E se i veri liberali fossero cristiani?, di Dario Antiseri

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /12 /2013 - 14:31 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 26/10/2013 una recensione di Dario Antiseri a Carlo Lottieri, Liberali e non. Percorsi di storia del pensiero,La Scuola. Restiamoa disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (8/12/2013)

Carlo Lottieri, Liberali e non. Percorsi di storia del pensiero,La Scuola

«Non c’è dubbio che nel corso della modernità la riflessione politica sia stata egemonizzata più dagli avversari della li­bertà individuale che non dai suoi difensori. Dal diciassettesimo seco­lo in poi, la grande spe­culazione teorica è stata dominata da Hobbes più che da Locke, da Marx più che da Tocqueville, da John Stuart Mill più che da Spencer, da Key­nes più che da Hayek. Eppure non si può igno­rare l’azione di resistenza che la linea di pensiero autenticamente liberale ha saputo interpretare». Questo scrive Carlo Lot­tieri all’inizio di questo suo prezioso lavoro, pre­zioso sia per la chiarezza espositiva che per la ric­chezza di informazioni.

Certo, è ben vero che ai nostri giorni sono pochi coloro che non si dichia­rano 'liberali', ma è anche altrettanto vero, precisa Lottieri, che con ciò è cresciuta a dismisura la confusione at­torno al termine-concetto di 'liberali­smo'. Scriveva Luigi Einaudi: «Libera­lismo è quella politica che concepisce l’uomo come fine. Si oppone al socia­lismo il quale concepisce l’uomo co­me un mezzo per raggiungere fini vo­luti da qualcuno che sta al di sopra dell’uomo stesso, sia esso la società, lo Stato, il capo». E, sulla medesima linea di Einaudi, Karl Popper: «Per liberale non intendo una persona che simpa­tizzi per un qualche partito politico, ma semplicemente un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorità».

Tutto parrebbe, dunque, chiaro. Sen­nonché le cose non stanno affatto co­sì. Difatti, fa presente Lottieri, pur tra­lasciando tra altre le polemiche di ca­sa nostra come quella tra Croce ed Ei­naudi, nel corso del Novecento, so­prattutto negli Stati Uniti hanno ini­ziato a chiamarsi liberal i politici e i pensatori più impegnati ad accrescere il potere dello Stato e la presenza del governo nella vita sociale ed economi­ca.

Ebbene, a una simile tendenza Lottieri contrappone un’idea di libertà politica di derivazione sostanzialmen­te lockiana, tesa a proteggere l’auto­nomia della persona, i diritti di pro­prietà e la libertà contrattuale. Di con­seguenza, in questo orizzonte, vanno riconosciuti come autentici liberali quanti valorizzano la dignità del sin­golo contro le pretese della collettività, la società civile contro lo Stato, il dirit­to contro l’arbitrio della classe politi­ca.

Da qui l’originale progetto di Lot­tieri, il quale in ogni singolo capitolo del suo libro prende in considerazione un interprete della prospettiva liberale classica e un autore che a quella tradi­zione si è contrapposto. Esempi di queste coppie: Hobbes e Locke; Col­bert e Smith; Hegel e Rosmini; Bastiat e Proudhon; Marx e Tocqueville; We­ber e Mises; Keynes ed Hayek; Schmitt e Leoni; Rawls e Rothbard.

E diversa­mente da quanto spesso accade in trattazioni della storia del pensiero li­berale, Lottieri ha giustamente posto attenzione al ruolo che la fede religio­sa ha giocato e gioca all’interno della tradizione liberale. Così, contro Hegel, per il quale «lo Stato è un gran Dio or­ganizzato », fu Rosmini a sostenere che i costruttori della statualità moderna «distruggendo la religio­ne e la moralità, che so­no le naturali moderatri­ci del potere civile (ed è il medesimo che si di­struggono col negarle, come gli hegeliani, o col­lo astrarre pienamente da esse) abbandonano i popoli alla mercé del­l’arbitrio dei governan­ti».

In Rosmini, com­menta Lottieri, «in que­sto beato cattolico che rappresenta uno degli interpreti del liberalismo classico, la difesa della libertà umana e la con­sapevolezza dei limiti della ragione vanno di pari passo». E insieme a Rosmini non possono venir dimenticati cattoli­ci liberali come Tocque­ville e la sua difesa delle comunità volontarie e delle organizzazioni spontanee; o come Ba­stiat la cui difesa della li­bertà della persona u­mana giunge a fargli so­stenere che «lo Stato è la grande finzione in virtù della quale ognuno cer­ca di vivere alle spalle del prossimo».

In La de­mocrazia in America Tocqueville confessa di «essere portato a pensa­re che l’uomo che non ha fede, è necessario che serva; e, se è libero, che creda». La realtà è che il messaggio cristia­no ha frantumato l’i­dentificazione di reli­gione e Stato: Kaýsar non è Kýrios , Ce­sare (cioè: il potere politico) non è il Signore (cioè: l’Assoluto).

Così nel 2003 l’allora cardinale Ratzinger: «Io penso che la visione liberaldemocrati­ca non potesse nascere senza questo avvenimento cristiano che ha diviso i due mondi, così creando pure una nuova libertà. Lo Stato è importante, si deve ubbidire alle leggi, ma non è l’ultimo potere. La distinzione tra lo Stato e la realtà divina crea lo spazio di una libertà in cui una persona può an­che opporsi allo Stato. I martiri sono una testimonianza... Così è nata una storia di libertà. Anche se poi il pen­siero liberaldemocratico ha preso le sue strade, l’origine è proprio questa».