Perché avete fatto bene ad accompagnare i vostri figli in parrocchia? Traccia per un I incontro con i genitori dell’Iniziazione cristiana (a cura di d. Andrea Lonardo per l’Ufficio catechistico della diocesi di Roma)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 31 /08 /2015 - 13:08 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una traccia del I incontro di itinerario formativo per i genitori dell’Iniziazione cristiana proposto dall’Ufficio catechistico della diocesi di Roma ad experimentum. Ogni mese sarà proposto ai catechisti il tema dell’incontro successivo. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Iniziazione cristiana nella sezione Catechesi, famiglia e scuola.

Il Centro culturale Gli scritti (31/8/2015)

Moltiplicazione dei pani. Miniatura da un Libro 
di preghiere (1240 ca.), British Library, Londra

I/ Quello che deve essere preparato per il primo incontro

Prima della traccia del primo incontro alcune indicazioni:

1/ Dobbiamo imparare, se già non lo abbiamo fatto, ad adattarci noi agli orari dei genitori, senza pretendere che loro si adattino ai nostri. L’orario migliore per un primo incontro di accoglienza e di presentazione dell’itinerario è alla domenica dopo la Messa dell’Iniziazione cristiana (cfr. su questo il Sussidio INIZIARE A CELEBRARE: LA MESSA DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA. Sussidio per la formazione ed il coinvolgimento dei genitori a cura dell’Ufficio catechistico diocesano e dell’Ufficio liturgico diocesano per vivere insieme il Convegno pastorale 2015 “Noi genitori testimoni della bellezza della vita. Vi trasmettiamo quello che abbiamo ricevuto (cfr. 1 Cor 15,3)”), cioè prima del pranzo della domenica (terminando per le 12.00 al massimo, in maniera da dare loro il tempo di poter poi preparare per il pranzo.

2/ Per il primo incontro non sarà necessario un pubblico dibattito. Si potrà parlare ai genitori, secondo la traccia sotto descritta, e lasciare poi uno spazio perché i genitori incontrino i catechisti dei figli, in maniera da avere una prima, anche se breve conoscenza.

3/ Mentre ci si incontra con i genitori è bene che sia stata preparata un’attività o una catechesi per i bambini, divisi nei gruppi con i catechisti oppure tutti insieme in oratorio: questo permetterà di accogliere in genitori in tranquillità. Si preveda anche qualcosa per fratellini e sorelline più piccoli e più grandi. Poco prima del termine della riunione dei genitori, è bene che ogni gruppo si riunisca nella sua stanza in maniera che i genitori possano recarvisi al termine dell’incontro con il parroco, per conoscere i catechisti e l’ambiente nel quale si svolgerà l’itinerario di Iniziazione cristiana.

4/ Si prepari per la riunione qualche testo semplice e particolarmente bello da distribuire per un approfondimento del tema, in modo da mostrare anche in questo modo la serietà del percorso che si sta dando inizio.

Si possono, ad esempio, fotocopiare i testi che consigliamo nella traccia di incontro che segue (sono di Giacomo Poretti, Martin Luther King, Papa Francesco, del Vangelo di Matteo). Suggeriamo anche di segnalare sul foglio i riferimenti ai video utilizzati, se non si deciderà, invece, di inviarne uno a settimana, per dare continuità all’incontro.

Suggeriamo, comunque, oltre ai testi ed ai video utilizzati nel primo incontro, di preparare altri testi e video da inviare nel corso del mese, in maniera da creare un contatto più costante, nonostante l’invio sui social network sia più freddo dell’incontro personale. Si deve considerare che i giovani genitori sono molto abituati a contattarsi tramite i social network e, quindi, non bisogna avere paura di utilizzare questi mezzi.

5/ Importantissimo è consegnare ai genitori al termine dell’incontro un calendario chiaro degli appuntamenti dell’anno, consapevoli che la vita di una famiglia nella città di oggi è molto difficile e sovraccarica di appuntamenti, per cui gli inviti che vogliamo rivolgere loro debbono essere chiari fin dall’inizio.

Trovate una serie di suggerimenti preziosi nel Sussidio INIZIARE A CELEBRARE: LA MESSA DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA. Sussidio per la formazione ed il coinvolgimento dei genitori a cura dell’Ufficio catechistico diocesano e dell’Ufficio liturgico diocesano per vivere insieme il Convegno pastorale 2015 “Noi genitori testimoni della bellezza della vita. Vi trasmettiamo quello che abbiamo ricevuto (cfr. 1 Cor 15,3)” (http://www.gliscritti.it/blog/entry/3317)

È bene che il calendario preveda non solo le riunioni con i genitori, ma anche le celebrazioni, ad esempio le messe alla sera dell’Immacolata, della Commemorazione dei defunti, della Mezzanotte di Natale, dell’Epifania, del Mercoledì delle Ceneri, la preghiera della notte del Giovedì Santo e così via.

6/ Decisivo è che la prima messa domenicale vissuta insieme, quella che precede l’incontro, sia celebrata con la semplicità, la serietà e la gioia che Cristo comanda. Per molti sarà la prima messa dopo molti anni e debbono vedere subito quanto sia bello “abitare nella casa del Signore”.

II/ Il primo incontro

Veniamo ora alla traccia del primo incontro

Nel proporre una traccia del primo incontro con i nuovi genitori che per la prima volta accompagnano i bambini in parrocchia, mi è venuto in mente di parlare con voi del modo di organizzare un discorso tipico della retorica antica.

I maestri latini dividevano il discorso in 6 parti (si chiamava dispositio!).

1/ L’inizio del discorso: far capire che volete bene ai genitori, che capite la fatica che fanno! (la captatio benevolentiae!)

L’oratore pensava innanzitutto all’inizio del suo dire (l’exordium) e cominciava con una captatio benevolentiae. Vuol dire catturare, attirarsi la benevolenza.

Quando parli con qualcuno che non conosci, che non ti ha mai visto prima, che non sa chi sei, devi prima creare un’intesa. Oggi si direbbe “creare un feeling”!

Vogliamo, allora, iniziare dicendo che sono stati coraggiosissimi a diventare genitori di questi tempi. Che tanti loro coetanei hanno preferito non avere figli e non perché sono egoisti, ma perché spesso non hanno voluto rischiare. È importante dire che noi, preti e catechisti, ci rendiamo conto che stanno già vivendo in qualche modo il Vangelo perché Gesù ha detto: «Non c’è amore più grande di chi da la vita per i propri amici». E cosa stanno facendo loro se non dare la vita per i loro figli?

In fondo, gli uomini si dividono in due categorie: quelli per i quali non c’è niente di più importante della propria vita e quelli che hanno qualcuno che è talmente importante ai loro occhi che preferirebbero morire al loro posto. Ecco questi sono i genitori!

Direi anche, subito, che questo vale anche per i separati risposati. Direi che non è il momento di discutere dove hanno sbagliato, ma che una cosa deve essere chiara fin dal principio: hanno fatto bene a diventare genitori e guai se ora non danno il massimo per i loro figli!

Per noi cristiani iniziare lodandoli non è tanto una tattica, un modo per ingraziarsi i genitori, un lancio pubblicitario. Se così fosse non ve lo avrei consigliato. No! È essere veri. Se tu non vuoi bene a qualcuno – e diceva don Bosco: “Non basta amare, è necessario che si sentano amati” – non ha senso che gli parli.

Dobbiamo dire fin dall’inizio che fare catechesi con i loro figli è qualcosa di straordinario, è la cosa più bella che potesse capitare a noi, preti e catechisti, e ci capita proprio perché loro hanno scelto la vita, hanno scelto di diventare genitori e di mettere al mondo dei figli e di amarli.

Un vice-parroco diceva con saggezza ai genitori: “I migliori genitori che i vostri figli possano avere siete proprio voi: anche perché non ce ne sono altri!”

L’esordio del discorso latino non solo cercava di catturare la benevolenza, ma anche buttava lì qualche “insinuazione” (insinuatio in latino), quando c’era qualche ostacolo già noto. Questo mostra che chi parla non è uno stupido, ma sa bene di cosa sta parlando. Perché è importante affrontare subito le obiezioni più immediate, i luoghi comuni ed i pre-giudizi che l’altro poteva avere in mente.

Non perderete mai tempo nel soffermarvi a pensare a quali sono i pre-giudizi di chi viene in parrocchia. Tirateli fuori voi, prima che emergano da soli. Spiazzate le persone, dicendo esattamente quello che non si aspettano di sentirsi dire da voi.

Il rischio più grande di ogni discorso è che sia banale e che confermi i pre-giudizi di chi ascolta.

Qui io direi due cose molto semplici. Innanzitutto direi: “Voi vi aspettate che io vi dica che dovrete accompagnare ogni domenica i vostri figli a messa, perché non ha senso prepararsi alla Comunione se non si viene a Messa. Ma non c’è nessun bisogno che io vi dica queste cose, perché non siete cretini e lo sapete già da soli per esperienza: i bambini hanno bisogno di testimonianza. Non vi abbiamo convocato qui per dirvi questo perché già lo sapete. Vi abbiamo convocato qui per dirvi qualcosa di molto più importante, per dirvi perché avete fatto bene ad accompagnare i vostri figli in parrocchia” - ed intanto gli avete anche detto dell’importanza della Messa!
Dire cose di questo tipo, ancora una volta, non è una tattica, è la verità: c’è qualcosa che è più importante delle regole che pure dovete dare loro. Qual è, però, il cuore del vostro primo incontro con loro? Dare regole o donare un annuncio?

La seconda cosa che insinuerei (la seconda insinuatio) è che conoscete la loro stanchezza, la stanchezza di alzarsi ogni giorno per andare al lavoro – per chi, fortunato, il lavoro ce l’ha ancora – la fatica di tornare tardi la sera, di avere poco tempo per la famiglia, poco tempo per stare con i figli.

Ebbene il cammino verso la Comunione sarà un tempo per riposarsi, per ritrovare il tempo di stare insieme, perché se non si sta insieme si finisce per separarsi. Gli si può dire che non è possibile provarglielo a parole, ma che li assicuriamo che lo sperimenteranno e che potranno un giorno dire per esperienza: “Avevate ragione”. E qui si prepara il passaggio al II punto. Noi sappiamo che una persona che ha Dio con sé è serena anche se è molto affaticata e che una persona la cui vita non ha un senso non è serena, anche se non ha niente da fare. Come si fa oggi ad essere sereni, a vivere nella pace anche se siamo affaticati? Ad alzarci con il sorriso, anche se la giornata sarà dura?

2/ Il secondo passo del discorso: ripercorrere i problemi sul tappeto che spingono ad iniziare il cammino (la narratio)

Come vedete dal modo in cui sono scritti questi appunti dobbiamo essere seri, ma non troppo. Dobbiamo mostrare l’allegria – se veramente, come dice il Vangelo, la fede ci ha resi “beati”. Dobbiamo scherzare, essere semplici, comprensibili, ridere e fare battute. Di nuovo tutto questo non deve essere una tecnica: deve trasparire, invece, l’allegria e la beatitudine di chi, come noi, sta iniziando un percorso che – lo sappiamo – riserverà sorprese belle che noi non conosciamo, ma che la provvidenza ha preparato per tutti noi insieme, preti, catechisti, genitori e figli. Da quel cammino sorgeranno nuove amicizie e nuove conversioni e la grazia di Dio saprà operare.

Bene: il secondo passo sarà il passaggio preparatorio al cuore del discorso. Si tratta di ripercorrere i problemi che la società e le famiglie vivono e che ci dicono che proporre la fede ai bambini (ed ai grandi!) è la cosa più importante, intelligente e buona.

Nell’orazione romana antica dopo l’esordio veniva il momento della narratio, cioè dell’informare sullo status quaestionis - anche se non conosciamo tutti il latino è lo stato delle cose – per mostrare poi che la proposta che vogliamo fare è la giusta risposta al problema che è sul tappeto.

Vale la pena qui citare qualche testo moderno, o, se si vuole, si può fare vedere un video.

Io suggerisco di distribuire in fotocopia e di commentare questo testo di Giacomo Poretti (da E' più facile fare il premier che fare il papà):

«Se i figli moderni chiedono: «Papà, cosa preferisci: la pasta o il riso?», loro rispondono: dipende...
Papà, ma tu voti a destra o a sinistra? Dipende...
Se i figli domandano se bisogna sempre dire la verità, i papà moderni rispondono: dipende...
Ma papà bisogna fermarsi per far passare i pedoni sulle strisce? Dipende...
Ma papi, è vero che fa male farsi uno spinello? Dipende...
Papà, ma a te piacciono le donne vero? Dipende...
Mio papà, a cui è sempre piaciuto il risotto, mi ha insegnato cose meravigliose: a fare il presepe, a tifare per l’Inter, a fare il nodo della cravatta, a fare la barba con la lametta, ad andare in bicicletta, a bere un bicchiere di vino tutto d’un fiato, a vestirsi bene la domenica, a essere bravo nel lavoro, a cercare di avere sempre un amico, a portare un mazzo di fiori ogni tanto a tua moglie, a ricordarsi dei nonni e dei nostri morti, perché noi senza di loro non ci saremmo, perché Giacomo è figlio di Albino il fresatore, che era figlio di Domenico il mezzadro, figlio di Adriano il ciabattino che era figlio di Giuseppe il falegname figlio di Giosuè lo stalliere...».

Per me è bellissimo. Mostra la confusione che regna oggi e, alla fine, ricorda, invece, la trasmissione di padre in figlio di ciò che vale.

Oppure si può mostrare il videoclip di una canzone del rapper Fedez, Generazione Boh. Il cantante descrive in maniera molto critica il mondo degli adulti, chiamandoli la Generazione Boh: «I don’t know… Abbiamo più punti interrogativi che punti di riferimento».

Si noti che un tempo erano i grandi a dire agli adolescenti che erano la generazione Boh? Oggi sono i giovani a dirlo agli adulti! Qui il link del testo e del video: Una canzone da discutere in un campo delle famiglie o a sera con gli amici. Breve nota di Andrea Lonardo.

Oppure si può mostrare un video dell’attore Marco Paolini che parla degli adulti: «Adulto è il participio passato del verbo adolescere, colui che ha finito di crescere. Io oggi conosco molti più adulteri che adulti, adulteri a se stessi, ovviamente». Marco Paolini parla di giovinezza ed età adulta.

Papa Francesco ha spiegato in maniera splendida che noi viviamo nel tempo dell’orfananza, nel tempo in cui non ci sono padri. Non perché i padri sono morti, ma perché gli adulti non hanno il coraggio di comunicare qual è la via per essere felici o forse non sanno nemmeno qual è questa via, cosa vale davvero nella vita, perché la vita ha un senso.

Così ha detto papa Francesco:

«I giovani sono orfani di una strada sicura da percorrere, di un maestro di cui fidarsi, di ideali che riscaldino il cuore, di speranze che sostengano la fatica del vivere quotidiano. Sono orfani, ma conservano vivo nel loro cuore il desiderio di tutto ciò! Questa è la società degli orfani. Pensiamo a questo, è importante. Orfani, senza memoria di famiglia: perché, per esempio, i nonni sono allontanati, in casa di riposo, non hanno quella presenza, quella memoria di famiglia; orfani, senza affetto d’oggi, o un affetto troppo di fretta: papà è stanco, mamma è stanca, vanno a dormire… E loro rimangono orfani. Orfani di gratuità: quello che dicevo prima, quella gratuità del papà e della mamma che sanno perdere il tempo per giocare con i figli. Abbiamo bisogno di senso di gratuità: nelle famiglie, nelle parrocchie, nella società tutta».

Perché questo? Perché tutta l’educazione si è incentrata su questioni metodologiche, tecniche, informatiche, ma non vuole più compromettersi nel dire che la vita ha un senso e nell’indicare qual è. Noi annunziamo che si vive non perché si hanno i metodi giusti per vivere, ma perché si sa perché vale la pena vivere!

Un ultimo riferimento che mi piace condividere con voi – scegliete voi quelli che più pensate possano colpire i genitori del vostro quartiere, scegliete voi quali testi fotocopiare perché li abbiano sotto gli occhi per lasciare loro traccia dell’incontro e quali mandare poi nel corso del mese per posta elettronica o tramite i social network – è un testo meraviglioso del pastore cristiano protestante Martin Luther King che disse, ricevendo il premio Nobel:

«Nonostante gli spettacolari progressi nella scienza e nella tecnologia, e nonostante quelli innumerevoli che verranno, ci manca qualcosa di fondamentale. C'è una sorta di povertà dello spirito, che si trova in palese contrasto con la nostra abbondanza scientifica e tecnologica. Più siamo diventati materialmente ricchi, più poveri siamo diventati moralmente e spiritualmente. Abbiamo imparato a volare nell'aria come uccelli e nuotare nel mare come i pesci, ma non abbiamo imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli».

Sì, tutta la ricerca scientifica è buona – la Chiesa ha generato l’Europa e la sua passione per la ragione e la scienza -, ma la scienza non basta. I bambini hanno bisogno della scuola, hanno bisogno di studiare l’evoluzione e la storia, l’astronomia e la matematica, ma tutto questo non basta.

Hanno anche domande che fanno al di là della fisica:

Come si fa ad essere felici? È possibile essere felici? Vale la pena sposarsi? Vale la pena che diventare genitori? Esiste il bene? Veniamo dal nulla e torneremo nel nulla? La morte vince l’amore e la vita? Oppure l’amore è più forte e vince la morte? Esiste Dio? Siamo stati pensati o nasciamo per caso?

Io sono sicuro che bisogna insistere nel mostrare loro la bellezza della scienza e della scuola, ma anche la loro insufficienza: noi siamo uomini, perché vogliamo trovare un senso alla vita. Per questo iniziamo un cammino con loro e con i loro figli.

3/ Al fondo del fondo, la risposta alla domanda perché siete venuti qui con i vostri figli: siete venuti qui perché sapete, anche se confusamente, che senza Dio si diventa più tristi e più cattivi (la propositio o thesis)

Eccoci arrivati al cuore del discorso. Vi invito ad insistere su questo, appassionandoci a dichiararlo: qui c’è tutto, qui c’è il perché.

Il discorso antico, dopo l’esordio e dopo la narrazione, giungeva ad esporre la tesi principale. È l’idea più bella che si vuole dire, la punta di diamante del discorso – i latini chiamavano il cuore del discorso propositio o thesis, ciò che si intendeva provare.

Io direi ai genitori qui la cosa più importante: voi non siete venuti qui tanto perché i vostri figli si preparino alla Comunione, ma perché da qualche parte del vostro cuore sapete che loro hanno bisogno di Dio, così come ne avete bisogno voi! Quando si ama veramente qualcuno - un figlio, il marito, la moglie, gli amici - ci si accorge che quella persona è un “mistero” che ha senso solo dinanzi ad un mistero più grande, quello di Dio che si fa uomo, per dirci quanto vale, quanto è preziosa la vita.  

Io richiamerei loro alla memoria il momento della nascita dei figli “Vedete, quando sono nati, voi avere pensato: come è possibile che lo abbia fatto solo io!?”. Vi è apparso subito che la loro vita era un “mistero”, era qualcosa che vi superava. Non sapevate bene da dove vostro figlio venisse, ma capivate che non era solo un brufolo dell’evoluzione. Aveva, invece, un valore grandissimo. Ebbene, lì avete intuito che quel figlio veniva da Dio. Noi non possiamo garantire niente del domani dei nostri figli, ma se Dio li ha voluti, allora noi possiamo essere sereni. Sono nati per la vita eterna, sono nati per essere felici. Dio ci penserà.

Noi sappiamo che Dio è la garanzia che lo stupore nel vedere la bellezza di un figlio non è un inganno. Quel figlio è veramente prezioso. È unico, non c’è mai stato e non ci sarà mai un altro come lui.

Voi siete venuti in parrocchia perché intuite che vostro figlio è unico, che non è nato per un caso cieco della vita: è figlio di Dio. Da Lui viene, Lui ve lo ha donato. E voi intuite che per mostrare a vostro figlio quanto è straordinariamente vera e grande la vita non potete che parlargli di Dio”.

Ecco il cuore di tutto. Se Dio non ci fosse, noi genitori per primi diventeremmo più tristi, perché in fondo dovremmo ammettere che la vita di nostro figlio non ha alcun significato particolare. E diventeremmo anche più cattivi, perché non avremmo dove trovare la forza del perdono e di una speranza che sempre si rinnova.

Ma questo non vale solo per noi, vale anche per loro, anche se piccoli. I bambini stessi, infatti, hanno le stesse grandi domande che abbiamo noi e solo se trovano risposte sono sereni.

Potreste raccontargli quello che diceva il grande Gilbert Keith Chesterton, quando qualcuno voleva che si nascondesse il male ai bambini. Egli, per spiegare che i bambini conoscono già il male ed hanno bisogno di essere rasserenati che esiste Qualcuno che vince il male, diceva: «Le fiaba non hanno la colpa di mettere paura ai bambini, perché i bambini già sanno che esistono i draghi. Le fiabe servono per insegnare ai bambini che esiste San Giorgio che uccide il drago».

Questo annuncia la fede che vogliamo condividere con i vostri figli: la provvidenza di Dio vince la nostra tristezza, il perdono e la misericordia di Dio vincono la nostra tentazione di fare il male.

Fra l’altro è bene che ricordiamo ai genitori che il male esiste veramente e che sia loro che i loro figli dovranno affrontarlo – possiamo dire che non è il caso di parlarne ora, ma che, se vogliono, potremo dedicare un incontro futuro alla questione del male. Loro debbono proteggere i figli da vie di male e debbono sapere che ci sarà qualcuno che cercherà di far cadere i figli in vie di male: la fede è necessaria anche perché la vita è una lotta e se Dio non è vivo nel cuore dei figli, ci sarà qualche cosa d’altro che prenderà il loro cuore.

Sarebbe bellissimo arrivare qui a leggere con loro la Parola di Dio, anche solo un piccolissimo brano. Io ho utilizzato spesso, nel primo incontro con i genitori, questo brano: «Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36). Non siamo noi spesso in questa condizione?

4/ Dare motivazioni, spiegare i perché (la probatio)

Il discorso antico, dopo aver enunciato il punto decisivo, si sforzava di darne motivazioni. Non si segue, infatti, qualcuno solo perché ti dice di farlo, ma perché ti convince, perché te ne dà i motivi e tu arrivi a condividere il perché di quella strada.

Io direi, allora, che la bellezza del cammino verso la Comunione consiste nel fatto che quell’itinerario si occupa del cuore. Tutti gli altri ambiti educativi del ragazzo sono importantissimi (quelli sportivi, dal calcio, al tennis al nuoto; quelli linguistici, dall’inglese, al romanaccio, al cinese; quelli musicali, dal canto alla batteria; quelli cultural-artistico-scientifici, dalle visite artistiche alla conoscenza del creato, alla scuola), ma c’è una cosa che unifica tutto: il cuore di vostro figlio.

La fede guarda il cuore, perché Dio guarda il cuore. Ed il cuore si educa guardando al cuore di Colui che ama, di Dio stesso. Il cammino di fede ha la pretesa di far respirare il cuore, di dilatarlo, di mostrare che può essere generoso, carico di speranza, capace di perdono.

Perché non di solo pane vive l’uomo. Gesù ce lo ha insegnato. Il nostro cuore ha bisogno di un cibo di vita eterna.

Ad esempio, l’annuncio del perdono e la celebrazione del Sacramento della Confessione farà il dono a vostro figlio – e di nuovo a voi genitori – di scoprire che il male non ha l’ultima parola. Solo la fede insegna dove trovare la forza per perdonare. E quante volte sarà loro necessario avere la forza per perdonare, man mano che cresceranno.

5/ Smontare le obiezioni (la refutatio)

Il discorso antico non si preoccupava solo di dare le motivazioni ma anche di mostrare che era consapevole delle obiezioni – provate sempre ad ascoltarvi con le orecchi di chi è lontano dalla Chiesa, per diventare consapevoli delle giuste obiezioni – e che era in grado di smontarle (la refutatio).

Io ricorderei che molti oggi pensano che la catechesi sia un male, perché sarebbe, secondo loro, come un plagiare i bambini che, invece, debbono decidere solo quando sono grandi. Io risponderei dicendo che, per fortuna, Dio ha inventato l’adolescenza e che quindi qualsiasi cosa noi adulti insegneremo ai figli non avremo alcuna garanzia che sarà per loro vero e bello anche dopo, perché da adolescenti si ribelleranno a tutto.

Dobbiamo, invece, parlare di Dio e della sua bellezza, perché sono loro a chiedercelo. Sono loro che hanno domande grandi e vogliono sapere se il mondo esiste per caso, oppure se la vita ha un senso, se la morte è l’ultima parola su tutto, oppure no, se il perdono di Cristo è diverso dai sacrifici animali delle religioni antiche o se tutte le religioni sono uguali e così via. Provate voi stessi a ricordare le domande grandi dei bambini su Dio più belle e significative che avete sentito, per mostrare ai genitori come i bambini vogliono parlare di Dio.

Se noi non parliamo loro di Dio, loro mancheranno di risposte a domande cui tengono moltissimo. È vero proprio il contrario di quello che si pensa: rifiutarsi di parlare di Dio ai bambini è andare contro la loro natura ed i loro bisogni, è come non dargli il cibo di cui hanno bisogno per crescere.

6/ L’invito all’eucarestia e la presentazione del calendario dell’anno (la peroratio)

Se già avete messo passione in tutto ciò che avete detto fin qui, non perdetela alla fine. Anche nel presentare loro l’itinerario serve passione e semplicità Si tratta di indicare semplicemente come sarà possibile, durante l’anno, vivere insieme quella scoperta di cui abbiamo parlato, e cioè che con Dio veramente si vince la tristezza e la cattiveria.

Io distribuirei loro il calendario dell’anno, dicendo subito che la messa domenicale è più importante della riunione settimanale. Dato che abbiamo già detto loro molte cose, ci si potrebbe limitare a dire che si parlerà con loro del perché l’Eucarestia è la cosa più importante nel cammino che faremo insieme in uno degli incontri successivi – perché è bello discutere di questo – ma che, per ora, gli chiediamo un atto di fiducia. Provate a venire, come avete fatto prima di questa riunione, e comincerete a scoprire voi stessi la ricchezza della messa.

Li ringrazierei della fiducia che ci stanno dando, affidandoci i loro figli, il loro tesoro più prezioso, mostrando che per noi è un piacere stare con loro e che la porta è aperta per qualsiasi incontro, invito, discussione e anche critica per fare meglio.

Li assicurerei anche che noi vorremo bene anche a quelli che non si presenteranno. Ci rimetteranno loro – la farei la battuta – a non lasciarsi coinvolgere, ma il nostro affetto resterà immutato, perché così ci ha insegnato il Signore.

Insieme ne vedremo delle belle pian piano che ci conosceremo.

Infine, nel gruppo con i catechisti per un breve saluto

A questo punto, scioglierei l’assemblea e li inviterei ad andare nelle diverse stanze per conoscere anche solo per un istante i catechisti dei loro figli ed il gruppo con cui faranno insieme il cammino – nel frattempo i gruppi saranno entrati nel luogo delle riunioni e così anche i genitori potranno essere accolti e mettersi vicino ai loro figli per il breve saluto.

L’incontro con i catechisti, dopo la riunione con il parroco più lunga, sarà questa prima volta molto breve, sarà solo una prima conoscenza, promettendo di incontrarsi ancora.