Harry Potter e l’educazione alla vita buona. 6 post di Andrea Lonardo con una settima appendice

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /03 /2023 - 12:30 pm | Permalink | Homepage
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I brevi testi di Andrea Lonardo che seguono non hanno la pretesa di analizzare la saga di Harry Potter – rimandiamo per questo ad approfondimenti più generali fra i quali segnaliamo anche Cosa ho capito grazie a Harry, di Alessandro D’Avenia e Viva Harry Potter, abbasso la Rowling, di Massimo Introvigne. I post che pubblichiamo vogliono semplicemente sottolineare alcune questioni che emergono dalla saga e che illuminano la questione educativa che viene oggi dibattuta. Vedi anche Harry Potter e la confermazione. Ancora un post su Harry Potter, di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Adolescenti e giovani nella sezione Catechesi, scuola e famiglia.

Il Centro culturale Gli scritti (1/11/2011)

Video. Andrea Lonardo spiega Harry Potter a King's Cross Station (video da Youtube, Canale Gli scritti)

1/ Il male negato in Harry Potter, nella questione educativa e nella catechesi

È straordinario in Harry Potter e l'ordine della fenice (Harry Potter all'età di 15 anni) come sia centrale il fatto che è pericoloso nascondere il male. Il ministro della magia non vuole misurarsi con il male e, nonostante l'evidenza, nega che l'oscuro signore sia tornato, nega che ci sia qualcuno che vuole condurre il mondo alla morte.

Invia pertanto un insegnante che pian piano assumerà il controllo totale sulla scuola, trasformando l'insegnamento in qualcosa di totalmente astratto, proprio perché avulso dalla realtà, dove invece il male esiste e bisogna prepararsi ad affrontarlo.Harry Potter ed i suoi amici decideranno di prepararsi in segreto ad affrontare il male.

È sicuramente uno degli aspetti nei quali la saga di Harry Potter rispecchia realmente la crisi educativa in cui ci troviamo – ed anche la crisi della catechesi. Genitori ed educatori pretendono, talvolta, che il tema del male sia bandito, perché pensano che impaurisca le giovani generazioni. È vero che la paura del giovane deve essere vinta, ma non può essere vinta fingendo che il male non esiste.

Anche nella catechesi il tema del male (e del peccato) è poco frequentato e l’antico insegnamento della vita cristiana come lotta è spesso assente. Nelle discussioni fra catecheti il “combattimento” emerge soprattutto come contrapposizione di diverse posizioni pastorali – e lì si pretende di individuare una netta contrapposizione fra bene e male, fra buoni e cattivi – mentre toni forti analoghi non vengono utilizzati nei confronti di nessun’altra questione. Raramente emerge, ad esempio, la questione del peccato del mondo che si oppone al Cristo – e non solo del peccato dei cristiani – e del peccato che ognuno porta nel cuore. Pressoché assente è la riproposizione del messaggio biblico, quando afferma che il peccato conduce alla morte

La prospettiva delle due vie, quella della vita e quella della morte, presente dal Deuteronomio al vangelo della casa sulla roccia, dall’annuncio dei “beati” alla messa in guardia dei “guai” corrispettivi, dai frutti dello Spirito all’opera della carne, fino al conflitto con il mondo nel quarto evangelo per non parlare del giudizio finale con la sua dichiarazione di un pianto e di uno stridore di denti, sembra caduta in disuso.

Eppure tali testi non hanno un intento moralistico. Non vogliono accusare una parte del mondo di essere cattiva. Vogliono piuttosto affermare che esiste una via che porta alla morte. E lo si dice proprio perché non si ritiene l'altro semplicemente cattivo. Piuttosto, amandolo, lo si vuole illuminare.

L'ideologia del “politicamente corretto” impone, invece, che si crei un contrasto ombra/luce solo fra modi di vivere nella chiesa, mai fra lo spirito del vangelo e lo spirito del mondo.

In Harry Potter, invece, il tema del bene che si deve misurare con il male è centrale. Seguire un ragazzo che passa dagli 11 ai 17 anni – questo è lo sviluppo di Harry Potter – vuol dire affrontare insieme a lui la sfida del male, chiamando il male per nome. E smettendo di fingere che non esiste.

2/ I nostri ragazzi hanno letto migliaia di pagine nei sette volumi di Harry Potter: possiamo trattarli ancora da analfabeti?

Parlo con una ragazza di III media. Mi dice che ha letto tutto Harry Potter in I media. Ha iniziato e non si è fermata finché non ha letto tutti i volumi. Migliaia di pagine! In I media!

Un’altra mi dice, addirittura, che lo ha letto tutto in IV elementare! Certo non tutti i bambini ed i ragazzi leggono come questi due casi. Ma i più svegli sì! In IV elementare!

E talvolta vengono trattati nella catechesi come se fossero dei bambini, con disegni da colorare e con storielline su Gesù. Questi ragazzi leggono, pensano, riflettono, invece! La catechesi deve rispondere ai più svegli di loro e solo così appassionerà anche gli altri.

Il parroco della ragazza in questione mi dice: «È fondamentale non essere infantili con i bambini ed i ragazzi. Io preferisco che non capiscano qualcosa, ma che sentano che io dico cose grandi e importanti. Talvolta glielo dico esplicitamente: “Queste cose adesso non le potete capire, le capirete quando sarete grandi”. Guai se dovesse giungere loro il messaggio che il cristianesimo è una cosa da bambini».

3/ Ancora su Harry Potter: il contesto della presentazione degli affetti

Merita soffermarsi sul fatto che le relazioni affettive fra ragazzi e ragazze in Harry Potter sono presenti e significative – a partire dal quarto volume in poi – ma sempre all'interno di un contesto che le relativizza. I protagonisti, pur soffrendo e gioendo della dimensione affettiva che matura in loro, non ne sono presi come se fosse l'unicum. Al centro c'è piuttosto la lotta tra il bene ed il male, alla quale tutti sentono di dover dare il loro precipuo contributo.

In una scena straordinaria della versione cinematografica Harry Potter e Ginny stanno per baciarsi. Ma non c’è tempo... improvvisamente la battaglia divampa e si deve lasciare tutto, anche quel bacio non dato, per combattere. Bisogna prima affrontare il male e sconfiggerlo, bisogna prima combattere per salvare la vita di Hogwarts e dei suoi studenti.

Questo situare la dimensione affettiva in un contesto più ampio merita un plauso, perché tale è la situazione reale dei nostri ragazzi. Tale è nella loro stessa auto-considerazione se non vengono spenti in maniera ideologica i loro interessi e le loro passioni vitali.

Questa gerarchia in Harry Potter, per la quale l’innamorarsi non ha il posto supremo, affascina e convince.

Qui il video dell'attacco alla Tana dei Mangiamorte con Harry Potter e Ginny che stanno per baciarsi

4/ Ancora su Harry Potter: il male non ama

I seguaci di Voldemort litigano fra di loro addirittura per decidere chi deve uccidere Harry Potter. L’assenza di amore e di amicizia fra di loro è assoluta. Non sembra un espediente letterario per tagliare con l’accetta il bene e il male. È piuttosto un modo estremamente realistico per mostrare che il male è assenza di amore, assenza di bene.

Harry ed i suoi commettono errori ed anche possono offendersi a vicenda, ma sono alla ricerca dell’amicizia e provano amore e gioia. Non così nel campo del male, dove l’amicizia è bandita e la gioia non ha spazio.

5/ Citazioni bibliche in Harry Potter

Almeno tre volte è citata la Scrittura nell’ultimo volume della saga, Harry Potter e i doni della morte.

Nel cimitero di Godric’s Hollow Harry trova scritto prima: «Dove si trova il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore» (Harry Potter e i doni della morte, p. 301). La citazione è da Mt 6,21.

Poi, sulla tomba dei genitori trova scritto «L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte» (Harry Potter e i doni della morte, p. 304). La citazione è da 1 Cor 15,26.

La terza citazione è più evocativa. Nell’ultimo dialogo prima del duello finale, fra Harry e Voldemort, quest’ultimo ricorda che Silente sosteneva che «l’amore vince la morte» (espressione proverbiale nei maestri spirituali cristiani, costruita a partire da «Chi non ama rimane nella morte», 1 Gv 3,14,  e «Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede»,1 Gv 5,4).

Interessante è che non sia sufficiente l’amore - di cui Harry Potter è circondato e che porta nel cuore fino a sacrificarsi - per poter vincere Voldemort. Bisogna anche avere «un’arma più potente» di quella di Voldemort (cfr. Harry Potter e i doni della morte, p. 679).

Non basta l’amore, serve la potenza! Un cristiano direbbe: serve che l’amore sia quello dell’Onnipotente!

La citazione iniziale di Harry Potter e i doni della morte, p. 9, tratta dalle Coefore di Eschilo, pur nella sua ambiguità, sembra andare nella stessa direzione:

Oh, le pene della stirpe,
l'urlo orrendo della morte
e il colpo che vibra profondo,
la ferita inguaribile, il dolore,
la maledizione che nessuno può sopportare.

Ma c'è una medicina nella casa,
no, non là fuori, no,
non giunge da estranei ma da loro,
è la loro lotta di sangue. Noi vi preghiamo,
oscuri dei del sottosuolo.

Udite, dei della terra profonda,
rispondete al richiamo, dateci il vostro aiuto.
E benedite i figli, che ottengano la vittoria.

La medicina è certamente nella casa, è nella lotta di sangue dei giovani che affrontano il male, ma è al contempo al di fuori della casa. Senza l’aiuto degli dei, nessuna vittoria è possibile. Senza la grazia, la guerra sarebbe persa. 

6/ 19 anni dopo...

Il finale di Harry Potter sorprende. Come ogni vero finale. 19 anni dopo Harry Potter e Ginny sono diventati marito e moglie. E padre e madre di una discendenza. Essi hanno scelto di generare così come sono stati generati. E accompagnano al treno per Hogwarts una nuova generazione di figli. La vita continua a scorrere perché chi è stato figlio accetta di divenire padre e chi è stato allievo accetta di divenire educatore.

La catechesi ha bisogno di questa prospettiva. Ne ha bisogno non solo quando parla agli adulti, ma anche quando si rivolge ai bambini. Si parla ad un bambino, indicandogli che un giorno sarà anche lui padre. Solo così si trafigge il suo cuore.

Un bambino non si innamora della lotta per la vita attraverso dei giochini. Si innamora perché intravede una meta alta.

Appendice (o settimo post): Harry Potter e la confermazione 

«Ci sei quasi» disse James. «Sei molto vicino. Noi siamo... fieri di te»[1].

È un dialogo semplice quello fra Harry Potter e le figure dei suoi genitori che improvvisamente appaiono prima che egli venga “ucciso”.

Essi vengono a “confermarlo”. A “confermarlo” non in una banale approvazione buonista, bensì a sostenerlo perché è il momento che egli doni se stesso fino a morire.

Di questa conferma hanno bisogno i nostri ragazzi. Che valga la pena donarsi fino a morire. Che ci sia qualcosa per cui vale la pena vivere e morire. E che i grandi credano in questo, perché anche i loro figli intraprendano la stessa strada.

La madre Lily dice ad Harry: «Sei stato coraggioso», invitandolo implicitamente a proseguire, mentre giunge l'ora decisiva. Ed alla domanda di Harry «Resterete con me?» il padre risponde «Fino alla fine».

L'educazione, anche quella di impostazione cristiana, sembra tutta sbilanciata ad interrogare i ragazzi, chiedendo loro se vogliono confermare i valori ricevuti da ragazzi. Ad esempio, nel cammino della Cresima, l'atteggiamento abituale dei catechisti sembra essere quello di domandare se i giovani vogliono oggi dare il loro assenso ad una lontana promessa fatta dai genitori.

Tutt'altro potrebbe – e, crediamo, dovrebbe – essere un vero atteggiamento educativo. Gli adulti dovrebbero, loro per primi, ora che il gioco diviene difficile e non più scontato, rinnovare la loro promessa ed assicurare che ne vale la pena. Essi per primi dovrebbero trovare le parole ed i gesti per confermare i ragazzi che quella è la via della vita, anche se si tratta di morire.

Solo in seconda battuta sarebbe poi la volta dei ragazzi di dire il loro assenso. Il loro assenso non ad un'antica promessa fatta nel lontano Battesimo, bensì all'assicurazione appena confermatagli dai grandi che li amano.

Harry Potter dice infine alla madre «Stammi vicino». E la Rowling prosegue poi raccontando l'azione del ragazzo: «E si avviò».

Certo il testo della saga di Harry Potter non ha un intento sacramentale, ma suggerisce qualcosa ad una società ed ad una chiesa che vuole parlare di fortezza e di confermazione alle nuove generazioni.

Note al testo

[1] J.K. Rowling, Harry Potter e i doni della morte, Salani, Milano, 2008, pp. 642-643. Anche le citazioni successive fanno riferimento alle stesse pagine.