La rivelazione di Dio non coincide con la Scrittura, ma è più ampia (da J. Ratzinger)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /04 /2011 - 17:18 pm | Permalink | Homepage
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da J. Ratzinger, Un tentativo circa il problema del concetto di tradizione, in K. Rahner - J. Ratzinger, Rivelazione e Tradizione, Morcelliana, Brescia, 2006, pp. 36-37

Il fatto che esista la «Tradizione» si fonda innanzitutto sulla non-identità delle due realtà, «Rivelazione» e «Scrittura». Rivelazione infatti indica il complesso di parole e gesta di Dio per l'uomo, cioè una realtà di cui la Scrittura ci informa ma che non è semplicemente la Scrittura stessa.

La rivelazione perciò supera la Scrittura nella stessa misura in cui la realtà trascende la notizia che ce la fa conoscere. Si potrebbe anche dire: la Scrittura è il principio materiale della rivelazione (forse l'unico, forse uno accanto ad altri - è una questione che per il momento può essere lasciata aperta), ma non è la rivelazione stessa.

Di questo i riformatori erano perfettamente consci; fu soltanto nella successiva controversia tra teologia cattolica postridentina e ortodossia protestante che ciò andò in gran parte perduto. Nel nostro secolo furono dei teologi evangelici, come Barth e Brunner, a riscoprire questo fatto, che per la teologia patristica e medioevale costituiva una cosa perfettamente ovvia.

Quanto s'è detto può risultare chiaro se lo consideriamo anche da un altro punto di vista: si potrebbe possedere la Scrittura anche senza avere la rivelazione. La rivelazione infatti diventa realtà soltanto e sempre là dove c'è fede. Il non-credente rimane dietro il velo, di cui parla Paolo nel cap. 3 della 2 Cor. Egli può leggere la Scrittura e conoscere ciò che contiene, può perfino comprendere concettualmente ciò ch'essa intende dire e la coerenza delle sue affermazioni, tuttavia egli non è divenuto partecipe della rivelazione.

C'è piena rivelazione soltanto là dove, oltre alle affermazioni materiali che la testimoniano, è divenuta operante nella forma della fede anche la sua intima realtà. Di conseguenza appartiene, fino a un certo punto, alla rivelazione anche il soggetto ricevente, senza del quale essa non esiste.

Non si può mettere in tasca la rivelazione, come si può portare con sé un libro. Essa è una realtà vivente, che esige l'accoglienza di un uomo vivo come luogo della sua presenza.