza e la debolezza delle due grandi associazioni scout cattoliche italiane, l’AGESCI e l’FSE.
Proprio per questo non bisogna abbandonarle a loro stesse. Proprio per questo vale la pena camminare con loro. Certo per farsene anche discepoli ed imparare dal loro prendere sul serio l’esperienza, cioè la vita, ma anche per incoraggiarle a valorizzare ancora più seriamente l’esperienza e proprio nella trasmissione della fede.