Il cortile dei gentili (da Benedetto XVI)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /02 /2010 - 23:19 pm | Permalink | Homepage
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dal discorso di Benedetto XVI nell’udienza alla Curia romana del 21/12/2009

Vorrei ancora dire una parola di gratitudine e di gioia per il mio viaggio nella Repubblica Ceca. Prima di tale viaggio sono sempre stato avvertito che quello è un Paese con una maggioranza di agnostici e di atei, in cui i cristiani costituiscono ormai soltanto una minoranza. Tanto più gioiosa è stata la sorpresa nel costatare che dappertutto ero circondato da grande cordialità ed amicizia; che grandi liturgie venivano celebrate in un’atmosfera gioiosa di fede; che nell’ambito delle università e della cultura la mia parola trovava una viva attenzione; che le Autorità dello Stato mi hanno riservato una grande cortesia e hanno fatto tutto il possibile per contribuire al successo della visita.

Sarei ora tentato di dire qualcosa sulla bellezza del Paese e sulle magnifiche testimonianze della cultura cristiana, le quali soltanto rendono tale bellezza perfetta. Ma considero importante soprattutto il fatto che anche le persone che si ritengono agnostiche o atee, devono stare a cuore a noi come credenti. Quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventano. Non vogliono vedere se stesse come oggetto di missione, né rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà. Ma la questione circa Dio rimane tuttavia presente pure per loro, anche se non possono credere al carattere concreto della sua attenzione per noi.

A Parigi ho parlato della ricerca di Dio come del motivo fondamentale dal quale è nato il monachesimo occidentale e, con esso, la cultura occidentale. Come primo passo dell’evangelizzazione dobbiamo cercare di tenere desta tale ricerca; dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde.

Mi viene qui in mente la parola che Gesù cita dal profeta Isaia, che cioè il tempio dovrebbe essere una casa di preghiera per tutti i popoli (cfr Is 56, 7; Mc 11, 17). Egli pensava al cosiddetto cortile dei gentili, che sgomberò da affari esteriori perché ci fosse lo spazio libero per i gentili che lì volevano pregare l’unico Dio, anche se non potevano prendere parte al mistero, al cui servizio era riservato l’interno del tempio. Spazio di preghiera per tutti i popoli – si pensava con ciò a persone che conoscono Dio, per così dire, soltanto da lontano; che sono scontente con i loro dèi, riti, miti; che desiderano il Puro e il Grande, anche se Dio rimane per loro il "Dio ignoto" (cfr At 17, 23).

Essi dovevano poter pregare il Dio ignoto e così tuttavia essere in relazione con il Dio vero, anche se in mezzo ad oscurità di vario genere. Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di "cortile dei gentili" dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto.