«La vera questione è quella della nostra vocazione: cosa dobbiamo fare per costruire la storia?» [Giovanni Paolo II] Unì Giovanni della Croce, Scheler e Tommaso, di Joseph Ratzinger

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 17 /06 /2012 - 17:54 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 14/6/2012 un breve testo dell’allora cardinale J. Ratzinger, pubblicato in George Weigel, La fine e l’inizio. Giovanni Pao­lo II: la vittoria sul comunismo, gli ulti­mi anni, l’eredità, Cantagalli, da un’intervista di George Weigel al cardinale Joseph Ratzinger, del 12 settembre 1996. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (18/6/2012)

Il tema principale del Santo Padre da professore e da pontefice è stato l’antropologia. Nel confronto con il marxismo il problema principale non era tanto fisico, dimostrare Dio a partire dalla fisica o dalle scienze naturali, il vero problema era quello dell’uomo: l’essere umano.

Perché la vera questione è quella della nostra vocazione: cosa dobbiamo fare per costruire la storia? Il problema del marxismo non derivava dalle scienze naturali, ma da una visione storico­antropologica di cosa sia l’uomo e di come si possa salvare. Il modo in cui uno pensa alla filosofia della storia determina anche la sua filosofia della salvezza. Con una idea materialistica della storia, la liberazione […] sarà realizzata in una redenzione naturale degli esseri umani, un tempo oppressi dal potere economico, ma ora resi liberi da una giusta comprensione e applicazione del meccanismo della storia. Di conseguenza il Santo Padre aveva visto che il vero problema è: 'Cosa è l’uomo e come agisce nella storia? Qual è la risposta cristiana sull’esistenza umana?'.

Inoltre credeva che la visione cristiana della storia fosse una risposta più adeguata di quella offerta dal marxismo. […] Nella sua visione dell’uomo e della storia - e del paragone tra l’uomo e la storia - la questione di Dio è quella decisiva. Per il pensiero liberale, in modo completamente diverso dal marxismo, lo sviluppo in quanto tale domina la storia ed è decisivo per l’uomo.

Per il Santo Padre l’assenza di Dio è decisiva e l’unica vera antropologia è l’antropologia di Dio e dell’uomo. […] La sua riflessione filosofica è la necessaria conseguenza di quello che c’è nel profondo del suo cuore. Il suo studio dei mistici era uno studio dell’uomo, uno studio dell’esistenza umana. E l’esistenza umana in san Giovanni della Croce si può intendere come una realtà teologica nell’apertura umana a Dio.

Per me la sua prima enciclica, la Redemptor hominis, rappresenta davvero una sintesi del suo pensiero. Qui possiamo riconoscere come questa passione per l’antropologia non sia soltanto intellettuale, ma sia una passione totale per l’uomo - e anche la perfetta identificazione tra l’interesse filosofico e razionale (da una parte) con la fede e il lavoro di sacerdote con quello di teologo (dall’altra). Questo è davvero un testo chiave per comprendere il Santo Padre come figura spirituale ed intellettuale.

Ma la spiritualità e l’intellettualità sono in realtà una cosa sola, come in Giovanni della Croce la contemplazione mistica e la riflessione antropologico-filosofica non sono separate, ma essenzialmente una stessa cosa.

Dopo lo studio della neoscolastica trovò interessante scoprire la filosofia fenomenologica degli anni ’20. Qui infatti, pur mantenendo una distanza critica da Scheler, trovò la possibilità di una sintesi tra la metafisica e l’antropologia e tra la fenomenologia ciò che appare e la concezione metafisica dell’uomo.