«Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi!» Non è il semplice desiderio di stare in intimità con i suoi amici, ma Gesù ha espresso con le sue parole un desiderio che parte da molto lontano: è il desiderio del Padre di avere l’uomo per Sé e con Sé. Omelia di padre Rocco Camillò per il Giovedì Santo 2014

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 19 /04 /2014 - 16:55 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito il testo dell'omelia tenuta da padre Rocco Camillò nella celebrazione del Giovedì Santo In Coena Domini, il 17/4/2014 presso la Chiesa Nuova, Santa Maria in Vallicella in Roma. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (19/4/2014)

Carissimi fratelli,

vi sarete accorti che il tabernacolo, questa sera, è aperto e vuoto. La liturgia prevede, infatti, che la messa in coena Domini inizi così, con il tabernacolo vuoto, perché è proprio durante questa messa, che ricorda l’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli, che celebriamo l’istituzione dell’Eucaristia, del sacramento in cui Gesù lasciò se stesso come eredità e nutrimento per tutti gli uomini di tutti i tempi.

E’ ancora in questa sera che Gesù consacrò i suoi apostoli come sacerdoti, ed è significativo che sia proprio in questa sera: perché i sacerdoti sono uomini legati intimamente al mistero eucaristico, sono costituiti tali per l’Eucaristia, Gesù dà loro il potere di compiere gli stessi gesti che lui compie e proferire le stesse parole sul pane e sul vino, con la stessa efficacia. Essi hanno ricevuto il potere di rendere sacramentalmente presente Cristo nella sua Chiesa. Un potere che non hanno neanche gli angeli.

Questa è la ragion d’essere del sacerdote: l’Eucaristia e il perdono dei peccati. Tutte le altre cose le possono fare anche altri: ma il potere sull’Eucaristia e sulla remissione dei peccati Gesù ha voluto affidarlo esclusivamente ai suoi sacerdoti, nei quali, in un modo unico, agisce direttamente Lui con la sua potenza divina.

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi! dice quella sera Gesù ai suoi apostoli. E’ bene riflettere stasera su questo desiderio di Gesù, perché non è il semplice desiderio di stare in intimità con i suoi amici, ma Gesù ha espresso con le sue parole un desiderio che parte da molto lontano: è il desiderio del Padre di avere l’uomo per Sé e con Sé. Per comprendere l’Eucaristia, in realtà bisogna ritornare non all’Ultima Cena, ma alle prime pagine della Bibbia, quando l’uomo, con il suo peccato, infrange questo desiderio di Dio e grazie al peccato crea tra sé e Dio un abisso insormontabile.

Ed ecco che il Padre, che tutto aveva creato grazie al suo Verbo, dispone ora che tutto sia restaurato per mezzo del suo Verbo. Gesù stesso, nelle parole consacratorie del pane e del vino, parla di una nuova ed eterna alleanza che quel sacramento significa: nuova, in quanto proveniente dalla novità, dall’indeducibilità di Dio, ed eterna in quanto non ci sarà mai nulla di più forte, di più definitivo ed efficace del sacrificio del Signore Gesù per consentire all’uomo di ritornare a Dio. E il Signore volle che questa unione tra Sé e l’uomo fosse la più intima possibile: ecco il pane e il vino, gli elementi di cui l’uomo si nutre, che da Lui consacrati diventano il cibo attraverso cui Dio nutre di Sé la sua creatura.

Io sono il pane della vita… chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna… Se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita! Le parole di Gesù circa l’Eucaristia sono chiarissime: si può avere la vita – la Vita vera - solo per mezzo della comunione con Lui che è la Vita. Perfino gli altri sacramenti hanno efficacia per la loro relazione con l’Eucaristia. Il Concilio di Trento dice chiaramente che l’Eucaristia è il fine di tutti i sacramenti.

Questo cibo, proprio perché celeste (viene da Dio) non risponde alle leggi della natura: ordinariamente siamo noi, infatti, a trasformare qualsiasi cibo ingeriamo. Quando facciamo la comunione, avviene qualcosa che sconvolge le leggi della natura: non siamo noi a trasformare il cibo eucaristico, ma è il Signore che viene con la sua potenza divina a trasformarci nella sua luce e nella sua carità. Quando facciamo la comunione immettiamo nella nostra povera esistenza un germe di immortalità, facciamo comunione con l’umanità glorificata e la divinità del Figlio di Dio! Ed è solo in quest’unione che noi possiamo sperare i beni eterni per la nostra vita.

Separati da Gesù, non siamo più niente. Io sono la vite e voi i tralci. Se il tralcio non rimane unito alla vite, si secca, e viene buttato nel fuoco. Senza di me, non potete far nulla.

Per questo, proprio quella notte, Gesù chiederà una cosa sola al Padre: che i suoi discepoli e tutti coloro che crederanno in Lui per la loro parola siano una cosa sola con Lui, così come Lui e il Padre sono una cosa sola, affinché possano vedere la sua gloria, partecipare della sua gloria. Questo il Signore lo esige come prezzo del suo sacrificio. E’ il suo contratto con il Padre: Io do me stesso, affinché loro siano una cosa sola con Noi! Questa unità è lo scopo dell’Incarnazione e della Redenzione. Ecco perché Gesù dice di aver così tanto desiderato mangiare quella Pasqua con i suoi apostoli! Quella sera si compiva il desiderio eterno di Dio! Gesù lo rendeva possibile con il suo sacrificio, e questa volta, nessun peccato degli uomini potrà mai essere più forte dell’amore del Figlio di Dio: l’alleanza fondata sul suo sacrificio sarà per questo nuova ed eterna!

Gesù, quella sera, per esprimere questa sua totale donazione al servizio di Dio e dell’uomo, sappiamo che compie un gesto particolare: si cinge i fianchi con un grembiule, prende dell’acqua, e, ad uno ad uno, lava i piedi a tutti gli apostoli.

Gli apostoli rimangono stupefatti, Pietro addirittura si scandalizza e vorrebbe sottrarsi a quel gesto che vede il suo maestro umiliarsi davanti a loro. Ma Gesù è irremovibile, tanto reputa importante quel gesto perché essi comprendano che non nella superbia, che ha rovinato il primo uomo, non nell’orgoglio, o nella ricerca dei primati secondo questo mondo, ma nell’amore del servizio, nell’umiltà e nella carità sta la salvezza, la santità dell’uomo.

Chi vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti. Voi mi chiamate Signore e Maestro, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri! Quanta fatica fa l’uomo a comprendere questa logica, nonostante questi gesti di Gesù si celebrino da 2000 anni! Quanto rischio, specialmente nella Chiesa, in cui questa logica dovrebbe essere l’unica vigente, di scambiare il primato dell’umiltà e del servizio che Gesù ci ha insegnato lasciandoci il suo esempio, con i primati superbi di questo mondo, che giudica degradante farsi servo degli altri!

Ma, come lo stesso Gesù dice a Pietro davanti alla sua riluttanza, chi non entra nella logica del servizio si prepari a non entrare neanche nel Regno dei Cieli! Come potrà il Padre ammettere anche un solo superbo nel suo Regno, quando il Figlio suo si è umiliato e fatto servo degli uomini, fino a lavare loro i piedi, fino alla morte di croce? Pietro, se non ti laverò, non avrai parte con Me: se non ti abitui ad entrare nella logica del servizio, non potrai entrare nel Regno dei Cieli!

Quanti insegnamenti il Signore ci lascia in questa celebrazione! Quanto, ogni volta, davanti a Gesù abbiamo bisogno di fermarci e confrontare le nostre menti superbe e orgogliose, i nostri atteggiamenti permalosi e senza carità, quando pensiamo che Egli, pur sapendo tutto, in questa sera lavò i piedi anche a Giuda!

In questa celebrazione, così ricca di significato, raccogliamo dunque l’eredità del Signore, gli ultimi suoi insegnamenti agli uomini: in fondo, i più importanti, quelli che ha riservato alla fine perché costituissero il suo testamento. Nell’Eucaristia Egli adempie la promessa di non lasciarci soli, ma di essere con noi, in noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. E nell’umile chinarsi davanti ai suoi amici per lavar loro i piedi ci mostra cos’è l’amore: Il Figlio dell’Uomo – aveva detto un giorno - non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita. E stasera lo contempliamo così, nell’atto di donare il più umile servizio agli uomini e pronto a dare la sua vita perché essi abbiano la vita.