Lutero e l'Evangelo della grazia incondizionata. Un commento all'editoriale di Eugenio Scalfari apparso su «La Repubblica» il 30 ottobre, di Paolo Ricca pastore valdese

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 13 /11 /2016 - 21:47 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati: , , ,
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo da La Riforma dell’8/11/2016 un articolo di Paolo Ricca. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.

Il Centro culturale Gli scritti (13/11/2016)

N.B. de Gli scritti
Fra l’altro la storiografia moderna ha dimostrato che l’affissione delle tesi sulle porte della chiesa (la Schlosskirche) di Wittenberg da parte di Lutero è un falso storico creato per rendere più pittoresco l’avvenimento. Il riformatore inviò invece per lettera le sue tesi scritte in latino avescovi e teologi per avere il loro parere e per diffondere le sue riflessioni a mezzo stampa. Il popolo non avrebbe mai potuto comprendere un testo scritto in latino e scritto in maniera colta per essere letto solo da persone competenti.
Così scrive, ad esempio, E. Iserloh, La riforma protestante, in H. Jedin, Storia della chiesa, VI, Jaca, Milano, 1975, pp. 57-58:«Lutero spedì [le famose 95 Tesi sulle indulgenze] la vigilia della festa di Ognissanti ai vescovi direttamente interessati. Soltanto allorché questi non ebbero risposto affatto o non in maniera soddisfacente, egli volle far recapitare le Tesi – così Lutero sostenne in tutta la sua vita – a persone dotte, dentro e fuori di Wittenberg ( WA 1, 528; WABr 1, 245; WA 51, 540; WA 54, 180; cfr. E. Iserloh, Luther zwischen Reform und Reformation, 41-55; vers. It., Brescia 1970). Ma non si riesce a conciliare con questi dati, forniti da Lutero, l’affissione delle Tesi sulla chiesa del castello di Wittenberg il 31 ottobre del 1517. Di tale episodio non ci danno notizie né Lutero né alcuna delle molte fonti contemporanee. Solo Melantone, dopo la morte di Lutero – e precisamente nella «Prefazione» al II volume delle opere del riformatore (1546) – parla dell’affissione delle Tesi, prefazione che si rivela inattendibile anche quanto al resto (CR 6, 161 s; H. Boemer, Luthers Romfahrt, Lipsia 1914, 8; H. Volz, Martin Luthers Thesenanschlag, 37)».

Cranach, Ritratto di Martin Lutero e Caterina von Bora, 
Milano, Museo Poldi Pezzoli, con la giustificazione biblica
dettata dal riformatore per il matrimonio con una monaca:
Salvabitur per filiorum generationem
(la donna si salverà partorendo figli)

Lutero e l'Evangelo della grazia incondizionata, di Paolo Ricca

Non è facile capire a quali fonti il fondatore de La Repubblica, dottor Scalfari, attinga le sue informazioni sulla Riforma protestante e in particolare su Lutero, che pure dichiara di «aver studiato abbastanza a fondo». Mi riferisco al suo editoriale di domenica 30 ottobre. Mi permetto qualche nota a margine.

1) Che Lutero, con le 95 Tesi del 31 ottobre 1517, abbia «inaugurato ufficialmente la religione luterana» è un’affermazione del tutto fuori della realtà storica: la «religione luterana» (ma sarebbe più corretto parlare di «confessione luterana» all’interno della «religione cristiana») comincerà a esistere solo 13 anni più tardi, nel 1530, con la presentazione alla Dieta di Augusta (presente l’imperatore Carlo V) di una Confessione di fede, redatta da Melantone, e nota come Confessione Augustana. È lì che il luteranesimo prende corpo.

2) Tra Lutero e Zwingli, contemporaneo di Lutero, riformatore di Zurigo, della Svizzera tedesca e della Germania meridionale, ci fu un forte contrasto dottrinale sull’interpretazione della presenza di Cristo nella Cena (o eucaristia), ma non ci fu nessuna guerra (se non di parole). Calvino poi, e gli Ugonotti, che appartengono alla seconda generazione della Riforma, qui non c’entrano nulla.

3) La critica di Lutero al mercato delle indulgenze ebbe indubbiamente una notevole risonanza, ma fu tutto sommato marginale nella riflessione di Lutero, che riguardava la vera natura della penitenza cristiana, che il commercio delle indulgenze rischiava seriamente di falsare. La Riforma non nacque dalla critica alla Chiesa, bensì da una prolungata e approfondita meditazione delle Sacre Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento, nelle quali Lutero scoprì l’Evangelo della grazia incondizionata, immeritata e gratuita di Dio. La critica non alla Chiesa in generale o al papa (che Lutero anzi difese proprio nelle 95 Tesi!), ma ai gravi abusi allora correnti, non fu la causa e neppure l’occasione, ma la conseguenza della scoperta dell’Evangelo.

4) L’affermazione secondo cui Lutero, dopo il 1520, «volle essere sovrano assoluto della sua Chiesa» sembra presupporre che esistesse, in quegli anni, una «Chiesa luterana». Ma questo non corrisponde alla realtà: c’erano delle «chiese luterane» (che non si chiamavano così!) dislocate in diversi territori, senza un governo centrale, tanto meno esercitato da Lutero, che era teologo e non vescovo.

5) Ha invece ragione il dottor Scalfari quando parla del superamento della «intermediazione dei sacerdoti tra i fedeli e Dio» e del «rapporto diretto» di ogni anima con Dio, caratteristica della Riforma luterana. Occorre solo precisare che questo «rapporto diretto» è in realtà anch’esso mediato, non però da un sacerdote o da un pastore, ma da Cristo stesso. Lutero parla infatti del «felice scambio» tra l’anima e Cristo: l’anima dà a Cristo ansie, colpe e ogni pena, e Cristo dà all’anima pace, perdono e grande serenità.