Sovranismo versus europeismo: due termini abusati a destra e a sinistra. Breve nota di Giovanni Amico

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 15 /04 /2019 - 00:50 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Giovanni Amico. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Politica ed economia ed Europa.

Il Centro culturale Gli scritti (14/4/2019)

L’utilizzo diffuso del termine “sovranismo” è un ulteriore segno della pochezza culturale del dibattito politico italiano ed europeo[1].

Sembra che la prima ad aver introdotto tale vocabolo (traduzione dell’originale francese souverainisme) nel dibattito attuale sia stata Giorgia Meloni il 21 settembre 2018 (cfr. Meloni, FdI per fronte dei sovranisti, fonte ANSA), intendendolo in un’accezione positiva e cioè la rivendicazione della sovranità dei diversi stati nazionali all’interno dell’Europa.

Immediatamente il termine è stato ripreso dall’opposizione ad indicare, invece, la “precedenza” dell’Europa sulle diverse nazioni, con l’utilizzo contrapposto del termine “europeismo” caricato di valenze oppositive.

Ma il problema è un altro: sia la destra che la sinistra nascondono all’opinione pubblica il fatto che, nella storia della genesi dell’Europa, mai essa è stata contrappopposta alle singole nazioni, che anzi intendeva non solo preservare, ma anzi valorizzare nella loro specifica identità. L’Europa si è costituita fin dalle origini con l’intento di non sostituirsi ai diversi Paesi che la componevano, né dal punto di vista economico, né legislativo, e ancor meno dal punto di vista “culturale”.

L’Europa non ha mai inteso sottrarre nulla alle specificità dell’Italia, al Made in Italy o al peculiare rapporto fra laicità e fede nostrano così diverso dal rapporto che esiste in Francia o nei paesi ortodossi europei.

Insomma sovranità ed Europa insieme.

Si pensi, ancora, alla peculiarità dei paesi a tradizione ortodossa dell’est Europa o a quelli luterani del nord Europa. Né gli uni, né gli altri gradirebbero un’uniformazione che livellasse secoli di stratificazioni culturali, eppure entrambi amano sentirsi europei.

Il rapporto fra specifico nazionale ed europeo è la versione continentale del dibattito esistente fra globalizzazione e localizzazione – con la creazione del curioso termine “glocal”.

Papa Francesco, come sempre illuminante, ha scritto: «Voglio sottolineare che “molti Padri sinodali provenienti da contesti non occidentali segnalano come nei loro Paesi la globalizzazione rechi con sé autentiche forme di colonizzazione culturale, che sradicano i giovani dalle appartenenze culturali e religiose da cui provengono. È necessario un impegno della Chiesa per accompagnarli in questo passaggio senza che smarriscano i tratti più preziosi della propria identità”[2]. Oggi assistiamo a una tendenza ad “omogeneizzare” i giovani, a dissolvere le differenze proprie del loro luogo di origine, a trasformarli in soggetti manipolabili fatti in serie. Così si produce una distruzione culturale, che è tanto grave quanto l’estinzione delle specie animali e vegetali[3]. Per questo, in un messaggio ai giovani indigeni riuniti a Panama, li ho esortati a “farsi carico delle radici, perché dalle radici viene la forza che vi farà crescere, fiorire e fruttificare”[4] (Christus vivit, 185-186).

Appare evidentissimo che le due parti in lite non affrontano concretamente la vera questione: qual è l’identità nazionale che si intende non solo conservare, ma anzi promuovere e qual è l’identità europea che si intende non solo conservare, ma anzi promuovere. Rispondere ad entrambe le domande dovrebbe essere oggi caratteristica predominante di un politico serio.

Da politici all’altezza della situazione ci aspetteremmo di sentire parole sulle specificità dell’Italia – unica nella sua storia e nei suoi valori – e sull’identità dell’Europa – anch’essa unica fra i continenti a motivo della sua storia cristiana e insieme laica. Ameremmo sentire parole sulle radici storiche e ideali dell’una e dell’altra e non solo verbose opposizioni da destra e da sinistra.

Dichiararsi sovranisti o europeisti ed accusare l’altra parte senza specificare che idea si abbai dell’Italia e che idea si abbia dell’Europa serve a creare facili slogan e a racimolare qualche voto, ma non aiuta nessuno a capire quale cammino debba essere percorso nella scuola e nell’università, nel turismo e nell’economia, nel dialogo inter-religioso e nel dialogo fedi-laicità.

La comprensione del Made in Italy e della meravigliosa storia del Paese, come dell’identità culturale altrettanto unica dell’Europa e della questione della loro interazione (talmente grande che è proprio l’identità italiana ed il suo legame con il cristianesimo e la laicità ad aver generato l’Europa a partire dall’eredità greco-romana e poi cristiana e illuministica), non fa un passo avanti in queste sterili polemiche.

La situazione dell’Italia, poi, è doppiamente caratteristica ed esemplificativa. Se la civiltà italiana è nata dalla duplice matrice pagano-illuministica e cristiana ed ha le sue radici in Romolo e Remo e in Pietro e Paolo -queste due coppie senza le quali niente sarebbe come è del nostro Paese e della nostra cultura -, è altrettanto vero che proprio tale matrice ha dato origine all’Europa nell’alto medioevo quando è stata Roma ad unificare per la prima volta l’Europa da un punto di vista culturale, stringendo vincoli popoli che non avevano prima legami. Senza la lungimiranza di quei nostri antenati non avrebbe oggi senso alcuno parlare di Europa ed essa, semplicemente, non esisterebbe.

Ebbene, proprio qui in Italia, si tratta di tornare a recuperare esattamente le radici della nostra storia per comprendere come esse siano la forza dell’Europa, e come realtà nazionali (mai negate fin dalle origini) e visione culturale europea comune possano non opporsi, anzi sostenersi a vicenda.

Ogni cosmopolitismo non radicato nella assoluta rilevanza delle proprie radici nazionali sarebbe per ciò stesso falso e livellante, avendo come unico fattore unificante il consumismo, così come ogni particolarismo non aperto ad una missione peculiare dell’Europa nel mondo livellerebbe la storia europea a quella di un qualsiasi colosso economico sorto al fine di guadagnare denaro.

Note al testo

[1] Ad oggi ancora il correttore automatico di Word segnala il termine come errore, tanto è recente l’introduzione dello stesso.

[2] DF 14.

[3] Cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 145: AAS 107 (2015), 906.

[4] Video-messaggio per l'Incontro mondiale dei giovani indigeni a Panama (17-21 gennaio 2019): L’Osservatore Romano, 19 gennaio 2019, 8.