[Spiritualità e politica nel buddismo tibetano. Il Dalai Lama potrebbe decidere di non reincarnarsi più perché i buddisti del Tibet sono ormai maturi e per evitare il rischio che il governo cinese possa nominare un Dalai Lama di sua fiducia]. Dichiarazione di Sua Santità il Quattordicesimo Dalai Lama, Tenzin Gyatso, sull’argomento della propria reincarnazione

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 15 /09 /2014 - 16:30 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito http://www.sangye.it/wordpress2/?p=2765 una dichiarazione del Dalai Lama rilasciata il 24/9/2011. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sul buddhismo vedi la sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni alla sottosezione relativa. 

Il Centro culturale Gli scritti (15/9/2014)

Introduzione

Miei cari tibetani, dentro e fuori dal Tibet, voi tutti che seguite la tradizione buddhista tibetana e chiunque abbia connessione con il Tibet e i tibetani: grazie alla visione dei nostri antichi re, dei ministri e dei seguacistudiosi, l’insegnamento completo del Buddha, inclusi gli insegnamenti scritturali ed esperienziali dei Tre Veicoli e le quattro classi del Tantra, con i rispettivi argomenti e le rispettive discipline, sono largamente fiorite nella Terra delle Nevi.

Per il mondo, il Tibet è stato una sorgente di tradizioni buddhiste e tradizioni culturali correlate. In particolare, ha contribuito in modo significativo alla felicità di innumerevoli esseri viventi in Asia, inclusi quelli in Cina, Tibet e Mongolia. Nel corso del mantenimento della tradizione buddhista in Tibet, abbiamo sviluppato la tradizione tibetana, unica, dell’identificazione delle reincarnazioni di seguaci studiosi che sono stati di immenso aiuto sia al Dharma sia agli esseri senzienti, in particolare alle comunità monastiche.

Fin da quando l’onnisciente Gedun Gyatso fu identificato e confermato come reincarnazione di Gedun Drub, nel 15° secolo, e fu creato il Gaden Phodrang Labrang (l’istituzione del Dalai Lama), sono state identificate le reincarnazioni successive. Il terzo nella successione, Sonam Gyatso, ricevette il titolo di Dalai Lama. Il Quinto Dalai Lama, Ngawang Lobsang Gyatso, fondò nel 1642 il Governo del Podrang di Gaden, diventando il capo spirituale e politico del Tibet. Per oltre 600 anni dal tempo di Gedun Drub, furono identificate una serie di indubbie reincarnazioni. Dal 1642, i Dalai Lama hanno svolto la funzione di capi spirituali e politici del Tibet per 369 anni.

Attualmente ho portato a suo termine questo sistema di mia spontanea volontà, orgoglioso e soddisfatto che possiamo aderire al tipo di sistema di governo democratico che fiorisce ovunque nel mondo. In effetti, fin dal 1969, ho spiegato chiaramente che le persone che ci tengono dovrebbero decidere se le reincarnazioni del Dalai Lama dovrebbero continuare nel futuro. Tuttavia, in assenza di chiare indicazioni, se la gente che ci tiene dovesse esprimere un forte desiderio che i Dalai Lama continuino, ci sarebbe un ovvio rischio che poteri politici forti abusino del sistema della reincarnazione per realizzare il loro programma politico.

Perciò, mentre sono ancora fisicamente e mentalmente in forma, mi sembra importante delineare chiare istruzioni per identificare il prossimo Dalai Lama, in modo che non vi sia adito al dubbio o all’inganno. Affinché queste istruzioni siano pienamente comprensibili, è indispensabile capire il sistema dell’identificazione dei tulku e i concetti di base che vi stanno dietro. Perciò ve li spiegherò brevemente qui di seguito.

Vite passate e future

Per accettare la reincarnazione o la realtà dei tulku, abbiamo bisogno di accettare le vite passate e future. Gli esseri senzienti arrivano in questa vita presente dalle loro vite passate, e rinascono ancora dopo la morte. Questo tipo di rinascite continue viene accettato da tutte le tradizioni spirituali e le scuole di filosofia antiche dell’India, eccetto gli Charvaka, che è stato un sistema materialistico. Certi pensatori moderni negano le vite passate e future per l’assunto che non possiamo vederle. Sulle stesse basi, altri non arrivano alle stesse nette conclusioni.

Nonostante molte tradizioni religiose accettino la rinascita, divergono nella loro concezione di cosa rinasca, come rinasca, cosa e come passi attraverso il periodo di transizione tra le due vite. Alcune tradizioni religiose accettano la prospettiva di una vita futura, ma rifiutano l’idea di vite passate. In genere i buddhisti credono che la nascita sia senza inizio e che una volta che abbiamo conseguito la liberazione dall’esistenza ciclica sconfiggendo il nostro karma e le emozioni distruttive, non rinasceremo sotto il potere di tali condizioni. Perciò i buddhisti credono che vi sia una fine alle rinascite che risultano dal karma e dalle emozioni distruttive, ma la maggior parte delle scuole filosofiche buddhiste non accettano che il continuum mentale abbia una fine. Rifiutare la rinascita passata e futura contraddirebbe il concetto buddhista di “base, sentiero e risultato”, che deve essere spiegato in rapporto alla mente disciplinata o non disciplinata. Se accettassimo quell’asserzione, logicamente, dovremmo accettare che il mondo e i suoi abitanti avvengono senza cause e condizioni. Perciò, purché siate buddhisti, è necessario che accettiate le rinascite passate e future. Per coloro che ricordano le loro vite passate, la rinascita è un’esperienza evidente. Tuttavia la maggior parte degli esseri ordinari dimentica le vite passate mentre affrontano il processo di morte, stato intermedio e rinascita. Poiché le rinascite passate e future sono per loro un po’ oscure, abbiamo bisogno di usare la logica basata sull’evidenza per dimostrare loro l’esistenza delle vite passate e future. Per provare l’esistenza delle vite passate e future esistono molte e varie argomentazioni logiche date dalle parole di Buddha e dai successivi commentari. In breve si riassumono in quattro punti: la logica che le cose sono precedute da cose di tipo simile, la logica che le cose sono precedute da una causa sostanziale, la logica che la mente ha acquisito nel passato familiarità con le cose e la logica che la mente ha acquisito nel passato esperienza delle cose. Infine, tutti questi ragionamenti sono basati sull’idea che la natura della mente, la sua chiarezza e consapevolezza, debba avere chiarezza e consapevolezza come sua causa sostanziale. Come causa sostanziale non può avere nessun’altra entità, ad esempio un oggetto inanimato. Ciò è lampante. Tramite l’analisi logica ne deduciamo che un nuovo continuum mentale di chiarezza e consapevolezza non può sorgere senza cause o senza cause correlate. Mentre osserviamo che la mente non può essere prodotta in laboratorio, deduciamo anche che niente può eliminare la continuità di sottile chiarezza e consapevolezza. Che io sappia, nessun psicologo, medico o neuroscienziato è stato in grado di osservare o prevedere la produzione della mente sia dalla materia o senza una causa.

Vi sono persone che possono ricordare le loro vite passate recenti o anche molte vite passate remote, così come sono in grado di riconoscere luoghi e parenti di quella vita. Questo fatto non è qualcosa che è accaduto solo nel passato. Anche oggi vi sono molte persone, in Oriente ed Occidente, che possono ricordare incidenti ed altre esperienze delle vite passate. Negare questo non è un modo onesto e imparziale di condurre la ricerca, perché va contro l’evidenza. Il sistema tibetano di identificazione delle reincarnazioni è un modo autentico di indagine basato sul ricordo che le persone hanno delle loro vite precedenti.

Come avviene la rinascita

Vi sono due modi nei quali qualcuno può rinascere dopo la morte: rinascita sotto l’influenza del karma e delle emozioni distruttive, e rinascita tramite il potere della compassione e delle preghiere. Riguardo alla prima, a causa dell’ignoranza si creano karma positivo e karma negativo e le loro impronte rimangono nella coscienza. Queste impronte vengono riattivate dalla brama e dall’afferrarsi, che ci spingono nella vita successiva. Noi, quindi, rinasciamo, senza aver scelto, nei reami superiori o inferiori. Questo è il modo in cui gli esseri ordinari girano incessantemente nell’esistenza come gira una ruota. Anche in tali circostanze, gli esseri ordinari possono impegnarsi diligentemente, con un’aspirazione positiva, in pratiche virtuose nella vita quotidiana delle loro esistenze. Essi si familiarizzano con la virtù che può essere riattivata al momento della morte, fornendo loro i mezzi per rinascere nei reami superiori dell’esistenza. Dall’altra parte, i bodhisattva superiori, coloro che hanno ottenuto il sentiero della visione, non sono rinati per la forza del loro karma e delle emozioni distruttive, ma per il potere della loro compassione per gli esseri senzienti e sulla base delle loro preghiere per beneficiare gli altri. Essi sono in grado di scegliere luogo e tempo della loro rinascita e anche i loro futuri genitori. Tale rinascita, che è unicamente per il beneficio degli altri, è una rinascita per la forza della compassione e delle preghiere.

Il significato di tulku

Il costume tibetano di applicare l’epiteto ‘tulku’ (Corpo di Emanazione del Buddha) a una reincarnazione riconosciuta sembra fosse iniziato quando i devoti lo usarono come titolo onorifico, ma da allora è diventata un’espressione comune. In generale il termine tulku si riferisce a un particolare aspetto del Buddha, uno dei tre o quattro descritti nel veicolo dei Sutra. Secondo questa spiegazione di tali aspetti del Buddha, una persona che sia totalmente legata dal karma e dalle emozioni distruttive ha il potenziale di realizzare il Corpo di Verità (Dharmakaya), costituito dal Corpo di Verità della Saggezza e dal Corpo di Verità di Natura. Il primo si riferisce alla mente illuminata di un Buddha, che vede ogni cosa direttamente e precisamente, com’è, in un istante. E’ stata ripulita, per un lungo periodo di tempo, da tutte le emozioni distruttive e anche dalle loro impronte, attraverso l’accumulazione del merito e della saggezza. Il secondo, il Corpo di Verità di Natura, si riferisce alla natura vuota della stessa mente illuminata che tutto conosce. Questi due, insieme, sono aspetti dei buddha per se stessi. Tuttavia, poiché non sono direttamente accessibili agli altri, ma solo ai buddha, è indispensabile che i Buddha si manifestino in una forma fisica che sia accessibile agli esseri senzienti, per poterli aiutare. Quindi, il supremo aspetto fisico di un Buddha è il Corpo di Completa Gioia (Sambhogakaya), che è accessibile ai bodhisattva superiori e ha cinque qualificazioni definite, come il dimorare nel Cielo di Akanista. Dal Corpo di Completa Gioia si manifestano le miriadi di Corpi di Emanazione o Tulku (Nirmanakaya) dei buddha, che appaiono come divinità o umani e sono accessibili anche agli esseri ordinari. Questi due aspetti fisici dei buddha sono definiti Corpi della Forma, e sono rivolti agli altri.

Il Corpo di Emanazione è triplice:

a) Il Corpo di Emanazione Suprema, come Buddha Shakyamuni, il Buddha storico, che manifestò le dodici azioni di un Buddha come umano nato nel luogo da lui scelto e così via;

b) il Corpo di Emanazione Artistica, che opera per gli altri apparendo come artigiani, artisti e così via;

c) il Corpo di Emanazione Incarnata, secondo cui i Buddha appaiono in varie forme per aiutare gli esseri senzienti: come esseri umani, divinità, fiumi, ponti, piante medicinali e alberi.

Di questi tre tipi di Corpi di Emanazione, le reincarnazioni dei maestri spirituali riconosciuti e noti in Tibet come ‘tulku’ fanno parte della terza categoria. Tra questi tulku ve ne possono essere molti che sono correttamente qualificati quali Corpi di Emanazione Incarnata dei Buddha, ma ciò non riguarda necessariamente tutti loro. Tra i tulku del Tibet vi possono essere quelli che sono reincarnazioni di bodhisattva superiori, bodhisattva sul sentiero dell’accumulazione e bodhisattva sul sentiero della preparazione, e anche maestri che sono già chiaramente entrati in tali sentieri del bodhisattva. Perciò il titolo di tulku viene conferito a lama reincarnati sia sulla base dei loro simili esseri illuminati, sia della loro connessione con certe qualità degli esseri illuminati. Come dice Jamyang Khyentse Wangpo: “La reincarnazione è ciò che accade quando qualcuno rinasce dopo la morte del predecessore; l’emanazione è quando la manifestazione avviene senza che la sorgente sia deceduta.”

Identificazione delle reincarnazioni

La pratica di riconoscere qualcuno tramite l’identificazione della sua vita precedente avveniva anche durante la vita dello stesso Shakyamuni. Sono stati trovati molti resoconti nelle quattro parti dell’Agama del Vinayapitaka, nelle Storie Jataka, nel Sutra del Saggio e del Folle, nel Sutra dei Cento Karma e così via, in cui il Tathagata svela l’operare del karma, narrando moltissime storie su come gli effetti di certi karma creati in una vita precedente vengano sperimentati da una persona nella sua vita presente. Inoltre, nei racconti delle vite dei maestri indiani che vissero dopo il Buddha, molti rivelano i loro precedenti luoghi di nascita. Esistono molti racconti di questo tipo, ma in India non esiste il sistema dell’identificazione e della numerazione delle reincarnazioni.

Il sistema di identificazione delle reincarnazioni in Tibet

Le vite passate e future sono state asserite dalla tradizione autoctona tibetana del Bon prima dell’arrivo del buddhismo. E, fin dalla diffusione del buddhismo in Tibet, praticamente tutti i tibetani hanno creduto nelle vite passate e future. In Tibet, l’indagine sulla reincarnazione di molti maestri spirituali che hanno sostenuto il Dharma e l’usanza di pregarli devotamente si è diffusa dappertutto. Molte scritture autentiche, libri tibetani autoctoni come il Mani Kabum e I Quintuplici Insegnamenti Kathang e altri, come I Libri dei Discepoli Kadam e La Ghirlanda di Gioielli: Risposte ai Quesiti che furono esposte dal glorioso e incomparabile maestro indiano Atisha Dipankara nell’11° secolo in Tibet ‐ narrano cronache delle reincarnazioni di Arya Avalokitesvara, il bodhisattva della compassione. Tuttavia la presente tradizione, che riconosce formalmente le reincarnazioni dei maestri, iniziò nei primi del 13° secolo, con l’identificazione di Karmapa Pagshi quale reincarnazione di Karmapa Dusum Khyenpa ad opera dei suoi discepoli e secondo le sue predizioni. Da allora, vi sono state diciassette incarnazioni Karmapa nell’arco di oltre novecento anni. In modo analogo, a partire dall’identificazione di Kunga Sangmo quale reincarnazioni di Khandro Choeki Dronme, nel 15° secolo, vi sono state oltre dieci reincarnazioni di Samding Dorje Phagmo. Così, tra i tulku identificati in Tibet vi sono praticanti monaci, laici, maschi e femmine. In Tibet, questo sistema di identificazione delle reincarnazioni si è diffuso gradualmente nelle altre tradizioni buddhiste e tra i Bon. Oggi vi sono tulku riconosciuti che operano per il Dharma in tutte le tradizioni buddhiste, Sakya, Geluk, Kagyu, Nyngma e anche Jonang e Bodong. E’ anche evidente che tra questi tulku alcuni sono un disonore. L’onnisciente Gedun Drub, che era discepolo diretto di Je Tzong Khapa, fondò il monastero di Tashi Lhunpo, nello Tsang, ed ebbe cura dei suoi studenti. Lasciò il corpo nel 1474, all’età di 84 anni. Nonostante inizialmente non fossero stati fatti sforzi per identificare la sua reincarnazione, la gente fu costretta a riconoscere un bambino chiamato Sangye Chopel, che era nato a Tanak, nello Tsang (1476), a causa di quanto aveva detto dei suoi sorprendenti e ineccepibili ricordi delle sue vite precedenti. Da quel momento si instaurò la tradizione di cercare e identificare le reincarnazioni successive dei Dalai Lama tramite il Gaden Phodrang Labrang e più tardi tramite il Governo del Gaden Phodrang.

I metodi per identificare le reincarnazioni

Quando iniziò il sistema di identificare i tulku, iniziarono a svilupparsi e crescere varie procedure per farlo. Tra queste, alcune molto importanti riguardano una lettera predittiva del predecessore e altre istruzioni e indicazioni che devono essere effettuate; il racconto plausibile della vita precedente e il parlarne; l’identificazione di oggetti appartenuti al predecessore e il riconoscimento di persone che gli sono state vicine. Oltre a questi, metodi supplementari includono la richiesta, a un maestro attendibile, della sua divinazione e anche richiedere le predizioni di oracoli mondani, che appaiono tramite medium in trance, e osservare le visioni che si manifestano nei laghi sacri dei protettori come Lhamo Latso, un lago sacro a sud di Lhasa. Quando accade che vi siano più di un potenziale candidato che possa essere riconosciuto come tulku e diventa difficile decidere, vi è la pratica di prendere la decisione finale tramite una divinazione che usa il metodo delle palline di pasta (zen tak) di fronte a un’immagine sacra, mentre si invoca il potere della verità.

L’emanazione prima che il predecessore lasci il corpo (madhey tulku)

Di solito una reincarnazione deve essere la rinascita di qualcuno come essere umano, dopo che ha lasciato il corpo. In genere gli esseri ordinari non possono manifestare un’emanazione prima della morte (madhey tulku), ma i bodhisattva superiori, che possono manifestarsi in centinaia o migliaia di corpi simultaneamente, possono manifestare un’emanazione prima della morte. Nel sistema tibetano di identificazione dei tulku vi sono emanazioni che appartengono allo stesso continuum mentale del predecessore, emanazioni che sono connesse agli altri grazie alla forza del karma e delle preghiere ed emanazioni che sono il risultato di benedizioni o nomina. Lo scopo principale dell’apparizione di una reincarnazione è continuare l’opera incompleta di servire il Dharma e gli esseri senzienti, lasciata dal predecessore. Nel caso di un lama che è un essere ordinario, invece di avere una reincarnazione che appartiene allo stesso continuum mentale, può venir riconosciuto qualcuno o qualcuna che abbia una connessione con quel lama tramite un karma puro e le preghiere. Altrimenti, è possibile che il lama nomini un successore che sia o il suo discepolo o qualche giovane che vada identificato come sua emanazione. Dal momento che queste opzioni sono possibili nel caso di un essere ordinario, un’emanazione prima della morte che non sia dello stesso continuum mentale è plausibile. In alcuni casi, un lama elevato può avere simultaneamente alcune reincarnazioni, come le reincarnazioni di corpo, parola e mente e così via. In tempi recenti vi sono state ben note emanazioni prima della morte, come Dujom Jigdral Yeshe Dorje e Chogye Trichen Ngawang Khyenrab.

L’uso dell’urna d’oro

Poiché l’era di degenerazione peggiora e perché sono state identificate più reincarnazioni di lama elevati, alcune per motivi politici, molte di loro, in numero crescente, sono stati riconosciute con mezzi inappropriati e discutibili, con il risultato che è stato fatto al Dharma un danno immenso.

Durante il conflitto tra il Tibet e i Gurka (1791‐93), il Governo Tibetano dovette richiedere il sostegno militare dei Manciù. Di conseguenza la milizia Gurka fu espulsa dal Tibet, ma dopo questo fatto gli ufficiali Manciù stesero un progetto in 29 punti, con il pretesto di rendere più efficiente l’amministrazione del Governo Tibetano. Tale progetto includeva il suggerimento – per decidere l’identificazione delle reincarnazioni dei Dalai Lama, del Panchen Lam e degli Hutuktu (un titolo mongolo conferito a Lama elevati) ‐ di estrarre a sorte da un’urna d’oro. Tale procedura, perciò, venne usata nei casi di identificazione di alcune reincarnazioni di Dalai Lama, Panchen Lama e altri lama elevati. Il rituale da seguire fu scritto dall’Ottavo Dalai Lama Jampel Gyatso. Nonostante il sistema fosse stato introdotto, la procedura fu trascurata nel caso del Nono, del Tredicesimo e di me stesso, il Quattordicesimo Dalai Lama. Anche nel caso del Decimo Dalai Lama, l’autentica reincarnazione era già stata ritrovata e in realtà non si seguì questa procedura, ma per dare soddisfazione ai Manciù fu soltanto annunciato che questa procedura era stata eseguita. Il sistema dell’urna d’oro fu usato effettivamente solo nel caso dell’Undicesimo e del Dodicesimo Dalai Lama. Tuttavia il Dodicesimo Dalai Lama era già stato identificato prima che venisse usata la procedura. Perciò, c’è stata solo un’occasione in cui un Dalai Lama è stato identificato attraverso questo metodo. In modo analogo, tra le reincarnazioni del Panchen Lama, a parte l’Ottavo e il Nono, non c’è stata occasione di usare questo metodo. Questo sistema era stato imposto dai Manciù, ma i tibetani non nutrivano alcuna fiducia in esso perché mancava di ogni qualità spirituale; sembra comunque che, nel caso fosse usato onestamente, potrebbe essere considerato alla stregua del modo di divinazione che utilizza il metodo delle palline di pasta (zen tak). Nel 1880, durante l’identificazione del Tredicesimo Dalai Lama come reincarnazione del Dodicesimo, vi erano sempre tracce della relazione sacerdote‐protettore tra il Tibet e i Manciù. Egli fu identificato come reincarnazione indubbia dall’Ottavo Panchen Lama dalle predizioni degli oracoli di Nechung e di Samye e osservando le visioni che apparvero sul Lhamo Latso, per cui la procedura dell’urna non fu eseguita. Ciò si capisce chiaramente dal testamento finale del Tredicesimo Dalai Lama, nell’anno della Scimmia‐Acqua (1933) nel quale afferma: “Come tutti voi sapete, non sono stato eletto secondo l’usanza di estrarre a sorte dall’urna d’oro, ma la mia selezione è stata predetta e presagita. In accordo con queste profezie e presagi fui riconosciuto quale reincarnazione del Dalai Lama e insediato”. Quando fui riconosciuto come la Quattordicesima incarnazione del Dalai Lama, nel 1939, la relazione sacerdote‐protettore tra Tibet e Cina era già terminata. perciò non vi fu nessuna necessità di confermare la reincarnazione usando l’urna d’oro. È ben noto che il reggente del Tibet e l’Assemblea Nazionale Tibetana seguirono le procedure per identificare la reincarnazione del Dalai Lama tenendo in considerazione le predizioni di lama elevati, oracoli e visioni osservate nel Lhamo Latso; i Cinesi non furono per niente coinvolti in tutto questo. Tuttavia, alcuni ufficiali interessati del Kuomintang, più tardi, diffusero scaltramente delle falsità sui giornali, dichiarando che si erano accordati per rinunciare all’uso dell’urna d’oro, che Wu Chung‐tsin aveva presieduto il mio insediamento e così via. Queste menzogne furono denunciate da Ngabo Ngawang Jigme ‐ il vicepresidente della Commissione Permanente del Congresso Nazionale del Popolo, che la Repubblica Popolare Cinese considerava la più progressiva delle persone ‐ alla seconda sessione del Quinto Congresso del Popolo della Regione Autonoma del Tibet (31 luglio 1989). E’ chiaro che, alla fine del suo intervento, in cui dette una spiegazione dettagliata di quegli eventi e presentò una prova documentata, reclamò: “Che necessità c’è, per il Partito Comunista di fare la stessa cosa e continuare le menzogne del Kuomintang?”

Strategie ingannevoli e false speranze

Nel passato recente vi sono stati casi di amministratori irresponsabili di ricchi patrimoni di lama che hanno assecondato metodi impropri per riconoscere le reincarnazioni, fatti che hanno compromesso il Dharma, la comunità monastica e la nostra società. In più, fin dall’epoca Manciù, le autorità politiche cinesi si sono ripetutamente impegnate in vari mezzi disonesti nell’uso del buddhismo, dei maestri buddhisti e dei tulku come strumenti per soddisfare i loro scopi politici, in quanto coinvolti nelle vicende tibetane e mongole. Oggi, i dirigenti autoritari della Repubblica Popolare Cinese, che essendo comunisti rifiutano la religione ma si intromettono ancora nelle questioni religiose, hanno imposto una cosiddetta ‘campagna rieducativa’ e hanno proclamato il cosiddetto ‘Ordine Numero Cinque’, entrato in vigore il 1° settembre 2007, che riguarda il controllo e il riconoscimento delle reincarnazioni. Ciò è oltraggioso e biasimevole. L’imposizione di vari metodi inappropriati per identificare le reincarnazioni, per sradicare le nostre tradizioni straordinarie, sta apportando un danno che sarà difficile riparare. Inoltre, essi stanno dicendo che aspettano la mia morte e che identificheranno il Quindicesimo Dalai Lama a loro scelta. Dalle loro recenti regole, dai regolamenti e dalle susseguenti dichiarazioni, è chiaro che hanno una strategia accurata per ingannare i tibetani, i seguaci della tradizione buddhista tibetana e la comunità mondiale. Per questi motivi, poiché ho la responsabilità di proteggere il Dharma e gli esseri senzienti, e contrastare tali progetti rovinosi, faccio la dichiarazione che segue.

La prossima reincarnazione del Dalai Lama

Come ho ricordato in precedenza, la reincarnazione è un fenomeno che dovrebbe avvenire o tramite la scelta volontaria della persona implicata, o almeno per la forza dei suoi meriti, del suo karma e delle sue preghiere. Per questo motivo, soltanto la persona che si reincarna ha la legittima autorità su come e dove rinascere, e sul modo in cui questa reincarnazione deve essere riconosciuta. E’ particolarmente inappropriato che i [dirigenti, n.d.t] comunisti cinesi, che rifiutano esplicitamente perfino l’idea di vite passate e future, figuriamoci il concetto di tulku reincarnati, si immischino nel sistema della reincarnazione e specialmente di quelle dei Dalai Lama e dei Panchen Lama. Questa sfacciata intromissione contraddice la loro stessa ideologia politica e rivela le loro duplici pretese. Se questa situazione dovesse continuare nel futuro, sarà impossibile per i Tibetani e per coloro che seguono la tradizione buddhista tibetana ammetterla o accettarla. Quando sarò vicino ai novant’anni, consulterò i lama elevati della tradizione buddhista tibetana, il popolo tibetano e altre persone che si sentono partecipi di questo evento e seguono il buddhismo tibetano, per riconsiderare se l’istituzione del Dalai Lama debba continuare o no. Su tale base, prenderemo una decisione. Se sarà indubbio che la reincarnazione del Dalai Lama debba continuare e che è necessario che il Quindicesimo Dalai Lama sia identificato, la responsabilità per fare questo dovrà per prima cosa competere ai dirigenti implicati nella Fondazione del Gaden Phodrang del Dalai Lama. Essi dovranno consultare i vari capi delle tradizioni buddhiste tibetane e affidabili Protettori del Dharma legati da giuramento, che siano inseparabilmente concatenati al lignaggio del Dalai Lama. Essi dovranno chiedere consiglio a questi esseri coinvolti e farsi carico delle procedure per la ricerca e l’identificazione in accordo alla tradizione del passato. A questo proposito lascerò chiare istruzioni scritte.

Tenendo presente questo, a parte la reincarnazione identificata con tali metodi legittimi, nessuna identificazione o accettazione dovrà essere accordata a candidati scelti per scopi politici da chiunque, inclusi quelli nella Repubblica Popolare Cinese.

Il Dalai Lama

Dharamsala

24 Settembre 2011

(Tradotto dal tibetano in inglese. Tradotto dall’inglese in italiano, FPMT Italia, ottobre 2011, da http://www.sangye.it/dalailamanews/?p=3930 , http://www.sangye.it/dalailamanews/?p=3759 )