I suicidi di David Rossi e Andrea Zampi. Padre Brown avrebbe fatto «entrare la luce del sole», di Annalisa Teggi

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 24 /03 /2013 - 14:12 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un articolo di Annalisa Teggi pubblicato il 7/3/2013. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (24/3/2013)

Qualsiasi storia rappresenti la nostra vita come qualcosa di pericoloso e sorprendente è più vera di quelle che la descrivono pervasa dal dubbio. Perché la vita è una lotta e non una conversazione.

G.K. Chesterton

Una pistola e una finestra: due vie di fuga dalla disperazione, l’esplosione e la caduta. Ieri, nello stesso giorno, si sono verificati due suicidi – uno nella mattinata, l’altro in serata. Da una parte Andrea Zampi (piccolo imprenditore), armato di pistola è entrato nel Palazzo della Regione a Perugia, ha sparato a due impiegate e poi si è ucciso; dall’altra David Rossi (responsabile dell’area comunicazione del Monte dei Paschi) si è buttato dalla finestra, precipitando nel buio di una stradina secondaria di Siena.

Storie diverse. La piccola impresa e la grande banca. Da una parte la depressione di un uomo che ha perso un finanziamento di circa 100.000 euro indispensabile per tenere in vita la propria attività e, dall’altra, il senso di colpa di un uomo invischiato (ma non ufficialmente indagato) nel brutto affare Mps da non-so-quanti-miliardi-di euro. L’uomo che chiede quel tanto di soldi per tenere in piedi un’opera e l’uomo che sta dentro il mondo dei grandi soldi. Storie diverse?

Non così tanto, in fondo, se l’epilogo è lo stesso. Il signor Chesterton sosteneva che la maggior parte di storie che ci propina il mondo moderno sono fatte da uomini sostanzialmente morti che s’interrogano su come mai sia possibile che qualcuno riesca ancora a vivere; per questo lui si mise a scrivere, invece, storie poliziesche in cui alcuni uomini vivi discutevano sul perché certi tal uomini fossero morti.

L’investigatore più famoso che creò fu Padre Brown. In uno dei racconti che lo vede protagonista, intitolato Il destino dei Darnaways, la scena si svolge in una ricca casa inglese, che sorge in mezzo al pantano di una palude; la casa è sprofondata nel fango ed è buia, essendo praticamente senza finestre. Sulla famiglia che abita lì pesa una maledizione e, riguardo a ciò, la gente che gravita attorno a loro si divide in razionalisti e superstiziosi: chi dice che è tutto frutto di semplici meccanismi nascosti da svelare, chi chiama in causa poteri occulti. Quando alla porta di quella casa bussa Padre Brown tutti pensano che lui sarà tra quelli favorevoli a una spiegazione ultraterrena: il prete propenderà di certo per il soprannaturale. E invece la prima battuta che egli pronuncia in quella casa è: «Io sono un amante della luce del sole». E la prima cosa che propone è cominciare a portare luce in quella casa, buttar giù pareti e fare finestre.

Di fronte alle tragedie umane non occorre far luce sulla scena al modo scientifico di CSI; bisogna far entrare la luce del sole dentro la casa dell’uomo che sprofonda nel pantano. Fino a quando ci limiteremo a fare un’analisi sommatoria delle colpe e delle cause che hanno portato a un suicidio, faremo un torto all’uomo. Gli faremo torto (lo faremo a noi stessi) anche quando, pur con tutta la più umana compassione, ci spingeremo a trovare nel gesto di togliersi la vita qualcosa di giustificabile.

Perché di solito, arrivati a questo punto della discussione, c’è quello che salta su e dice: “Tu la fai facile, e non sai che buio deve attraversare un uomo per arrivare a una scelta del genere”.  David e Andrea avevano alle spalle storie diverse, diamo al loro buio i nomi che vogliamo: senso di colpa e depressione; rimorsi per errori fatti e disperazione che arriva fino all’omicidio.

Un intrico oscuro, certo: perché la vita è una lotta e non una conversazione. Ma qualsiasi buio porti a un suicidio è e resta una conversazione (con la propria coscienza, coi propri demoni, con i propri fallimenti, con i propri rimorsi). È stare a finestre serrate.

Dobbiamo far la fatica concreta di avere pietà dell’uomo – di noi stessi, aiutandoci a rimanere sotto l’abbacinante luce del sole, dentro la lotta. “Il vero eroismo consiste nell’amarci dopo la disillusione” – eh già, caro signor Chesterton!