Peccato e santità nella Chiesa (da un Editoriale di Civiltà Cattolica)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 27 /11 /2009 - 22:39 pm | Permalink | Homepage
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da un Editoriale de “La Civiltà Cattolica”, n. 3562, 21/11/1998

Nel Cinquecento la Chiesa ha visto il trionfo del paganesimo rinascimentale, il dilagare della corruzione, giunta con Alessandro VI fino al soglio pontificio, un’incredibile ignoranza del clero, l’abbandono delle sedi vescovili, le pratiche simoniache, la scissione della cristianità occidentale a causa delle riforme luterana e calvinista, il sacco di Roma, la minaccia dell’invasione turca. Sembrava che sotto tanti colpi la Chiesa dovesse crollare, tanto più che Carlo V, il difensore ufficiale del cattolicesimo, si alleava con i principi protestanti, i quali si impadronivano della maggior parte delle regioni settentrionali dell’Europa, e Francesco I, re di Francia, si alleava con Solimano, il nemico della cristianità.

Eppure, forse in nessun secolo della sua storia come nel Cinquecento la Chiesa diede segni più forti di vitalità. È straordinario il numero dei santi canonizzati vissuti nel Cinquecento. Eccone alcuni: Girolamo Emiliani, Antonio Maria Zaccaria, Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Gaetano da Thiene, Giuseppe Calasanzio, Filippo Neri, Francesco Saverio, Pietro Canisio, Francesco Borgia, Giovanni di Dio, Francesco Caracciolo, Giovanni Leonardi, Andrea Avellino, Pietro di Alcantara, Tommaso da Villanova, Tommaso Moro, Giovanni Fisher, Pio V, Stanislao Kostka, Luigi Gonzaga, Pasquale Baylon, Camillo de Lellis, Lorenzo da Brindisi, Turibio di Mongrovejo, Giovanni della Croce, Francesco Solano, Roberto Bellarmino, Angela Merici, Teresa di Gesù, Maria Maddalena de’ Pazzi, ecc. È un elenco impressionante, anche se incompleto: si tratta, nella maggior parte dei casi, di giganti della santità cristiana, della carità, della mistica e dell’apostolato cattolico.

Non è tutto. Nel Cinquecento fu celebrato il Concilio di Trento il quale, da una parte, mise in chiaro la dottrina cattolica e, dall’altro, pose le basi per la riforma della vita cristiana; furono fondati molti ordini religiosi (teatini, scolopi, barnabiti, cappuccini, gesuiti, fatebenefratelli, camilliani, carmelitani scalzi, ecc.), che costituirono una delle forze ecclesiali più vive e attive; vennero aperte al Vangelo l’Asia, l’Africa e l’America Latina; fu definitivamente respinta la minaccia turca con la vittoria di Lepanto; si riuscì a fermare la diffusione del protestantesimo nel sud dell’Europa e a riconquistare in parte il terreno perduto con la riforma luterana.

Lo storico che si pone di fronte a questi fatti non può non essere sorpreso dalla capacità della Chiesa di riprendersi da pesanti sconfitte e di rinnovarsi continuamente; ma la sua sorpresa crescerà, se rifletterà che non soltanto essa è stata ed è combattuta da forze esterne ad essa assai superiori, ma è debole interiormente. Certo, se la Chiesa fosse stata e fosse forte e vigorosa e potesse quindi combattere con i suoi avversari ad armi pari, la sua sopravvivenza potrebbe spiegarsi; ma sfortunatamente la Chiesa è debole e divisa; ci sono in essa mediocrità, debolezze, peccati; c’è spesso mancanza di intelligenza dei problemi, di strategie adeguate, di iniziativa e di coraggio.

In realtà, i colpi più duri si sono abbattuti sulla Chiesa non dal di fuori, ma dall’interno, per opera dei suoi stessi figli: per causa loro essa ha versato le lacrime più amare e ha corso i più gravi pericoli per la stessa esistenza. La storia è piena di debolezze e di tradimenti perpetrati dai suoi figli ai suoi danni. Eppure, sottoposta ad attacchi combinati esterni ed interni, la Chiesa non è finita, ma ogni volta si è ripresa vigorosamente, mentre i suoi avversari, tanto più forti di essa, sono scomparsi.