Zeffirelli sul Gaypride: è solo una provocazione, non è con le marce che si conquistano i diritti (da un’intervista rilasciata a Giuseppina Manin)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 15 /07 /2011 - 15:23 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo alcuni passaggi di un’intervista rilasciata dal regista Franco Zeffirelli a Giuseppina Manin per il Corriere della Sera del 26/7/2000. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. 

Il Centro culturale Gli scritti (15/7/2011)

Franco Zeffirelli, 77 anni, regista di cinema, di teatro, di lirica, famoso in tutto il mondo, è fra i pochi della sua generazione ad aver ammesso pubblicamente, anche se solo in tempi recenti, tre anni fa in un' intervista alla rivista americana Advocate, la sua omosessualità. Una confessione tardiva quanto sofferta per uno come lui, cattolico convinto e praticante, che quella condizione ha sempre vissuto con estrema discrezione, dentro confini strettamente privati.

Artista con il culto dell'estetica, credente rispettoso dell' ortodossia , Zeffirelli fra le ragioni dei manifestanti gay e quelle della Chiesa non ha dubbi. «Già le marce in sé non mi piacciono. Questa poi, a Roma, nell'anno del Giubileo, è solo una provocazione. Volgare e imbecille come il suo titolo, il Gay Pride», assicura.

Che c'entra il titolo? «C'entra, c'entra. Contesto entrambi i termini: "gay" è quanto di più improprio e ipocrita, un eufemismo squinzio e di cattivo gusto. Che c'è di gaio nell' essere omosessuale? Quanto al "pride", non vedo di cosa si dovrebbe essere orgogliosi. Se è giusto non demonizzare chi fa scelte diverse, altrettanto giusto sarebbe non sottolinearle con sciocca enfasi. Forse che gli eterosessuali sbandierano l'orgoglio di esserlo?». [...]

«Ma non è nemmeno così che si conquistano nuovi diritti. Primo perché non è legittimo sbattere in faccia a nessuno la propria vita intima, secondo perché quel modo di presentarsi, anzi di esibirsi con spudorata ostentazione, non aiuta certo a sfatare i luoghi comuni che da sempre intrappolano gli omosessuali in tristi e squallidi cliché».

[...]