1/ A differenza di quel che Chruščëv fece solennemente nel 1956 con Stalin (morto appena tre anni prima), nessuno dei leader che si sono succeduti al potere a Pechino ha mai denunciato i crimini di Mao (da F. Rampini) 2/ Ritratto a "luci rosse" di Mao. Il medico personale rivela gli amori del Grande Timoniere, di Ennio Caretto 3/ Mao, tiranno ed erotomane (da Repubblica del 3/8/1994)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 06 /10 /2013 - 15:28 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati: , ,
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo da F. Rampini, L’ombra di Mao, Mondadori, Milano, 2009, due brevi brani, dal Corriere della sera del 3/10/1994 un articolo scritto da Ennio Caretto e da Repubblica del 3/8/1994 un articolo senza indicazione di autore. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (6/10/2013)

1/ A differenza di quel che Chruščëv fece solennemente nel 1956 con Stalin (morto appena tre anni prima), nessuno dei leader che si sono succeduti al potere a Pechino ha mai denunciato  i crimini di Mao (da F. Rampini)

da F. Rampini, L’ombra di Mao, Mondadori, Milano, 2009, pp. 8-11

Dopo la morte di Mao cominciarono a uscire libri di testimonianze e rivelazioni sulle sofferenze di quegli anni e anche sulla sua persona, dapprima pubblicati in cinese, ma a Hong Kong e a Taiwan, cioè fuori dai confini della censura nazionale, poi via via disponibili anche in Cina.

Il più celebre e il più dissacratore è stato senza dubbio il diario di ricordi del suo medico personale Li Zhisui, pubblicato per la prima volta nel1994 a Taiwan e negli Stati Uniti con il titolo «La vita privata del presidente Mao».

Il medico, che lo aveva assistito dal 1954 fino alla sua morte nel 1976, ha presentato un Mao Zedong egocentrico e presuntuoso, irascibile, amante del lusso, predatore sessuale, insicuro della propria cultura, vittima di periodiche e gravi depressioni, più furbo che intelligente. La sua crudeltà era talvolta il frutto di impulsi incontrollabili e patologici, altre volte il risultato di freddi calcoli per intimidire avversari e collaboratori, per imporre un clima di terrore funzionale al proprio potere tirannico. Questi tratti di carattere erano già stati oggetto di pettegolezzi e indiscrezioni, ma la testimonianza diretta, disinteressata e spassionata del suo medico vi aggiunse una solida credibilità.

Sia pure in maniera parziale e tra molte reticenze, anche la versione ufficiale della storia promulgata oggi da Pechino contiene delle critiche; si ammette che il Grande balzo in avanti provocò stenti e carestie tra il 1959 e il 1962, e che la Rivoluzione culturale tra il 1966 e il 1976 fu caratterizzata da eccessi, violenze, persecuzioni. Tuttavia quelle tragedie vengono liquidate in modo superficiale e sbrigativo. Per esempio, nei manuali di storia usati nelle scuole medie nel 2006, il Grande balzo in avanti, che provocò dai 20 ai 50 milioni di morti (le stime occidentali variano a seconda del periodo considerato e sono per forza approssimative vista la reticenza delle autorità locali), viene sommariamente evocato in pochi paragrafi che non citano il numero di vittime, attribuiscono il disastro a un'«errata pianificazione centrale» e, per moderare la critica, aggiungono anche una nota positiva: «Durante il Grande balzo in avanti ogni villaggio organizzò la sua comune. I membri di una comune potevano mangiare gratis nella mensa collettiva». La causa di quegli «errori di pianificazione» non è mai stata oggetto di un vero dibattito politico nazionale, che rimetterebbe in discussione l'infallibilità del Partito comunista e la legittimità dell'attuale classe dirigente. Le università e gli studiosi cinesi non ricevono alcun incoraggiamento dall'alto per una ricerca storica che faccia piena luce su Mao.

A differenza di quel che Chruščëv fece solennemente nel 1956 con Stalin (morto appena tre anni prima), nessuno dei leader che si sono succeduti al potere a Pechino negli ultimi trent'anni ha mai denunciato urbi et orbi i crimini di Mao. Il mito del Grande Timoniere resiste, anche se con il passare del tempo ha subito un'evidente trasformazione: oggi quello che viene studiato a scuola e celebrato nella memoria storica nazionale è soprattutto il giovane Mao, il leader della Lunga Marcia, il (presunto) capo della lotta di liberazione contro l'invasore giapponese, il fondatore di una Repubblica popolare unita e stabile, che ha restituito alla Cina uno status di grande potenza. Questo slittamento progressivo dell'ideologia unificante, dal comunismo al nazionalismo, richiede una notevole dose di falsificazione storica. La Lunga Marcia - che la propaganda ha trasformato nel vero mito fondatore della nuova nazione cinese - viene raccontata ancora oggi così come Mao la «reinventò» a posteriori, esagerando il proprio ruolo personale in quella vicenda, occultando tutte le verità scomode e imbarazzanti sulla repressione del dissenso, sui rapporti con i giapponesi e con i nazionalisti di Chiang Kai-shek, sull'appoggio fondamentale dell'Unione Sovietica. Nell'immaginario collettivo alimentato dall'indottrinamento, la Lunga Marcia è l'epopea eroica con cui Mao inizia a restituire alla nazione dignità e fierezza, cancella l'onta delle classi dirigenti che avevano svendutola Cina agli interessi delle potenze imperiali straniere. Attraverso questo lavoro compiuto per anni dal partito sulla memoria storica dei cittadini, il Mao «cattivo» diventa marginale, il Mao «buono» è il fondatore del forte senso di identità dei cinesi di oggi. È insomma un cadavere sempre più nazionalista e sempre meno comunista quello che le folle dei visitatori omaggiano a piazza Tienanmen.

da F. Rampini, L’ombra di Mao, Mondadori, Milano, 2009, pp. 31-32

Per la fase finale della sua vita altre fonti e biografie precedenti, compreso il già citato diario del medico personale Li Zhisui, convergono su vari aspetti. Nello scatenare le persecuzioni delle Guardie rosse contro gli «intellettuali borghesi», Mao dà libero sfogo a un vecchio complesso d'inferiorità che lo tormenta dagli anni della giovinezza, quando era un provinciale figlio di contadini, modesto impiegato di una biblioteca dove gli ingegni più brillanti del marxismo cinese non lo degnavano di molta attenzione. La rabbia contro il mondo della scienza e della cultura, da cui si è sempre sentito escluso, gli ispira quella «rivoluzione dell'insegnamento» che include l'abolizione degli esami, tanto ammirata dagli studenti europei nel 1968. È in quell'anno che Mao proclama: «Non dobbiamo più far sostenere gli esami. A che cosa servono gli esami? Forse che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno dovuto sostenere degli esami? Forse che io ho dovuto sostenerne?». Il sopravvento dell'ideologia sulla scienza getta il sistema universitario cinese in una paralisi catastrofica. Consapevole dei danni che il paese intero subisce, Zhou Enlai manovra per far ripristinare gli esami universitari, ma vi riesce solo nel 1973.

2/ Ritratto a "luci rosse" di Mao. Il medico personale rivela gli amori del Grande Timoniere, di Ennio Caretto

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A WASHINGTON

Mao fu il Caligola cinese? Sì, secondo il suo medico personale, Li Zhisui, che gli restò al fianco per 21 anni, dal '55 al '76, l'anno della sua morte. Un Caligola dall'insaziabile appetito sessuale, un depravato che non aveva più rapporti coniugali con la moglie Jang Qing, donna intrigante ma anche ipocondriaca, ma che ogni notte voleva una, due, tre ragazze nel suo letto.

Nella vita pubblica un tiranno che trattava il rispettato premier Ciu En Lai come uno schiavo e che faceva decapitare chi l'ostacolava. E nella vita privata uno sporcaccione che non si lavava, non si toglieva la vestaglia di dosso per intere settimane e non si spazzolava i denti, diventati verdi, "perché una tigre non lo fa".

Questo ritratto dissacrante del Grande Timoniere, l'ultimo mito politico sopravvissuto in questo secolo, è il piatto forte del libro d'imminente pubblicazione del dottor Zhisui, "La vita privata del presidente Mao", editore Random House, i cui estratti appariranno le settimane prossime sulla rivista Us News and World Report.

Zhisui, che emigrò a Chicago nell'88 per fare curare la moglie malata, e che vi abita tuttora, non ha scritto soltanto le proprie memorie. Con l'aiuto di una nota sinologa, Anne Thurston, ha fatto del libro - 633 pagine - anche una biografia e un saggio politico sulla Cina di allora. Pieno di particolari inediti, compreso il modo del tutto fortuito in cui nel '71 Mao sventò il complotto di Lin Piao (glielo avrebbe svelato una delle sue giovani compagne di letto segretaria del ministro).

Sull'autenticità dei traumatici fatti riferiti da Li Zhisui non dovrebbero esserci dubbi: la professoressa Thurston ne ha verificati alcuni e altri sono suffragati da fotografie e documenti che il medico ha portato con sé. Ma non mancheranno le polemiche: il culto della personalità che circondò Mao eclissa quello staliniano, e va contro la retorica ancora prevalente.

"Esteriormente, Mao era tollerante, sempre cordiale - ha detto il dottor Zhisui al New York Times - ma in realtà tenne un comportamento feroce... Io ero emigrato in Australia, fu mio fratello, un dirigente comunista, a farmi tornare in Cina e a indurmi a seguire Mao... Inizialmente lo considerai un Dio, ma poi mi resi conto che era un mostro... Mi diceva: io sono un drago, e chi tocca un drago, come te, deve stare attento".

Ecco alcune delle rivelazioni del medico. Mao, che ebbe tre mogli e numerosi figli, diventò impotente poco dopo i 60 anni. "Ah, sarei un eunuco allora?" commentò. "Ve la farò vedere". Seguace della dottrina taoista, secondo cui l' attività sessuale prolunga la vita, intensificò i suoi rapporti amorosi con le giovani amiche "selezionate non solo per la loro bellezza ma anche per la loro affidabilità politica".

Pare che le ragazze si dessero a lui come a un Dio. Mao soffriva di una infezione che trasmetteva alle compagne, ma rifiutava di prendere gli antibiotici per evitargliela, e le giovani "la consideravano una medaglia". Il Grande Timoniere dormiva di giorno e stava sveglio di notte, convocando i ministri alle ore più strane. Quando si sentiva sporco, chiamava la guardia del corpo che lo strofinava con un panno caldo. Si sciacquava la bocca col tè e ne mangiava le foglie. Per sopravvivere, la leadership cinese era forzata a obbedirgli ciecamente e mentirgli. Se Mao viaggiava in treno, faceva piantare il riso lungo i binari per dimostrargli che l'agricoltura era fiorente.

3/ Mao, tiranno ed erotomane (da Repubblica del 3/8/1994)

NEW YORK - Medico personale di Mao Tse-tung per ventuno anni (dal ' 55 fino alla morte avvenuta nel 76) il dottor Li Zhisui sul Grande Timoniere ha scritto un libro, 'La vita privata del Presidente Mao' , che presto uscirà negli Stati Uniti e che sicuramente si candida a diventare un best seller.

In questa sorta di 'biografia' , infatti, sono soprattutto raccontati i mille eccessi degli ultimi anni di vita del padre della Repubblica popolare cinese. Insomma, un ritratto agghiacciante. "Era un tiranno con l'ossessione del sesso - racconta il settantaquattrenne dottori Li Zhisui che dal 1988 vive a Chicago -. Un uomo spietato che schiacciava chiunque gli disobbedisse. Un egoista incapace di sentimenti umani che si circondava di adulatori e che rifiutava persino di curarsi da malattie veneree, pur sapendo che avrebbe contagiato le sue numerose e giovani amanti".

Le memorie del medico personale di un vero e proprio imperatore cinese non potevano non essere monumentali: 663 pagine affidate ai tipi della Random House, alcune delle quali stanno per essere anticipate dal settimanale U.S. News and World report. "Visto da fuori Mao era molto disponibile, molto incline ai rapporti umani", ricorda Li. Ma la verità era ben diversa: l'ala della città proibita occupata dalle più alte sfere del partito comunista cinese dopo il 1959 fu per anni teatro di una tragedia con forti componenti di sesso, eliminazioni politiche e fisiche, intrighi, decadenza.

In questa corte, dove la cospirazione era all' ordine del giorno, troneggiava un Mao sempre più dedito a pratiche erotiche, sempre più fiaccato nella mente e nel corpo. L'harem del Grande Timoniere veniva formato da ragazze che avessero sicuri requisiti di bellezza, talento (soprattutto nella danza, bollata ufficialmente come usanza borghese) e affidabilità politica.

Infatti Mao se ne serviva con tre scopi principali. Il primo, il più importante, era il piacere del Segretario del partito comunista. Il secondo, importanza appena inferiore, era politico. Le ragazze erano veri e propri agenti segreti al servizio di Mao, come quella, moglie di un subordinato di Lin Piao, che alla fine degli anni '60 mise in guardia l'amante dalla cospirazione che il marito ed i suoi superiori stavano tramando ai suoi danni.

Il terzo motivo era di carattere filosofico-religioso. L'uomo che imponeva il marxismo alla Cina, quando si trattava di letto, diventava un discepolo del taoismo, soprattutto di quel precetto secondo il quale l'attività sessuale intensa e prolungata porta alla longevità.

Ma c'è anche una spiegazione psicologica: Mao, giunto alla mezza età, soffriva di periodi di impotenza e la sua era una reazione a questi disturbi. Le ragazze ricevevano adeguati regali e riconoscimenti. Ma non solo quelli: durante gli anni della rivoluzione culturale, quando la moglie Chang Qing venne allontanata dal talamo nuziale, un numero sempre maggiore di ragazze, incominciò ad accusare i sintomi del triconoma vaginale, malattia venerea trasmessa durante l'atto sessuale. C'era un solo responsabile, che si rifiutò di farsi curare. "Se a me non dà fastidio - disse Mao al suo medico - vuol dire che non importa". E il Grande Timoniere continuò a scegliersi sempre nuove ragazze, sempre più giovani, secondo un altro precetto taoista riservato agli Imperatori: "Più giovane è la tua donna, più sono gli anni che aggiungi alla tua vita".

In fondo, secondo Li, il problema di Mao non era fisico, (anche se il dittatore cinese aveva un solo testicolo, esattamente come Adolf Hitler), ma psichico: le sue abitudini personali diventarono sempre più quelle di un imperatore cinese, un Dio in terra. Quindi il segretario generale del Pcc viveva ignorando l'orologio, dormendo per giornate intere, o passando a letto periodi di 48, 72 e persino 96 ore, indossando per settimane nulla che non fosse una vestaglia.

Si rifiutava persino di lavarsi da solo le mani e la faccia. Erano le sue guardie che, ogni tanto, dovevano passare sul suo corpo degli asciugamani imbevuti nell' acqua calda. Una sola abitudine manteneva dai tempi della lunga marcia: quella di non lavarsi i denti. È una vecchia usanza contadina, in Cina, quella di limitare l' igiene orale alla masticazione ogni mattina di foglie di tè. "Una tigre non si lava mai i denti" rispondeva Mao al suo dottore. Ed i suoi denti, alla fine, erano coperti di una patina verde.