Meraviglia, origine della filosofia (da Platone ed Aristotele)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 30 /12 /2008 - 15:38 pm | Permalink | Homepage
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(da Platone, Teeteto, 155d)

TEETETO: Per gli dèi, veramente, Socrate, io mi meraviglio enormemente per cosa possano essere mai queste visioni e talvolta, guardandole intensamente, soffro le vertigini.
SOCRATE: Non mi pare, caro amico, che Teodoro abbia opinato male sulla tua natura. Si addice particolarmente al filosofo questa tua sensazione: il meravigliarti. Non vi è altro inizio della filosofia, se non questo, e chi affermò che Iride era figlia di Taumante come sembra, non fece male la genealogia.

(N.d.R. Socrate gioca con l’etimologia delle parole, poiché “meravigliarsi” in greco si dice “thaumázein” che ha assonanza con il nome Taumante, il padre di Iride, la messaggera degli dèi, presa qui a simbolo della filosofia, della conoscenza, del sapere)


(da Aristotele, Metafisica, I, 2, 982b, 12)

Infatti gli uomini hanno iniziato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia. Mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’universo intero. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in un certo senso, filosofo: il mito infatti è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia.