Steve Jobs e la famiglia (da Alessandro D’Avenia)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 20 /10 /2011 - 09:22 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo un breve passaggio dal post di Alessandro D’Avenia L’uomo che visse tre volte, pubblicato sul suo blog profduepuntozero. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. 

Il Centro culturale Gli scritti (20/10/2011)

[...] Mi voglio soffermare su una parentesi poco edificante [della vita di Steve Jobs]. Anche lui [che non era stato riconosciuto alla nascita da suo padre] ebbe una figlia quasi per caso, Lisa, e non la volle riconoscere. Per fortuna però la vita gli mise accanto Laurene: quando la vide Steve disse che non avrebbe mai avuto occhi per nessun’altra donna e così fu. Lei lo rese un po’ più uomo come sanno fare le donne vere: rinnovandogli il guardaroba e anche l’anima. Donandogli tre figli, lo aiutò a recuperare Lisa, accogliendola in casa e dandole il posto che le spettava: il circolo vizioso dell’abbandono e della rabbia si interrompeva, la ferita veniva curata. E per queste cose ci vogliono le donne, non basta essere geni. Divenne padre, come mai forse avrebbe sospettato potesse essere un padre. Lui che non tollerava mancanza di concentrazione, andava in totale confusione quando i figli arrivavano a fargli visita sul posto di lavoro, o gli facevano ‘ciao’ con la mano da lontano. Sorrideva e non riusciva più a riprendere il filo del discorso.

Steve è morto una terza volta quando gli hanno diagnosticato uno dei tumori più aggressivi e inguaribili. Ancora una volta ha fatto piazza pulita, riconsiderando la sua perenne nudità di fronte alla vita, mettendo nel giusto ordine le sue priorità: la famiglia prima di tutto, ma continuando a lavorare, scoprire, creare e cercare il bello in ogni piccolo dettaglio. Lui che non era mai stato brillante negli studi richiesti dal curriculum, scoprì molto di più, perché aveva chiaro che la stessa minestra non può andar bene per tutti ed era consapevole che lo studio è la radice dell’amore per il lavoro: “i miei figli non hanno imposizioni. Solo lo studio. Non si può essere ignoranti e felici”.

[...]