Colonie, in America spagnoli meglio degli inglesi, una recensione di Marco Unia a John H. Elliott, Imperi dell’Atlantico

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 26 /01 /2011 - 20:47 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 15/5/2010 una recensione di Marco Unia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi su questo stesso sito la sezione Storia e filosofia ed, in particolare, L’America Latina, luogo dell’incontro tra le civiltà inca e maya ed il cristianesimo dei colonizzatori spagnoli, di Franco Cardini.

Il Centro culturale Gli scritti (26/1/2011)

Imperi dell’Atlantico. America britannica e America spagnola, 1492-1830, Einaudi. Pagine 684.

 

«Scrivere la storia comparativa comporta dei movimenti che non sono diversi da quelli che servono per suonare la fisarmonica. Le due società paragonate sono spinte l’una verso l’altra, ma solo per essere di nuovo separate. Le somiglianze, dopo tutto, si dimostrano non così forti come parevano a prima vista; e si scoprono differenze nascoste al primo sguardo».

Con queste parole John H. Elliott illustra la propria opera che mette a confronto la storia degli imperi britannici e spagnoli d’America, seguendone lo sviluppo dalle origini al declino, in un arco temporale che copre quatto secoli, dal XV al XIX. Il metodo comparativo è utilizzato per sottolineare la rilevanza dei retroterra culturali e delle condizioni ambientali nel determinare la storia di questi imperi.

Portando alla luce la dialettica tra ambiente geografico d’insediamento e cultura d’appartenenza dei coloni Elliott confuta numerosi luoghi comuni sulla colonizzazione d’oltreoceano, in primo luogo la famosa 'leggenda nera', da secoli utilizzata per spiegare i diversi destini del Nord e del Sud America. La leggenda, nata nei primi anni della conquista spagnola dell’America e sostenuta dagli ambienti protestanti anticattolici e dall’illuminismo, presentava l’impero spagnolo d’oltremare come un miscuglio di indolenza, arretratezza e superstizione, a cui contrapporre le colonie britanniche contrassegnate dallo 'spirito di perseveranza' e dalle libertà civili e religiose.

Questo schema è oggetto della revisione di Elliott che individua caratteristiche peculiari della colonizzazione spagnola – quali le ricchezze minerarie delle zone conquistate e la densità di popolazione indigena – che spiegano l’approccio verso le civiltà precolombiane e i territori di cui presero possesso. Lo storico non contesta l’impatto devastante della conquista per le comunità indigene sudamericane e i crimini di cui si macchiarono singoli avventurieri, ma avversa una visione banalizzante che fa della colonizzazione ispanica un puro atto di razzia, trascurando l’impegno esecutivo e legislativo esercitato dalla corona spagnola per far rispettare i diritti delle popolazioni indigene.

L’impero spagnolo dimostrò inoltre capacità inclusive nei confronti degli indigeni e una predisposizione alla creazione di società miste superiori a quella delle colonie britanniche. Lo stesso spirito di evangelizzazione che animava gli spagnoli e che viene spesso citato come l’ombrello ideologico utilizzato per coprire i massacri è interpretato da Elliott sotto una luce diversa: in quanto popoli da convertire gli indigeni vennero trattati come persone libere e la presenza dei missionari garantì una forma di protezione, seppure parziale, contro lo sfruttamento indiscriminato, come testimonia l’opera di Bartolomé de Las Casas.

Il paragone con le colonie britanniche del Nord America sullo specifico tema del rapporto con gli indigeni è sorprendente: la paura della degenerazione culturale fu tanto forte tra i puritani da far considerare gli indiani come i «Cananei della Bibbia, razza degenerata che minacciava d’infettare il popolo eletto di Dio». Il saggio di Elliott narra con precisione di dettagli quello che fu e continua ad essere il più grande incontro con il radicalmente 'altro' nella storia dell’umanità, un contatto foriero di trasformazioni epocali che continuano a segnare la storia mondiale.