1/ Gli errori della legge anti omofobia, di Piero Ostellino 2/ Regolare le convinzioni morali è un vizio, di Piero Ostellino

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 18 /08 /2013 - 14:06 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal Corriere della sera del 3/8/2013 e del 10/8/2013 due articoli scritti da Piero Ostellino. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (18/8/2013)

1/ Gli errori della legge anti omofobia, di Piero Ostellino (3/8/2013)

Per quanto abbia cercato di individuare le (eventuali, ma assai recondite) ragioni eticamente immanenti al progetto di legge contro l'omofobia («avversità nei confronti dell'omosessualità»), non riesco a capire perché picchiare un omosessuale sarebbe un'aggravante, mentre picchiare me - che sono «solo» un essere umano senza particolari, selettive e distintive, qualificazioni sessuali - sarebbe meno grave. Picchiare qualcuno è un reato. Punto, basta e dovrebbe bastare.

Agli occhi di una persona dotata di normale senso comune, l'omosessualità non è, oggi, neppure «un vizio», come volevano, e in parte vogliono ancora, certi integralismi religiosi. La regolare frequentazione, la stessa amicizia, di omosessuali - senza il timore di apparire tali, che è, poi, l'altra faccia dell'omofobia - è qualcosa di più di una consuetudine diffusa. Del resto, la nostra stessa Costituzione, all'articolo 3, già esclude la discriminazione per ragioni di sesso, oltre che religiose, politiche e sociali.

Mi pare, invece, che il progetto di legge sull'omofobia ripristini, alla rovescia, la discriminazione, creando un surreale, e inquietante, precedente. Poiché, in certi ambienti, la solidarietà omosessuale rasenta il (legittimo) lobbismo, che facciamo, allora? Approviamo una legge che tuteli gli eterosessuali contro questa forma indiretta di discriminazione omosessuale nei loro confronti?

Ma c'è anche un altro versante della proposta di legge contro l'omofobia che merita una riflessione. La cultura dell'espansione indiscriminata dei diritti rischia, di questo passo, di portare, prima o poi, a sostenere che il cittadino biondo, con gli occhi azzurri e di pura razza ariana - che, poi, sarebbe, oggi, il titolare del pensiero unico «politicamente corretto» - debba godere di uno statuto speciale rispetto a chi la pensa diversamente. La strada che porta all'inferno del totalitarismo è notoriamente costellata di buone intenzioni.

L'omosessualità non è un diritto. È un dato di fatto, uno spicchio della realtà; è un aspetto della libertà sessuale. Spremete la realtà quanto volete e - come ha insegnato lo scetticismo scozzese - non ne sortirà una sola goccia di un principio morale.

Trasformarla, dunque, in un diritto giuridicamente protetto non ha alcun senso, dato che è già costituzionalmente tutelata e il costume, secolarizzato e generalizzato, ne sconsiglia l'avversione. Ad una persona di normale buon senso non verrebbe mai in mente, nel mondo in cui viviamo, non dico di picchiare, ma neppure di insultare e discriminare l'omosessuale. In tutta evidenza, non c'è bisogno di una legge contro l'omofobia, e impegnarne il Parlamento è un anacronismo persino ridicolo e pericoloso. La smania iper legislativista non realizza la democrazia, ma ne è la patologia che distrugge le libertà liberali.

Corriere della Sera RIPRODUZIONE RISERVATA

2/ Regolare le convinzioni morali è un vizio, di Piero Ostellino (10/08/2013)

Stabilire per legge ciò che è «politicamente corretto» e ciò che non lo è significa teorizzare, e codificare, il reato di opinione. È quello che ho cercato di spiegare nell'articolo in cui ho definito inutile la legge contro l'omofobia.

Pare, però, abbia sollevato la critica dei soliti «laici, democratici, antifascisti» in servizio permanente ed effettivo; che sono, poi, col fascismo storico - detto ironicamente, ma perspicuamente - l'altra forma di fascismo instauratasi dopo la caduta del primo e a seguito di una malintesa idea di democrazia. Insomma, che piaccia o no, molti italiani sono rimasti fascisti anche se non lo sanno e credono di essere progressisti.

Ho scritto che, per me, picchiare qualcuno è un reato. Punto e basta. Per i promotori del progetto di legge contro l'omofobia, picchiare un omosessuale è, invece, un'aggravante perché rivela un'«intenzione omofobica». Mi rendo conto che sarebbe pretendere troppo che certi nostri parlamentari conoscano la crociana «distinzione» fra Etica e Politica e Etica e Diritto.

Ma se, almeno, capissero che l'«intenzione omofobica» è un'opzione morale, che riguarda la soggettività delle coscienze, e picchiare qualcuno è un reato che riguarda, oggettivamente, il Diritto e che, confondendo l'una con l'altro, ci sia avvia su una china pericolosa, non mi parrebbe chiedere troppo da parte loro. Così, insisto.

L'«avversione per l'omosessualità» - ciò che chiamiamo omofobia - è un'opinione eticamente sbagliata e moralmente censurabile, ma non è un reato. Giuridicizzarla significa confondere Etica e Diritto e creare le condizioni del reato d'opinione.

Una volta approvata la proposta di legge contro l'omofobia, salterebbe fuori, prima o poi, qualche Procuratore della repubblica troppo zelante che si sentirebbe in dovere di «raddrizzare il legno storto dell'umanità» incriminando per omofobia chi dicesse che non si farebbe mai vedere in giro con un omosessuale. Una opinione stupida, ma pur sempre, e solo, un'opinione.

Se, inoltre, ciò comportasse anche il rischio di incriminazione dei credenti di religioni per i quali l'omosessualità è «un vizio», è una pratica «contro natura», saremmo nello Stato teocratico che assimila il peccato al reato. Sparirebbe la separazione fra Chiesa e Stato.

L'eccessiva regolamentazione dei comportamenti sociali, per non dire delle convinzioni morali, non è una virtù della democrazia, bensì è il vizio di ogni totalitarismo e di ogni autoritarismo. Non è neppure buona prassi democratica ritenerne l'indiscutibile applicazione del «governo della legge».

Nella democrazia liberale, tutto è permesso, salvo ciò che è espressamente proibito, e ciò che è, a sua volta, proibito, non dovrebbe essere la conseguenza di una cieca adesione al positivismo giuridico. Così ragionavano i giuristi nazisti e comunisti. La legge, se non è temperata dal Diritto naturale - le libertà individuali e i diritti soggettivi che conferiscono all'Uomo la sacralità di Persona - minaccia facilmente di diventare liberticida. I nostri legislatori dovrebbero saperlo e darsi una regolata.

Corriere della Sera RIPRODUZIONE RISERVATA