Cos’è il kerygma nel Nuovo Testamento? Non è l’annuncio della sola resurrezione, bensì anche della creazione e dell’incarnazione!, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 21 /05 /2011 - 16:46 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un breve testo di Andrea Lonardo.

Il Centro culturale Gli scritti (21/5/2011)

Deve essere assolutamente chiaro che il kerygma non è annunciare che «Gesù è risorto»! Sarebbe come dire che non vi è differenza rispetto all’affermazione solo apparentemente similare «Lazzaro è risorto» o ancora «il figlio della vedova di Nain è risorto».

Non è questione “semplicemente” del fatto che Gesù è tornato in vita, bensì, molto più profondamente del fatto che Egli è il Cristo, il Signore, il Figlio di Dio. Del kerygma è parte integrante l’incarnazione, la relazione di Gesù con il Padre, senza la quale la Pasqua non avrebbe alcun significato.

Solo il fatto che la resurrezione di Gesù è la salvezza che Dio, il creatore, realizza in lui per tutti noi la rende pienamente significativa. La Pasqua ed il Natale non possono così essere separati. Se Dio non si è fatto uomo, la resurrezione di Cristo non  è per noi decisiva.

La resurrezione è, invece, il compimento delle promesse di Dio, la piena rivelazione del “mistero” del suo disegno di salvezza, cui Egli aveva preparato i padri.

Incarnazione e resurrezione non sono così disgiunte, bensì un tutt’uno.

Gli Atti lo affermano con evidenza, asserendo non che Gesù risorge, bensì che Dio lo resuscita. In Gesù è così Dio ad essere operante nella nostra vita: «Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2,32). Per questo nella sua prima predica Pietro non annunzia solo la resurrezione, ma anche il fatto che Gesù è Signore e Cristo: «Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,36). Il titolo di “Cristo” lo specifica in relazione alla promessa fatta ad Israele, il titolo di “Signore” in relazione alla sua signoria sull’universo intero.

In At 3,6 Pietro guarisce non nel nome di Gesù semplicemente, bensì “nel nome di Gesù Cristo”. Nuovamente è in gioco il rapporto con Dio e con le sue promesse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!».

In At 4,10-12 nuovamente è Gesù come Cristo che viene annunziato, insieme al suo rapporto con il Dio che lo resuscita. Al di fuori di Lui non c’è salvezza: «Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

In At 4,24-30 gli apostoli pregano ricordando il Creatore ed il fatto che Gesù è il suo santo servo: «Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano, tu che, per mezzo dello Spirito Santo, dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide:
Perché le nazioni si agitarono
e i popoli tramarono cose vane?
Si sollevarono i re della terra
e i prìncipi si allearono insieme
contro il Signore e contro il suo Cristo;
davvero in questa città Erode e Ponzio Pilato, con le nazioni e i popoli d’Israele, si sono alleati contro il tuo santo servo Gesù, che tu hai consacrato, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano deciso che avvenisse. E ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di proclamare con tutta franchezza la tua parola, stendendo la tua mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù».

In At 5, 30-31 nuovamente l’annunzio riguarda il fatto che il Dio dei padri ha donato la resurrezione: «Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati». La resurrezione di Gesù è, inoltre, per la remissione dei peccati. Non è semplicemente un fatto, bensì è per noi.

In At 7,55-56 la predicazione di Stefano si conclude, prima del martirio, non con la resurrezione, bensì con l’annunzio che Gesù siede alla destra di Dio: «Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: “Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”».

In At 8,34-35, «rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: “Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?”. Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù». L’eunuco si converte a partire dalla comprensione di chi sia colui di cui le Scritture di Dio annunciavano la venuta.

In At 10,40-43 il kerygma è l'annuncio e l'attestazione che Cristo è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio, a compimento dell'annunzio profetico: «Dio ha risuscitato Gesù al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome».

In At 13, 30-39 addirittura il verbo “annunziare”, il verbo dell'"evangelizzare", non riguarda testualmente la resurrezione, bensì il compimento della promessa fatta ai padri: «Dio ha risuscitato dai morti [quel Gesù che aveva inviato come salvatore per Israele] ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo. E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo:
Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato.
Sì, Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, come ha dichiarato:
Darò a voi le cose sante di Davide, quelle degne di fede.
Per questo in un altro testo dice anche:
Non permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione.
Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nel suo tempo, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione. Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la corruzione. Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera sua viene annunciato a voi il perdono dei peccati. Da tutte le cose da cui mediante la legge di Mosè non vi fu possibile essere giustificati, per mezzo di lui chiunque crede è giustificato». Anche qui il kerygma si lega alla remissione dei peccati, ma soprattutto è l'annunzio della figliolanza divina di Gesù.

In At 14,14-17 la predicazione dinanzi al Tempio di Zeus a Listra collega il miracolo compiuto da Paolo al Dio creatore: «Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano. Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori».

Similmente all’Areopago di Atene, anche qui in contesto pagano e non ebraico, non viene subito predicata la resurrezione, bensì la rivelazione del Dio nascosto: «Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”. Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti» (At 17,23-31).

Subito prima, a Tessalonica, il kerygma è l’affermazione che Gesù è il Cristo: «per tre sabati discusse con loro sulla base delle Scritture, spiegandole e sostenendo che il Cristo doveva soffrire e risorgere dai morti. E diceva: “Il Cristo è quel Gesù che io vi annuncio”» (At 17,2-3).

Merita ricordare che anche nel vangelo di Luca il kerygma non enuncia semplicemente «Gesù è risorto», bensì molto più profondamente «il Signore è risorto» (Lc 24,34), espressione nella quale la cristologia, con il titolo di "Signore", e la soteriologia, con l'annunzio della resurrezione, si fondono insieme.

Da tutto questo si comprende come non sia un caso fortuito che il dogma primitivo abbia lavorato prevalentemente sulla doppia natura di Cristo, piuttosto che non sulla sua resurrezione. Apparve subito evidente già alle prime generazioni cristiane che la resurrezione aveva significato solo in relazione alla realtà dell'Incarnazione.