Fausto Bertinotti a Todi: «Io appartengo a una cultura, faccio fatica a dirlo, che ha pensato che si potessero comprimere almeno per un certo periodo dei diritti individuali in nome di una causa di liberazione. Delle tre grandi componenti quella cattolica sembra essere l’unica che ha riacquistato una vitalità. Non casualmente nasce da un atto rivoluzionario, cioè dalle imprevedibili dimissioni di un Papa»

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 07 /09 /2014 - 23:12 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito alcuni passaggi del discorso che Fausto Bertinotti, l’ex segretario di Rifondazione comunista, ha pronunciato il 29 agosto al Festival di Todi, intervistato da Alessio Falconio, direttore di Radio Radicale, sul tema “I vinti giusti, un certo sguardo sul futuro”.

Il Centro culturale Gli scritti (7/9/2014)

[…]

Voi che siete senza potere, conquisterete il potere per farci tutti uguali. Il proletariato liberando se stesso, libererà l’intera umanità. Quella cosa lì è finita -  indipendentemente dai 100 errori – è finita con una sconfitta.

[…]

Questo mondo, il comunismo, è stato sconfitto dalla falsificazione della sua tesi  - crollo dell’Unione Sovietica, ecc. - e da un cambiamento della scena del mondo che possiamo chiamare globalizzazione e capitalismo finanziario.

[…]

Nel momento in cui questa scena viene cambiata io penso che la cultura liberale, che è stata attenta più di me e della mia cultura, all'individuo, cioè alla difesa dei diritti dell'individuo e della persona, contro tutto, il potere economico ma anche lo stato, questa cultura è indispensabile per intraprendere il nuovo cammino di liberazione.

Io appartengo a una cultura, faccio fatica a dirlo, che ha pensato che si potessero comprimere almeno per un certo periodo dei diritti individuali in nome di una causa di liberazione. 'Se dobbiamo in un certo periodo mettere la mordacchia al dissenso, e vabbè ragazzi miei, è la rivoluzione'.

[…]

L’intellettualità europea fra il 1945 e il 1950 è stata quasi tutta comunista. Jean Paul Sartre, Andrè Gide, Albert Camus per parlare dei francesi. In Italia tutti: tutti i registi del neorealismo, i principali cattedratici italiani, i grandi scrittori, le case editrici. E adesso non mi dite per favore che non si sapeva niente di cosa accadeva in Unione Sovietica, e che bisognava attendere il 1956 o Praga!

[…]

Le parole che [papa Francesco] usa quotidianamente e che gli stanno guadagnando il consenso e l’attenzione di mondi anche lontani da quello cattolico è che davvero sembra di assistere alla presenza sulla scena del mondo di una parola profetica. Delle tre grandi componenti quella cattolica sembra essere l’unica che ha riacquistato una vitalità.

Non casualmente nasce da un atto rivoluzionario, cioè dalle imprevedibili dimissioni di un Papa. Fintanto che non è avvenuto nessuno poteva immaginare che un Papa si potesse dimettere. L’operazione di rottura realizzata da Benedetto XVI ha consentito che si producesse questa grandissima innovazione di un papa che viene chiamato dall’altro mondo.