1/ «Tra le beatitudini vorrei evidenziarne una: “Beati i miti”… beati coloro che pregano e lavorano per la piena comunione dei cristiani... Tutti costoro sono portatori della misericordia e della tenerezza di Dio, e certamente riceveranno da Lui la ricompensa meritata». Papa Francesco nella messa a Malmö in Svezia 2/ «Non si può chiudere il cuore a un rifugiato, ma ci vuole anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve integrare. Qual è il pericolo quando un migrante non viene integrato? Si ghettizza, ossia entra in un ghetto. E una cultura che non si sviluppa in rapporto con l’altra cultura, questo è pericoloso. Il più cattivo consigliere per i Paesi che tendono a chiudere le frontiere è la paura, e il miglior consigliere è la prudenza». Conferenza Stampa di ritorno dalla Svezia.

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 06 /11 /2016 - 17:01 pm | Permalink | Homepage
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1/ «Tra le beatitudini vorrei evidenziarne una: “Beati i miti”… beati coloro che pregano e lavorano per la piena comunione dei cristiani... Tutti costoro sono portatori della misericordia e della tenerezza di Dio, e certamente riceveranno da Lui la ricompensa meritata». Papa Francesco nella messa a Malmö in Svezia

Riprendiamo sul nostro sito l’omelia di papa Francesco per la Messa di Tutti i Santi a Malmö, l’1/11/2016, in occasione della Commemorazione Comune luterano-cattolica della Riforma (31 ottobre – 1 novembre 2016). I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Protestantesimo nella sezione, Cristianesimo, ecumenismo e religioni.

Il Centro culturale Gli scritti (2/11/2016)

Con tutta la Chiesa celebriamo oggi la solennità di Tutti i Santi. Ricordiamo così non solo quelli che sono stati proclamati santi nel corso della storia, ma anche tanti nostri fratelli che hanno vissuto la loro vita cristiana nella pienezza della fede e dell’amore attraverso una esistenza semplice e nascosta. Sicuramente, tra questi, ci sono molti dei nostri parenti, amici e conoscenti.

Celebriamo, quindi, la festa della santità. Quella santità che, a volte, non si manifesta in grandi opere o in successi straordinari, ma che sa vivere fedelmente e quotidianamente le esigenze del battesimo. Una santità fatta di amore per Dio e per i fratelli. Amore fedele fino a dimenticarsi di sé stesso e a darsi totalmente agli altri, come la vita di quelle madri e quei padri che si sacrificano per le loro famiglie sapendo rinunciare volentieri, benché non sia sempre facile, a tante cose, a tanti progetti o programmi personali.

Ma se c’è qualcosa che caratterizza i santi è che sono veramente felici. Hanno scoperto il segreto della felicità autentica, che dimora in fondo all’anima ed ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Perciò i santi sono chiamati beati. Le Beatitudini sono la loro via, la loro meta, verso la patria. Le Beatitudini sono la strada di vita che il Signore ci indica, perché possiamo seguire le sue orme. Nel Vangelo di oggi, abbiamo ascoltato come Gesù le proclamò davanti a una grande folla su un monte vicino al lago di Galilea.

Le Beatitudini sono il profilo di Cristo e, di conseguenza, del cristiano. Tra di esse, vorrei evidenziarne una: «Beati i miti». Gesù dice di sé stesso: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Questo è il suo ritratto spirituale e ci svela la ricchezza del suo amore. La mitezza è un modo di essere e di vivere che ci avvicina a Gesù e ci fa essere uniti tra di noi; fa sì che lasciamo da parte tutto ciò che ci divide e ci oppone, e che cerchiamo modi sempre nuovi per progredire sulla via dell’unità, come hanno fatto figli e figlie di questa terra, tra cui santa Maria Elisabetta Hesselblad, recentemente canonizzata, e santa Brigida, Brigitta Vadstena, co-patrona d’Europa. Esse hanno pregato e lavorato per stringere legami di unità e di comunione tra i cristiani. Un segno molto eloquente è che proprio qui, nel loro Paese, caratterizzato dalla convivenza di popolazioni molto diverse, noi stiamo commemorando congiuntamente il quinto centenario della Riforma. I Santi ottengono dei cambiamenti grazie alla mitezza del cuore. Con essa comprendiamo la grandezza di Dio e lo adoriamo con sincerità; e inoltre è l’atteggiamento di chi non ha nulla da perdere, perché la sua unica ricchezza è Dio.

Le Beatitudini sono in qualche modo la carta d’identità del cristiano, che lo identifica come seguace di Gesù. Siamo chiamati ad essere beati, seguaci di Gesù, affrontando i dolori e le angosce del nostro tempo con lo spirito e l’amore di Gesù. In tal senso, potremmo indicare nuove situazioni per viverle con spirito rinnovato e sempre attuale: beati coloro che sopportano con fede i mali che altri infliggono loro e perdonano di cuore; beati coloro che guardano negli occhi gli scartati e gli emarginati mostrando loro vicinanza; beati coloro che riconoscono Dio in ogni persona e lottano perché anche altri lo scoprano; beati coloro che proteggono e curano la casa comune; beati coloro che rinunciano al proprio benessere per il bene degli altri; beati coloro che pregano e lavorano per la piena comunione dei cristiani... Tutti costoro sono portatori della misericordia e della tenerezza di Dio, e certamente riceveranno da Lui la ricompensa meritata.

Cari fratelli e sorelle, la chiamata alla santità è per tutti e occorre riceverla dal Signore con spirito di fede. I santi ci incoraggiano con la loro vita e la loro intercessione presso Dio, e noi abbiamo bisogno gli uni degli altri per diventare santi. Aiutarci a diventare santi! Insieme chiediamo la grazia di accogliere con gioia questa chiamata e lavorare uniti per portarla a compimento. Alla nostra Madre del Cielo, Regina di tutti i Santi, affidiamo le nostre intenzioni e il dialogo per la ricerca della piena comunione di tutti i cristiani, affinché siamo benedetti nei nostri sforzi e raggiungiamo la santità nell’unità.

2/ «Non si può chiudere il cuore a un rifugiato, ma ci vuole anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve integrare. Qual è il pericolo quando un migrante  non viene integrato? Si ghettizza, ossia entra in un ghetto. E una cultura che non si sviluppa in rapporto con l’altra cultura, questo è pericoloso. Il più cattivo consigliere per i Paesi che tendono a chiudere le frontiere è la paura, e il miglior consigliere è la prudenza». Conferenza Stampa di Papa Francesco nel volo di ritorno dalla Svezia.

Nel pomeriggio dell’1/11/2016, durante il volo che da Malmö lo riportava a Roma al termine dalla visita in Svezia papa Francesco ha incontrato i giornalisti a bordo dell’aereo in una conferenza stampa, la cui trascrizione pubblichiamo di seguito. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Protestantesimo nella sezione, Cristianesimo, ecumenismo e religioni.

Il Centro culturale Gli scritti (2/11/2016)

Greg Burke:

Grazie, Santo Padre. Benvenuto. Lei parla molto di “camminare insieme”, in riferimento alle diverse religioni. Anche noi abbiamo fatto un po’ di strada insieme, qualcuno per la prima volta: abbiamo un giornalista svedese – credo che sia passato un po’ di tempo dall’ultima volta che c’è stato un giornalista svedese a bordo. Incominciamo da loro. Elin Swedenmark, dell’agenzia svedese “TT”.

Papa Francesco:

Prima di tutto vorrei salutarvi e ringraziarvi per il lavoro che avete fatto, per il freddo che avete preso… Ma siamo partiti in tempo, perché dicono che questa sera [la temperatura] scenderà di altri 5 gradi. Siamo partiti in tempo! Grazie tante. Grazie per la compagnia e per il vostro lavoro.

Elin Swedenmark:

Grazie. Salve. Ieri, Santo Padre, ha parlato della rivoluzione della tenerezza. Allo stesso tempo, vediamo che sempre più persone provenienti da Paesi come la Siria o l’Iraq cercano rifugio in Paesi europei. Ma alcuni reagiscono con paura o addirittura ci sono persone che pensano che l’arrivo di questi rifugiati possa minacciare la cultura del cristianesimo in Europa. Qual è il suo messaggio per la gente che teme tale sviluppo della situazione, e quale il suo messaggio alla Svezia che dopo una lunga tradizione di accoglienza dei rifugiati adesso incomincia a chiudere le proprie frontiere?

Papa Francesco:

Prima di tutto, io come argentino e sudamericano ringrazio tanto la Svezia per questa accoglienza, perché tanti argentini, cileni, uruguayani nel tempo delle dittature militari sono stati accolti in Svezia. La Svezia ha una lunga tradizione di accoglienza. E non soltanto ricevere, ma integrare, cercare subito casa, scuola, lavoro… integrare in un popolo. Mi hanno detto la statistica – forse sbaglio, non sono sicuro – ma quello che ricordo – posso sbagliare – quanti abitanti ha la Svezia? Nove milioni? Di questi 9 milioni – mi hanno detto – 850 mila sarebbero “nuovi svedesi”, cioè migranti o rifugiati o i loro figli. Questa è la prima cosa. Secondo: si deve distinguere tra migrante e rifugiato, no? Il migrante dev’essere trattato con certe regole perché migrare è un diritto ma è un diritto molto regolato. Invece, essere rifugiato viene da una situazione di guerra, di angoscia, di fame, di una situazione terribile e lo status di rifugiato ha bisogno di più cura, di più lavoro. Anche in questo, la Svezia sempre ha dato un esempio nel sistemare, nel fare imparare la lingua, la cultura e anche integrare nella cultura. Su questo aspetto dell’integrazione delle culture, non dobbiamo spaventarci, perché l’Europa si è formata con una continua integrazione di culture, tante culture… Credo che – questo non lo dico in modo offensivo, no, no, ma come una curiosità – il fatto che oggi in Islanda praticamente un islandese, con la lingua islandese di oggi, possa leggere i suoi classici di mille anni fa senza difficoltà, significa che è un Paese con poche immigrazioni, poche “ondate” come ne ha avute l’Europa. L’Europa si è formata con le migrazioni…

Poi, cosa penso dei Paesi che chiudono le frontiere: credo che in teoria non si può chiudere il cuore a un rifugiato, ma ci vuole anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve integrare. E se un Paese ha una capacità di venti, diciamo così, di integrazione, faccia fino a questo. Un altro di più, faccia di più. Ma sempre il cuore aperto: non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore, e alla lunga questo si paga. Qui, si paga politicamente; come anche si può pagare politicamente una imprudenza nei calcoli, nel ricevere più di quelli che si possono integrare. Perché, qual è il pericolo quando un rifugiato o un migrante – questo vale per tutti e due – non viene integrato, non è integrato? Mi permetto la parola – forse è un neologismo – si ghettizza, ossia entra in un ghetto. E una cultura che non si sviluppa in rapporto con l’altra cultura, questo è pericoloso. Io credo che il più cattivo consigliere per i Paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura, e il miglior consigliere sia la prudenza.

Ho parlato con un funzionario del governo svedese, in questi giorni, e mi diceva di qualche difficoltà in questo momento – questo vale per l’ultima domanda tua –, qualche difficoltà perché ne vengono tanti che non si fa a tempo a sistemarli, trovare scuola, casa, lavoro, imparare la lingua. La prudenza deve fare questo calcolo. Ma la Svezia… io non credo che se la Svezia diminuisce la sua capacità di accoglienza lo faccia per egoismo o perché ha perso quella capacità; se c’è qualcosa del genere è per quest’ultima cosa che ho detto: oggi tanti guardano alla Svezia perché ne conoscono l’accoglienza, ma per sistemarli non c’è il tempo necessario per tutti. Non so se ho risposto. Grazie.

Greg Burke:

Grazie, Santo Padre. Adesso una domanda della televisione svedese: Anna Cristina Kappelin, di Sveriges TV.

Anna Cristina Kappelin:

Buongiorno. La Svezia, che ha ospitato questo importante incontro ecumenico, ha una donna a capo della propria Chiesa. Che cosa ne pensa? Èrealistico pensare a donne-preti anche nella Chiesa Cattolica, nei prossimi decenni? E se no, perché? I preti cattolici hanno paura della competizione?

Papa Francesco:

Leggendo un po’ la storia di questa zona, dove siamo stati, ho visto che c’è stata una regina che è rimasta vedova tre volte; e ho detto: “Questa donna è forte!”. E mi hanno detto: “Le donne svedesi sono molto forti, molto brave, e per questo qualche uomo svedese cerca una donna di un’altra nazionalità”. Non so se sia vero!... Sull’ordinazione di donne nella Chiesa Cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da San Giovanni Paolo II, e questa rimane. Questo rimane. Sulla competizione, non so…

[domanda della stessa giornalista, fuori campo]

Papa Francesco:

Se leggiamo bene la dichiarazione fatta da San Giovanni Paolo II, va in quella linea. Sì. Ma le donne possono fare tante cose, meglio degli uomini. E anche nel campo dogmatico – per chiarire, forse per dare una chiarezza, non soltanto fare riferimento a un documento –, nella ecclesiologia cattolica ci sono due dimensioni: la dimensione petrina, che è quella degli apostoli – Pietro e il collegio apostolico, che è la pastorale dei vescovi – e la dimensione mariana, che è la dimensione femminile della Chiesa. E questo l’ho detto più di una volta. Io mi domando, chi è più importante nella teologia e nella mistica della Chiesa: gli apostoli o Maria, nel giorno di Pentecoste? È Maria! Di più: la Chiesa è donna. È “la” Chiesa, non è “il” Chiesa. E’ la Chiesa. E la Chiesa sposa Gesù Cristo. E’ un mistero sponsale. E alla luce di questo mistero si capisce il perché di queste due dimensioni: la dimensione petrina, cioè episcopale, e la dimensione mariana, con tutto quello che è la maternità della Chiesa, ma in senso più profondo. Non esiste la Chiesa senza questa dimensione femminile, perché lei stessa è femminile.

Greg Burke:

Grazie. Adesso c’è una domanda di Austen Ivereigh, non so se parla in spagnolo o in porteño…; e se Eva Fernandez può venire più vicino…

Austin Ivereigh (in spagnolo) [traduzione italiana]

Tante grazie, Santo Padre. Questo autunno è stato molto ricco di incontri ecumenici con le Chiese tradizionali: quella ortodossa, quella anglicana e adesso quella luterana. Ma la maggior parte dei protestanti oggi nel mondo è di tradizione evangelica, pentecostale… Ho sentito che alla vigilia di Pentecoste del prossimo anno si terrà un evento al Circo Massimo per celebrare il 50° anniversario del Rinnovamento Carismatico. Lei ha fatto molte iniziative – forse la prima volta per un Papa – nel 2014 con i leader evangelici. Cosa è successo con queste iniziative e cosa si aspetta di ottenere dalla riunione, dall’incontro dell’anno prossimo? Tante grazie.

Papa Francesco (in spagnolo) [traduzione italiana]

Con queste iniziative… Io direi che ho fatto due tipi di iniziative. Una quando sono andato a Caserta alla Chiesa Carismatica, e anche nella stessa linea quando a Torino sono andato alla Chiesa Valdese. Una iniziativa di riparazione e di richiesta di perdono, perché i cattolici… parte, parte della Chiesa Cattolica non si è comportata cristianamente, bene, nei loro confronti. E lì c’era da chiedere perdono e da risanare una ferita.

L’altra iniziativa è stata quella del dialogo, e questo già a partire da Buenos Aires. A Buenos Aires, per esempio, abbiamo fatto tre incontri al Luna Park che ha una capienza di 7.000 persone. Tre incontri di fedeli evangelici e cattolici nella linea del Rinnovamento Carismatico, ma anche aperta. E incontri che duravano tutto il giorno: predicava un pastore, un vescovo evangelico e predicava un sacerdote cattolico o un vescovo cattolico; oppure due e due, si alternavano. In due di quegli incontri, se non in tutti e tre, ma in due di sicuro, ha predicato padre Cantalamessa, che è il predicatore della Casa Pontificia.

Credo che la cosa derivi già dai pontificati precedenti, e da quando io ero a Buenos Aires, e questo ci ha fatto bene. E abbiamo fatto anche dei ritiri spirituali di tre giorni con pastori e sacerdoti insieme, predicati anch’essi da pastori e da un sacerdote oppure un vescovo. E questo ha aiutato molto il dialogo, la comprensione, l’avvicinamento, il lavoro… soprattutto il lavoro con i più bisognosi. Insieme. E il rispetto, il grande rispetto. Questo in riferimento alle iniziative, già da Buenos Aires… Qui a Roma ho avuto diverse riunioni con pastori, già due o tre. Alcuni sono venuti dagli USA e da qua, dall’Europa.

Poi quello che Lei ha menzionato è la celebrazione che organizza l’ICCRS [International Catholic Charismatic Renewal Services], la celebrazione per i 50 anni del Rinnovamento Carismatico, che è nato ecumenico, e perciò sarà una celebrazione ecumenica in questo senso, e si terrà al Circo Massimo. Io prevedo – se Dio mi dà vita – di andare a parlare lì. Mi pare che duri due giorni, però ancora non è organizzata. So che si terrà alla vigilia di Pentecoste, e io parlerò in qualche momento. A proposito del Rinnovamento Carismatico e a proposito di Pentecostali: la parola “pentecostale”, la denominazione “pentecostale” oggi è ambigua, perché si riferisce a molte cose, molte associazioni, molte comunità ecclesiali che non sono uguali, anzi, sono opposte. Allora, bisogna essere più precisi. Cioè, si è talmente diffusa che è diventata un termine ambiguo. In Brasile questo è tipico, dove si è propagata parecchio.

Il Rinnovamento Carismatico nasce… – e uno dei primi oppositori che c’è stato in Argentina è colui che vi sta parlando – perché io ero Provinciale dei Gesuiti a quell’epoca, quando è iniziato in Argentina, e io ho proibito ai Gesuiti di avere a che fare con loro. E ho detto pubblicamente che quando si faceva una celebrazione liturgica bisognava fare una cosa liturgica e non una “scuola di samba”. Quello ho detto. Ed oggi penso il contrario, quando le cose sono ben fatte.

Anzi, a Buenos Aires, tutti gli anni una volta all’anno avevamo nella cattedrale la Messa del Movimento di Rinnovamento Carismatico, alla quale venivano tutti. Quindi, anch’io ho sperimentato un processo di riconoscimento del buono che il Rinnovamento ha dato alla Chiesa. E non bisogna dimenticare la grande figura del Cardinale Suenens, che ha avuto quella visione profetica ed ecumenica.

Greg Burke:

Grazie Santo Padre. Adesso Eva Fernández della Cadena “Cope”, per la radio spagnola.

Eva Fernández (in spagnolo) [traduzione italiana]:

Santo Padre, mi piacerebbe farLe questa domanda in italiano, ma ancora non mi sento in grado. Poco tempo fa, Lei è stato con Nicolás Maduro, presidente del Venezuela. Che sensazione Le ha dato questo incontro e quale è la Sua opinione sull’inizio dei colloqui? Molte grazie, Santo Padre.

Papa Francesco:

Sì, il presidente del Venezuela ha chiesto un incontro e un appuntamento perché lui veniva dal Medio Oriente, dal Qatar, dagli altri Emirati e faceva scalo tecnico a Roma. Aveva chiesto un incontro prima. È venuto nel 2013; poi aveva chiesto un altro appuntamento, ma si è ammalato e non è potuto venire; e ha chiesto questo. Quando un presidente chiede, lo si riceve, per di più era a Roma, in scalo. L’ho ascoltato, mezz’ora, a quell’appuntamento; l’ho ascoltato, io gli ho fatto qualche domanda e ho sentito il suo parere. E’ sempre bene sentire tutti i pareri. Ho ascoltato il suo parere. In riferimento al secondo aspetto, il dialogo. E’ l’unica strada per tutti i conflitti! Per tutti i conflitti. O si dialoga o si grida, ma non ce n’è un’altra.

Io col cuore ce la metto tutta nel dialogo e credo che si debba andare su quella strada. Non so come finirà, non so, perché è molto complesso, ma la gente che è impegnata nel dialogo è gente di statura politica importante. Zapatero, che è stato due volte presidente del governo della Spagna, e Restrepo [e tutte le parti] hanno chiesto alla Santa Sede di essere presente nel dialogo. E la Santa Sede ha designato il Nunzio in Argentina Mons.Tscherrig, il quale credo sia lì, al tavolo del negoziato. Ma il dialogo che favorisce il negoziato è l’unica strada per uscire dai conflitti, non ce n’è un’altra… Se il Medio Oriente avesse fatto questo, quante vite sarebbero state risparmiate! [n.d.r. S.E. Mons. Tscherrig ha sostituito nella prima riunione S.E. Mons. Claudio Maria Celli, che è stato designato come accompagnatore del negoziato]

Greg Burke:

Grazie, Santo Padre. Adesso di “Radio France” abbiamo Mathilde Imberty.

Mathilde Imberty:

Santità, stiamo tornando dalla Svezia, dove la secolarizzazione è molto forte, è un fenomeno che tocca l’Europa in generale. Addirittura in un Paese come la Francia si stima che nei prossimi anni una maggioranza di cittadini sarà senza religione. Secondo Lei, la secolarizzazione è una fatalità? Chi sono i responsabili, i governi laici o la Chiesa che sarebbe troppo timida? Grazie.

Papa Francesco:

Fatalità, no. Io non ci credo nelle fatalità! Chi sono i responsabili? Io non saprei dire… Tu [cioè ognuno] sei il responsabile. Io non so, è un processo… Ma prima di questo voglio dire una piccola cosa. Papa Benedetto XVI ha parlato tanto di questo e chiaramente. Quando la fede diventa tiepida è perché, come Lei dice, si indebolisce la Chiesa… I tempi più secolarizzati… Ma pensiamo alla Francia, per esempio, i tempi della mondanizzazione della Corte: i tempi in cui i preti erano l’abbé della Corte, un funzionalismo clericale… Ma mancava la forza dell’evangelizzazione, la forza del Vangelo. Sempre, quando c’è la secolarizzazione possiamo dire che c’è qualche debolezza nell’evangelizzazione, quello è vero… Ma anche c’è un altro processo, un processo culturale, un processo - credo che una volta ne ho parlato - della seconda forma di “incultura”, quando l’uomo riceve il mondo da Dio e per farlo cultura, per farlo crescere, dominarlo, a un certo punto l’uomo si sente tanto padrone di quella cultura – pensiamo al mito della Torre di Babele – è tanto padrone di quella cultura che incomincia a fare lui il creatore di un’altra cultura, ma propria, e occupa il posto di Dio creatore. E nella secolarizzazione io credo che prima o poi si arriva al peccato contro il Dio creatore. L’uomo autosufficiente. Non è un problema di laicità, perché ci vuole una sana laicità, che è l’autonomia delle cose, l’autonomia sana delle cose, l’autonomia sana delle scienze, del pensiero, della politica, ci vuole una sana laicità. No, un’altra cosa, è un laicismo piuttosto come quello che ci ha lasciato in eredità l’illuminismo.

Credo che sono queste due cose: un po’ l’autosufficienza dell’uomo creatore di cultura ma che va oltre i limiti e si sente Dio, e un po’ anche una debolezza nell’evangelizzazione, che diventa tiepida e i cristiani sono tiepidi. Lì ci salva un po’ riprendere la sana autonomia nello sviluppo della cultura e delle scienze, anche con il senso della dipendenza, dell’essere creatura e non Dio; e inoltre riprendere la forza dell’evangelizzazione. Oggi io credo che questa secolarizzazione è molto forte nella cultura e in certe culture. E’ anche molto forte in diverse forme di mondanità, la mondanità spirituale. Quando entra nella Chiesa la mondanità spirituale è il peggio. Non sono parole mie queste che dirò adesso, sono parole del Cardinale de Lubac, uno dei grandi teologi del Concilio [Vaticano II]. Dice che quando nella Chiesa entra la mondanità spirituale, questo un modo…, è la cosa peggiore che le può accadere, peggio ancora di quello che è accaduto nell’epoca dei Papi corrotti. E menziona alcune forme di corruzione dei Papi, non ricordo bene, ma tante. La mondanità. Questo per me è pericoloso. E a rischio che questo sembri un sermone, un’omelia, io dirò questo: Gesù quando prega per tutti noi nell’ultima cena, chiede una cosa per tutti noi al Padre: di non toglierci dal mondo ma difenderci dal mondo, dalla mondanità. E’ pericolosissima, è una secolarizzazione un po’ truccata, un po’ travestita, un po’ prêt-à-porter, nella vita della Chiesa. Non so se ho risposto qualcosa…

Greg Burke:

Grazie, Santità. Adesso della televisione tedesca “ZDF” Jürgen Erbacher.

Jürgen Erbacher:

Santità, qualche giorno fa ha incontrato il Santa Marta Group che si occupa della lotta contro la schiavitù moderna e il traffico umano, temi che secondo me Le sono molto a cuore, non solo come Papa, ma già a Buenos Aires Lei si è occupato di questi temi. Perché? C’è stata un’esperienza speciale o forse anche personale? E poi come tedesco, all’inizio dell’anno della commemorazione della Riforma, devo anche chiedere se Lei verrà in quel Paese dove ha cominciato questa Riforma 500 anni fa, forse, durante quest’anno?

Papa Francesco:

Incomincio con la seconda. Il programma dei viaggi del prossimo anno non è fatto. Sì, soltanto si sa, è quasi sicuro che io andrei in India e Bangladesh, ma non è stato fatto, è un’ipotesi.

Circa la prima domanda. Sì, io da tempo, da Buenos Aires, da prete, sempre ho avuto questa inquietudine della carne di Cristo. Il fatto che Cristo continua a soffrire, Cristo viene crocifisso continuamente nei suoi fratelli più deboli, mi ha sempre commosso. Ho lavorato da prete, piccole cose con i poveri, ma non esclusivamente, lavoravo anche con universitari… Poi, da vescovo, a Buenos Aires abbiamo fatto [iniziative], anche con gruppi non cattolici e non credenti, contro il lavoro schiavo, soprattutto dei migranti latinoamericani che arrivavano in Argentina, che arrivano. Prendono loro il passaporto e fanno fare loro il lavoro schiavo nelle industrie, ma chiuse dentro… Una volta se n’è incendiata una e i bambini li avevano sul terrazzo, tutti morti e anche qualcuno che non è potuto fuggireDavvero schiavi, e questo mi ha commosso. La tratta delle persone. E ho lavorato anche con due congregazioni di suore che lavorano con le prostitute, le donne schiave della prostituzione. Non mi piace dire prostitute: schiave della prostituzione. Poi, una volta all’anno, tutti questi schiavi del sistema facevano una Messa a piazza Constitución, che è una di quelle dove arrivano le ferrovie - come a Termini, pensi a Termini -; e lì si faceva la Messa con tutti. A questa Messa venivano tutte le organizzazioni, le suore che lavoravano e anche i gruppi di non credenti, ma con cui lavoravamo insieme.

E qui si lavora lo stesso. Qui in Italia ci sono tanti gruppi di volontariato che lavorano contro ogni forma di schiavitù, sia di lavoro sia delle donne. Alcuni mesi fa ho visitato una di queste organizzazioni, e la gente… Qui in Italia si lavora bene nel volontariato. Io non avrei mai pensato che fosse così. E’ una cosa bella che ha l’Italia, il volontariato. E questo è dovuto ai parroci. L’oratorio e il volontariato sono due cose che sono nate dallo zelo apostolico dei parroci italiani. Ma non so se ho risposto o qualcosa…

Greg Burke:

Grazie Santità, ci dicono che, se vogliamo mangiare, dobbiamo andare.

Papa Francesco:

Vi ringrazio di nuovo per le domande, grazie tante, grazie tante! E pregate per me. Buon pranzo!