Storia di Rocco che voleva solo essere ricco e immortale, di Giacomo Poretti (di Aldo, Giovanni e Giacomo)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 04 /07 /2012 - 15:02 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da La stampa del 29/04/2012 un articolo di Giacomo Poretti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Di Giacomo Poretti vedi su questo stesso sito anche i video

ed i testi

Il Centro culturale Gli scritti (4/7/2012)

Questa è la storia di Rocco. Rocco aveva un solo desiderio: essere ricco. Dopo aver desiderato di essere ricco, pensò che doveva essere anche immortale, perché la ricchezza è talmente bella che tutti cercano di portartela via: moglie, figli, parenti, amici, nemici, poveri, ministero delle finanze, banche, galleristi e venditori di auto e di orologi…

Tutti sono invidiosi dei tuoi soldi, persino Dio è invidioso e per questo vuole farti morire. E allora come proteggere la tua ricchezza? Con le azioni? Hedge fund? Investimenti immobiliari? Diamanti? Fatturare a Reggio Emilia e avere la residenza fiscale a Montecarlo? No, fregandoli tutti e diventando immortale. Ma come si diventa ricchi e dove la si trova l’immortalità?

Rocco manifestò queste tendenze e desideri fin da bambino: si racconta che all’asilo nido desse la mancia alle suore tutte le volte che gli veniva cambiato il pannolino. Dove si procurasse i soldi per le mance è tuttora coperto dal segreto istruttorio. Ma dove procurarsi l’immortalità?

Questa lacerante domanda accompagnò Rocco nei suoi primissimi anni di vita, finché finalmente, dopo un episodio febbrile acuto che gli procurò le convulsioni, ebbe un’intuizione geniale e decise di chiederla, l’immortalità a Babbo Natale. A tre anni, scrivendogli la sua prima letterina, si potevano leggere le seguenti sconcertanti parole: «Egregio Dottor Natale, sarebbe bello se il giorno di Natale mi svegliassi e sotto l’albero trovassi un bel sacco di monete d’oro in valuta pregiata e una Hummer color mimetizzato. Si risparmi puzzle, peluche e marchingegni elettronici, mi faccia trovare invece un attestato di Immortalità e le assicuro che non rivelerò ai bimbi del quartiere la sua vera identità».

Quel Natale il papà e la mamma di Rocco gli fecero trovare sotto l’albero tre pacchettini: il primo conteneva 25 euro in monete di cioccolato, il secondo una macchinina Fiat Duna color giallo ocra, e il terzo, non sapendo dove procurarsi una certificazione di Immortalità, conteneva una letterina con su scritto: «Ti vorremo bene per sempre. Firmato Mamma e Papà».

Il bambino che voleva diventare ricco dopo le vacanze di Natale si recò all’asilo portando con sé i pacchettini dei regali e diede inizio alla sua fortuna colossale: iniziò con lo scambiare due monete di cioccolato contro una moneta da un euro. Perché lui a tre anni non amava il cioccolato, ma il sapore del denaro lo mandava in sollucchero.

Scambiò la Duna con un iPhone del bambino più agiato dell’asilo, tale Fistallani, facendogli credere che con quella macchina avrebbe sicuramente rimorchiato. Rivendette poi lo stesso telefonino allo stesso Fistallani convincendolo che già la Duna era una macchina così così, ma senza un telefonino sarebbe stata proprio una macchina di merda. Il bambino agiato Fistallani pensò che Rocco fosse una persona molto profonda, lo ringraziò del consiglio e ricomprò il suo telefonino per appena 250 euro.

Nei mesi successivi Rocco eseguiva i tagliandi alla Duna di Fistallani facendosi pagare 300 euro ogni volta. Rocco era anche l’assicuratore di Fistallani: la Duna fu assicurata per un valore di 58.000 euro, e con scadenza trimestrale Fistallani pagava 856 euro di polizza che lo garantiva da rc, furti e incendi. Al secondo anno d’asilo scadde il leasing e Fistallani pagò a Rocco 1250 euro per il riscatto.

Infine vendette il bigliettino «Ti vorremo bene per sempre, mamma e papà» a Preda, l’orfano della classe. Preda gli era simpatico e si fece dare solo 20 euro. Ogni sei mesi procurava a Preda bigliettini di quel tono facendogli credere che i suoi genitori non erano morti, ma immigrati nelle Filippine per cercare lavoro, e non possedendo più una casa in Italia scrivevano a Rocco quei biglietti. Tutte le volte Rocco si faceva dare da Preda 20 euro, dicendo che erano per le spese postali. Preda leggeva i bigliettini che invariabilmente dicevano la stessa frase («Ti vorremo bene per sempre») e piangeva commosso. Tramite Rocco, l’affetto dei genitori di Preda non venne mai meno.

Dopo tre anni d’asilo Rocco aveva un discreto conto in banca. Le suore, con i soldi delle mance potevano permettersi le calze di seta. Fistallani aveva messo sul lastrico i suoi genitori. Cosa se ne facesse di tutti quei soldi Rocco, lo scopriremo un paio di decenni più avanti quando il nostro acquistò dei terreni destinati al pascolo e ci costruì un centro residenziale. Il primo acquirente fu Fistallani. Preda divenne l’amico più fedele di Rocco.

Passarono gli anni e Rocco diventò veramente ricco. Ebbe una vita molto divertente e piena di soddisfazioni. Con i suoi amici del cuore, Preda e Fistallani, condivideva le passioni calcistiche, il sarto a Londra e la stessa donna: a Fistallani toccava il conto del gioielliere, a Preda le lettere infuocate d’amore e a Rocco non rimaneva che portarsela a letto:qualcuno doveva pur farlo.

Insieme investirono in borsa, specularono sui derivati, fondarono società offshore, pilotarono il mercato dei cereali, investirono nel settore delle discariche, dell’energia eolica e nelle automobili a motori ibridi. Avevano partecipazioni importanti in società che si occupavano di agricoltura biologica, nei settori degli infestanti chimici e della ricerca farmacologia. Mettevano i soldi in Svizzera, poi li spostavano alle Bahamas e poi di nuovo in Svizzera, transitavano per qualche ora a Dubai, per poi tornare in un’isola caraibica. Fistallani non si ricordava mai dove aveva il conto corrente e finiva sempre per farsi prestare i soldi da Rocco.

Un giorno i tre amici fondarono un partito, solo perché Preda voleva diventare sindaco del suo paese. Fu eletto con il 97% dei consensi perché in campagna elettorale promise l’abolizione delle tasse e la costruzione di un asilo per orfani. Rocco divenne assessore alla finanza locale. Un giudice indagò sulle attività del suo assessorato e Rocco venne condannato a cinque anni di carcere per corruzione.

Non appena il giudice ebbe pronunciato la sentenza, Rocco stappò bottiglie di champagne con gli amici, invitò la cittadinanza ai festeggiamenti che si prolungarono per settimane con canti, balli, fuochi d’artificio ed esibizione nella piazza comunale delle Spice Girls offerta da Fistallani. Nel comizio conclusivo Rocco lanciò la proposta di riforma dell’elenco dei reati che prevedeva l’abolizione di: concussione, falso in bilancio, ricettazione, riciclaggio, aggiotaggio.

Era convinto che la gente avesse bisogno di una giustizia semplice ed efficace. Non a caso un disegno di legge del suo partito prevedeva la riforma dell’elenco dei reati con una drastica riduzione del numero degli stessi. Massimo due: pornografia minorile e vilipendio alla bandiera. In questo modo sarebbe stato più semplice riconoscere le persone oneste dai delinquenti. I giudici avrebbero beneficiato di uno sgravio notevole di lavoro e finalmente i processi sarebbero potuti terminare in tempi brevi.

Prima che la giustizia del suo paese fosse riformata, Rocco morì. Era gennaio, la gente si ammalava di influenza, ma Rocco che si sentiva immortale non faceva il vaccino antinfluenzale, anzi ai primi starnuti si metteva a torso nudo con Preda e Fistallani sul balcone e fischiava alle ragazze che passavano. Una polmonite se lo portò via una mattina. Rocco capì di essere morto quando, stando in fila con un sacco di gente, vide i genitori di Preda. Si vergognò e abbassò gli occhi, ma la mamma di Preda si avvicinò e gli regalò una moneta di cioccolato.

Non osava guardare le persone negli occhi, temeva di incontrare i genitori di Fistallani che per causa sua erano morti poverissimi. Tutti avevano monete di cioccolato, e si accorse che a distribuire tutto quel cioccolato era un signore vecchio e calmissimo, ad ognuno dava una carezza sulla testa e una moneta di cioccolato. Pensò che dovesse essere Babbo Natale, ma Babbo Natale era dietro di lui in coda che aspettava la sua moneta di cioccolato. In quell’androne enorme dove tutti stavano in fila Rocco riconobbe faccendieri, finanzieri, concussi, zoccole, cassintegrati, orfani.

Amaramente si rese conto di essere morto e pensando alla sua vita ebbe un attimo di terrore perché ora lo attendeva l’inferno. Infatti vide una porta proprio con la scritta che temeva: Inferno. Si avvicinò, esitò qualche istante e poi si fece coraggio ed entrò. Con stupore vide che l’inferno era vuoto.

Si sentì battere dolcemente sulla spalla, si girò: erano i suoi genitori, erano raggianti di felicità, lo abbracciarono e gli sussurrarono: «Ti abbiamo sempre voluto bene», poi gli offrirono un biglietto di cioccolato da 500 euro. Rocco per la prima volta nella sua vita assaggiò il cioccolato e dopo un morso disse: «Uhm non male, conoscete per caso l’amministratore delegato?».