San Bonifacio apostolo delle genti. Spiritualità monastica e impegno missionario nella vita del vescovo di Magonza, di Caterina Ciriello

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 27 /07 /2020 - 00:37 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito da L’Osservatore Romano un articolo di Caterina  Ciriello pubblicato il 5/6/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Alto medioevo.

Il Centro culturale Gli scritti (26/7/2020)

Bonifacio  di  Fulda  è  sicuramente  un  santo  poco  conosciuto  in  Italia  e  nei  paesi dell’Europa  mediterranea.  Nasce,  infatti, in  una  nobile  famiglia  terriera  originaria  della Sassonia  occidentale,  presumibilmente  nel  Devonshire,  a  Crediton,  vicino  ad  Exeter  (Wessex),  intorno  al  672,  nell’Inghilterra  già  cristianizzata   dai   romani,   ma   “rievangelizzata”   da Agostino  di Canterbury  e i  suoi compagni  monaci  là  inviati da  Papa  Gregorio  Magno.

E  sono  proprio  i  missionari  —  che  continuamente giungevano  in  quelle  terre  e  soggiornavano  per qualche  giorno  nella  sua  casa  —  a  influenzare l’animo  del  piccolo  Winfrido  —  questo  era  il suo  nome  di  battesimo  —  che,  divenuto  monaco,  lascia la  sicurezza del  monastero e  gli amati   studi   biblici   per   partire   missionario   nella Germania  dominata  dai  Franchi

Solo  al  secondo  tentativo  —  nel  716,  infatti,  è  costretto  a ritornare    in    Inghilterra    —    Winfrido,    forte dell’appoggio  di  Papa  Gregorio II può  recarsi nella  regione  della  Baviera  per  riorganizzare  la Chiesa  franca  e  poi  in  Assia  e  Turingia  per  liberare  definitivamente  quelle  genti  dai  riti  generati  da  un  miscuglio  di  tradizioni  pagano-cristiane,  per  un  frettoloso  processo  di  conversione  voluto  dai  Franchi. 

Divenuto  vescovo  di Magonza,  muore  martirizzato  in  Frisia,  attuale provincia al  nord dei Paesi Bassi,  mentre si appresta  ad  amministrare  il  sacramento  della  cresima.

Bonifacio  “uomo  accompagnato  dal bonum fatum”, o  “anche  colui  che  fa  il  bene  o  benefattore”,  non  smentisce  questo  appellativo  che gli  viene  dato  da  Gregorio  II nel  719,  il  quale vede  in  lui  una  speciale  chiamata  del  Signore.

Bonifacio  è,  infatti,  un  rappresentante  “carismatico”  del  monachesimo  anglosassone,  che ha  speso  la  sua  vita  nella  missione  di  annunciare  il  Vangelo,  e  direttamente  sul  campo,  anche dopo che il Papa  gli conferisce la carica di Legato  pontificio,  dignità  da  lui  accettata  solo perché  convinto  che  in  quel  preciso  momento storico  era  necessaria  non  solamente  la  visibilità  del  potere  spirituale,  ma  anche  di  quello giuridico  della  Chiesa  di  Roma. 

Di  Bonifacio vanno sottolineate  alcune caratteristiche  che ne hanno  sostenuto  la  fama.  Innanzitutto  la  sua fede  forte  e  la  sua  vocazione  missionaria  di  cristiano  e  monaco,  aspetto  non  sempre  considerato  da  coloro  che  ne  hanno  approfondito  la figura. 

Uomo  come  tanti,  Bonifacio  è  sempre cosciente  che  la  sua  missione  evangelizzatrice non  sarebbe  stata  facile.  Alla  badessa  Eadburga  scrive:  «Battaglie  all’esterno,  timori  al  di dentro».  E  a  una  monaca  sconosciuta  chiede di  intercedere  per  lui  presso  Dio  perché:  «Siamo  colpiti  e  sbattuti  da  molti  e  vari  turbini  di tempeste,  sia  da  parte  dei  pagani  sia  dei  falsi cristiani»

Il  clero  locale,  quello  franco,  non amava  molto  Bonifacio  e  tentava  in  ogni  modo di  ostacolarlo.  Uno  dei  motivi  principali  di  tale  atteggiamento  era  l’amore  e  la  fedeltà  che egli  portava  al  Papa  ed  alla  Chiesa  romana; questa  seconda  caratteristica  emerge  costantemente  ed  è  il  segno  della  sua  speciale  consacrazione  a  Cristo,  per  il  quale  accetta  di  vivere il  “martirio  bianco”,  quello  dei  monaci  che  decidono di  vivere la dimensione  contemplativa e spirituale  lontano  dall’humus  nel  quale  sono cresciuti

Ma  la  peculiarità  di  questo  grande missionario  è  l’amore  per  la  Sacra  Scrittura. Letta,  meditata,  interiorizzata,  sia  per  tradizione  monastica  che  per  vocazione  propria,  nella sequela  di  Gregorio  Magno  —  del  quale  conosceva  bene  la  Regola  Pastorale,  e  non  solo  — diviene  la  fonte  dalla  quale  attinge  forza,  conforto  e  saggezza  per  portare  avanti  un  ministero  pieno  di  insidie.  Come  san  Paolo,  a  cui  si sente  particolarmente  legato,  confida  nella  Parola  e  come  lui  afferma  che  «bisogna  usare  di molta libertà  nella predicazione»

Nell’ora  della  morte  essa diviene  il  suo  scudo. Un  testimone  oculare  racconta  che  «al  momento  di  ricevere  il  colpo  mortale,  Bonifacio  alzò  sopra  la testa  il  libro  che  teneva  in  mano.  La  spada dell’assassino  intaccò  profondamente il  volume e  spaccò  la  testa  del  martire».  Bonifacio  si  copre  il  capo  con  il  Vangelo  di  Cristo,  di  cui  diventa  testimone  verace  nel  martirio. 

Un’ultima caratteristica, last  but  not  least, come  si suol  dire,  è  la  sua  splendida  umanità  e  sensibilità  di animo  che  ritroviamo  nelle  lettere  inviate  ai suoi  amici,  ma  in  particolare  alle  sue  badesse, alcune  delle  quali  lo  seguiranno  in  Germania: Valburga,  Lioba  e  Tecla

In  queste  lettere  rinveniamo  tutto  il pathos,  ovvero  l’emotività,  la passione,  l’angoscia e  la  gioia, di  un uomo  che non  ha  nessun  timore  di  confrontarsi,  chiedere consigli  e  aiuti,  nella  coscienza  della  personale debolezza  e  dei  limiti  che  ci  rendono  così  fragili  e  vulnerabili,  ma  strumenti  potenti  nelle mani  di  Dio.  «Ti  prego  di  degnarti  di  pregare per  me»  scrive  a  Eadburga  «perché,  a  causa dei  miei  peccati,  sono  molestato  dalle  tempeste di  un  mare  pieno  di  pericoli».  Per  queste  giovani  monache, che  lo  seguono  nella grande  avventura    dell’evangelizzazione,    Bonifacio    ha sempre  parole  paterne,  piene  di  dolcezza  e  di affetto,  ed  esse  lo  cercheranno  come  amico  sincero   e   consigliere   spirituale.   Queste   donne l’hanno  accompagnato  e  sostenuto  nella  dura missione  e  grazie  a  loro  sono  nate  dovunque, in  quei  territori  desolati  e  impervi,  fondazioni monastiche  con  grande  fioritura  della  vita  monastica  femminile  e  propagazione  della  cultura anche  tra  le  donne  che  venivano  là  educate.

Nel  pensiero  di  Bonifacio  i  monasteri  dovevano  essere  il  centro  propulsore  dell’evangelizzazione,  luoghi  di  preghiera  e  di  vita  spirituale  e nello  stesso  tempo  di  cultura.  È  stato  grazie  a Bonifacio  e alle  sue badesse  se i  popoli germanici  hanno  conosciuto  il  Cristo,  e  tante  donne hanno  preferito  il  cristianesimo  e  i  suoi  valori, al  posto  della  logica  dell’imbarbarimento  e  del paganesimo.  Questo  per  non  dimenticare  mai le  nostre  radici  comuni  e  cristiane  che  hanno sostenuto  e  sempre  sosterranno  l’Europa