I “misteri” della vita di Cristo (da Raniero Cantalamessa)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 28 /04 /2012 - 22:59 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da R. Cantalamessa, I misteri di Cristo nella vita della Chiesa, Ancora, Milano, 1991, pp. 5-13, l’Introduzione quasi completa al volume che spiega l’utilizzo del termine “misteri” in riferimento alla presentazione della vita del Signore. Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 512 ss.) suggerisce un’impostazione della catechesi sul Cristo a partire dai “misteri”. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (28/4/2012)

«La sua nascita, la sua crescita, i suoi miracoli, la sua passione e la sua risurrezione non accaddero soltanto in quel tempo, ma operano anche oggi in noi».
(Origene, In Lucam Hom. VII, 7)

«Tutto quello che è accaduto nella croce di Cristo, nella sepoltura, nella risurrezione al terzo giorno, nell'ascensione al cielo, nella sessione alla destra del Padre, è accaduto in modo tale che in queste cose venisse raffigurata misticamente, non solo con le parole ma anche con i fatti, la vita cristiana che si svolge quaggiù».
(S. Agostino, Enchiridion, 53)

La parola «misteri» ha avuto, nella tradizione cristiana, due accezioni fondamentali: una storica e una sacramentale. Nell'accezione storica, misteri sono gli eventi stessi, prima prefigurati nell'Antico Testamento e poi realizzati da Cristo nel Nuovo, in quanto sono carichi di un significato salvifico che trascende lo spazio e il tempo.

Indicano dunque il fatto, più il significato del fatto. «Discese dal cielo per la nostra salvezza», «morì per i nostri peccati», «risorse per la nostra giustificazione»: queste frasi ed altre analoghe - formate da un verbo che indica l'evento e da un complemento che indica il significato dell' evento - entrarono ben presto a far parte dei simboli di fede. Esse designano quello che si intende, anche in questo libro [R. Cantalamessa, I misteri di Cristo nella vita della Chiesa, Ancora, Milano, 1991], per «misteri della vita di Cristo».

Nell'accezione sacramentale, la parola «misteri» (mysteria) indica invece i riti sacri o i segni, attraverso i quali quegli avvenimenti storici vengono rappresentati e attualizzati nella liturgia della Chiesa.

La spiritualità ortodossa ha privilegiato questa seconda accezione, sviluppando una spiritualità misterica tutta incentrata sui sacramenti (battesimo, cresima ed eucaristia), come si può vedere leggendo la splendida sintesi di Nicola Cabasilas, del medioevo bizantino, intitolata «La vita in Cristo».

La spiritualità latina ha sviluppato, di preferenza, l'altra linea, quella «storica», creando addirittura, a questo riguardo, un nuovo genere letterario, quello della «meditazione dei misteri di Cristo». (I «misteri di Cristo» sono una cosa diversa dai «misteri del cristianesimo», che indicano, come nell'opera famosa dello Scheeben, le verità di fede e i dogmi della Chiesa).

Si tratta, evidentemente, di accentuazioni diverse e complementari, perché è chiaro che il mistero cristiano, completo e integrale, comprende l'una e l'altra cosa insieme. Esso, anzi, non si ferma neppure a questi due livelli, perché, accanto al livello storico degli eventi salvifici e a quello sacramentale della ripetizione mistica, comporta anche il livello morale o esistenziale dell'imitazione pratica, a cui tutto deve tendere.

Le feste liturgiche, dette anch'esse, talvolta, «misteri» (sacramenta) rappresentano già una sintesi di queste diverse prospettive. Da una parte, infatti, con la loro ricorrenza anniversaria, esse richiamano alla mente l'evento che commemorano; dall'altra, con i riti che comportano, rendono presenti e operanti, nei segni, quegli stessi eventi. [...]

Il genere tradizionale della meditazione dei misteri di Cristo, dopo il suo apogeo medioevale, è andato declinando sempre più, a causa di diversi fattori negativi e in particolare della piega troppo devozionistica da essa assunta, che la isolava dal resto della teologia, impedendole di rinnovarsi.

In tempi recenti, sono intervenuti dei fattori nuovi che hanno riavvicinato la teologia e l'esegesi alla prospettiva dei misteri, rendendo possibile una ripresa, su basi rinnovate, di questo venerando filone della letteratura spirituale cristiana. Accenno velocemente ai più significativi di tali fattori, che sono anche quelli dai quali mi sono lasciato io stesso guidare.

In seguito all'incontro con la cultura ellenistica, la trattazione su Cristo si era orientata sempre più in senso ontologico, interessandosi quasi solo del fondamento della salvezza, cioè della costituzione della persona del Salvatore, vero uomo e vero Dio. Con la riscoperta moderna della dimensione storica, la teologia è tornata a interessarsi non solo del fondamento, ma anche dello svolgimento della salvezza. Ne è scaturita quella che si chiama la «cristologia narrativa», cioè una cristologia che segue da vicino l'evolversi della salvezza e della rivelazione nella vita di Gesù. Di colpo, gli avvenimenti concreti della storia di Cristo riacquistano un'importanza fondamentale.

Contemporaneamente, la maggiore valorizzazione dell'umanità del Salvatore, il riconoscimento di una sua crescita in consapevolezza e accettazione della sua missione, fanno sì che avvenimenti come il battesimo nel Giordano, la trasfigurazione, il Getsemani, non siano più visti come semplici manifestazioni successive di una realtà e santità già presenti in Cristo fin dall'inizio e che il passar del tempo non può né accrescere né diminuire, ma siano visti invece come avvenimenti reali, come tappe fondamentali della storia della salvezza, nelle quali qualcosa di nuovo avviene, e non solo «per noi», per la nostra edificazione, ma anche per lo stesso Gesù.

Un altro fattore è la riscoperta recente dell'importanza del Gesù storico, che per un certo tempo era stato lasciato in disparte, per privilegiare il cosiddetto Cristo della fede. Questo nuovo interesse ha messo in luce che vi sono, nella vita terrena di Gesù, dei nuclei fondamentali accertabili anche storicamente e che non siamo, perciò, condannati a non poter dire nulla di fondato sulle vicende e i fatti che hanno contrassegnato la vita terrena di Cristo.

Naturalmente, tutto questo non giustifica che si torni a insistere troppo sui dettagli della vita di Gesù, sui suoi sentimenti, i suoi stati d'animo, nel tentativo di diventare quasi suoi contemporanei e spettatori oculari degli avvenimenti. (Cosa, questa, che ha rappresentato talvolta, in passato, l'elemento più caduco della meditazione dei misteri).

Nell'accostarci ai misteri di Cristo non possiamo fare leva tanto sulla carne, o sulla lettera, quanto sullo Spirito, perché è nel Signore risorto, nel Kyrios vivente secondo lo Spirito, che noi possiamo entrare in un contatto vivo con i suoi misteri. Diversamente, questi resterebbero inesorabilmente fatti «passati», pure memorie da celebrare - direbbe Agostino - «a modo di anniversario, non di mistero» (cf. S. Agostino, Ep. 55, 1,2; CSEL 34, 1, p. 170). Se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne - diceva san Paolo -, ora non lo conosciamo più così (2 Cor 5, 16). «Contemporanei» di Cristo, presenti ai suoi misteri, non si diventa grazie alla storia, e tanto meno grazie alla immaginazione, ma solo grazie alla fede.

Anche l'altro elemento fondamentale della meditazione dei misteri di Cristo, che consiste nella loro applicazione alla Chiesa, ha trovato delle conferme sorprendenti nell'esegesi e nella teologia più recenti. Il metodo della «storia delle forme» ha messo in luce che il Nuovo Testamento è nato nella Chiesa e per la Chiesa, che questa ne rappresenta, per così dire, il «Sitz im Leben». I racconti neotestamentari sono perciò, nella loro stessa origine, «ecclesiali», cioè destinati all'edificazione della fede della Chiesa, messi per iscritto per rispondere ai suoi bisogni, per fornirle indicazioni e modelli. Come dire che l'applicazione dei misteri di Cristo alla vita della Chiesa non è qualcosa di arbitrario o di aggiunto, ma, in certo senso, qualcosa di costitutivo.

La meditazione dei misteri, con la preoccupazione «edificante» che l'ha sempre caratterizzata, potrebbe, dunque, tornare ad essere uno strumento ideale per accostarsi fruttuosamente alla Scrittura e alla persona di Cristo, nel momento in cui si comincia ad avvertire da più parti l'insufficienza di un approccio esclusivamente storico-critico alla Bibbia. La dimensione edificante, infatti, non può essere mai separata del tutto da quella scientifica, quando si tratta della Parola di Dio. «Dal punto di vista cristiano - è stato scritto -, tutto, proprio tutto, deve essere edificante e quel genere di rappresentazione scientifica che non finisce per edificare è, proprio per questo, anticristiano» (S. Kierkegaard, La malattia mortale, pref., in Opere, a cura di C. Fabro, Firenze 1972, p. 621).

Un altro fattore, legato al precedente, che incoraggia, in questa applicazione dei misteri di Cristo alla Chiesa, è la rivalutazione in atto, anche da parte di taluni eminenti esegeti, della cosiddetta lettura spirituale della Bibbia. La lettura spirituale insegna a leggere l'Antico Testamento in riferimento al Nuovo e il Nuovo Testamento in riferimento alla Chiesa (cf. H. de Lubac, Storia e Spirito, Roma 1971, pp. 303 ss.). Tale lettura è già avviata da san Paolo, quando dice che noi siamo stati crocifissi con Cristo, sepolti con lui, risorti con lui, ascesi con lui al cielo; oppure che noi dobbiamo morire con Cristo, compiere in noi ciò che manca alla sua passione, risorgere con lui, cercare le cose di lassù dove lui è assiso...

Ciò che è avvenuto una volta nel Capo, deve avvenire ogni giorno nelle membra. Se l'Antico Testamento era figura, o tipo, del Nuovo, anche il Nuovo è figura e tipo della Chiesa, nel senso non più di profezia o di abbozzo, ma di norma e modello, di realizzazione, appunto, «tipica» da imitare. I Padri hanno raccolto e sviluppato questo punto di vista, nel contesto della dottrina del corpo mistico.

Un ultimo criterio, dal quale ho cercato di lasciarmi guidare [...], è quello che i Padri esprimevano con l'equazione «Ecclesia vel anima», la Chiesa ovvero l'anima. Con esso si intende affermare che tutto quello che nella Scrittura si dice universalmente della Chiesa, si deve applicare anche personalmente a ogni singolo credente.

Interiorizzazione e attualizzazione vanno di pari passo. La parola di Dio deve diventare vera «ora» e «per me». Senza questa prospettiva, la meditazione dei misteri di Cristo non avrebbe quella straordinaria incidenza sulla vita e la crescita interiore del cristiano che è stata sempre la sua caratteristica.

Ecco un esempio di questa applicazione, in chiave personale e morale, dei misteri della vita di Cristo, tratto da sant'Agostino: «Cristo ha patito; moriamo al peccato. Cristo è risuscitato; viviamo per Dio. Cristo è passato da questo mondo al Padre; non si attacchi qui il nostro cuore, ma lo segua nelle cose di lassù. Il nostro Capo fu appeso sul legno; crocifiggiamo la concupiscenza della carne. Giacque nel sepolcro; sepolti con lui dimentichiamo le cose passate. Siede in cielo; trasferiamo i nostri desideri alle cose supreme. Dovrà venire come giudice; non lasciamoci aggiogare con gli infedeli. Egli risusciterà anche i corpi dei morti; al corpo destinato a mutare procuriamo meriti, mutando mentalità» (Sermo 229/D, l; PLS 2, 724).

Lo scopo finale della meditazione dei misteri, come appare da questo testo, è dunque il cambiamento di mentalità, cioè la conversione dell'uomo e la sua progressiva trasformazione in Cristo. Essere per Cristo - come diceva la beata Elisabetta della Trinità - «quasi un 'umanità aggiunta, nella quale egli possa rinnovare tutto il suo mistero».

Questi che ho elencati brevemente sono alcuni fattori o criteri oggettivi che giustificano, oggi, una ripresa del genere tradizionale della meditazione dei misteri di Cristo. Ma è chiaro che da soli essi non bastano a rinnovare davvero tale genere, a rinnovarlo spiritualmente, oltre che teologicamente. Questo lo può fare solo lo Spirito Santo. Io amo dire che lo Spirito Santo non fa cose nuove, ma fa nuove le cose. E una delle cose che egli può fare «nuova», è proprio la meditazione dei misteri di Cristo. L'unzione dello Spirito è più necessaria ancora che una sana esegesi e teologia, per accostarsi a Cristo. Solo lui ci può permettere di fare nostra quella bella frase di sant' Ambrogio: «Tu, o Cristo, ti mostri a me a faccia a faccia. Io ti incontro nei tuoi misteri!» (Apol. David, 58; PL 14, 875).

La lista dei misteri della vita di Gesù è stata sempre assai elastica. Va da quella sobria ed essenziale del Simbolo apostolico che menziona nascita, passione, morte, risurrezione e ascensione, alle liste medioevali che giungono fino a comprendere, talvolta, oltre quaranta misteri diversi. Quelli presi in esame in questa raccolta sono gli stessi che la Chiesa celebra nelle sue principali festività liturgiche: Natale, con l'Annunciazione e la Presentazione di Gesù al Tempio, Battesimo di Cristo, istituzione dell'Eucaristia, Pasqua e Pentecoste. Un fatto alquanto nuovo e inusitato è l'inserimento, in questa serie, del mistero della predicazione di Gesù e, più ancora, del mistero della Pentecoste. Di questo, però, a suo luogo si spiegherà la ragione.

Una parola infine sullo scopo pratico e i destinatari di questo libro. Nel medioevo, la meditazione dei misteri di Cristo era orientata quasi esclusivamente alla devozione privata. Ora, come si è accennato, essa sta tornando a essere orientata anche alla catechesi, alla teologia, alla predicazione e, in genere, all'edificazione e all'approfondimento della fede, proprio come era all'inizio, quando le narrazioni evangeliche presero «forma» nella Chiesa, e all'epoca dei Padri, quando non esisteva ancora una distinzione così marcata tra teologia, esegesi e spiritualità. [...]