Lineamenti per una catechesi kerygmatica, per una Iniziazione cristiana che sia annunzio del Vangelo. Brevi note di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 23 /11 /2014 - 17:05 pm | Permalink | Homepage
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Per approfondimenti su di una nuova visione di catechesi, vedi la sezione Catechesi e pastorale.

Il Centro culturale Gli scritti (23/11/2014)

N.B. Le riflessioni proposte si riferiscono particolarmente all’Iniziazione cristiana dei ragazzi accompagnati dalle loro famiglie e del catecumenato degli adulti

1/ La catechesi deve portare al suo interno la presentazione della grandezza della fede, non affidarla ad altri - ovviamente questo non vale in assoluto, ma certo vale per chi partecipa alla catechesi stessa. Bisogna abbandonare uno schema cronologico: pre-evangelizzazione, evangelizzazione, catechesi, predicazione. La catechesi diviene appassionante quando presenta “la” fede ed il suo cuore. Non arriva al cuore della fede al termine di lunghissime considerazioni, non utilizza un metodo a scaletta dove il centro arriva dopo uno o due anni. Presenta subito la novità della fede.

2/ Tutta la catechesi deve tornare sempre al primo annuncio (ad esempio, non lo si può dare scontato per un ragazzo delle medie, come se lo avesse già ricevuto alle elementari; non lo si può dare scontato per un giovane delle superiori o dell’università, come se lo avesse già maturato nelle medie). Contemporaneamente, servono veri e propri itinerari di presentazione della fede a partire da zero, come sono a Roma le esperienze dei Dieci comandamenti, dei Cinque passi, del cammino neocatecumenale, degli incontri su Dante di Franco Nembrini, e così via. Ma in questi itinerari di base di scoperta della fede c’è già una presentazione catechetica della fede, cioè una visione sintetica dei suoi punti essenziali, perché il kerygma non riguarda solo la resurrezione di Gesù, ma riguarda anche Dio, l’uomo, il perdono, la grazia, la salvezza la vita nuova, ecc. ecc. 

3/ La catechesi non riesce oggi ad essere evangelizzatrice perché troppo infantile. Non affronta le grandi domande che nascono sia dai ragazzi che dai giovani. Manca una prospettiva che a partire dalle loro e nostre grandi questioni mostri la bellezza, la verità e la necessità della fede. Ci si limita, invece, ad attività di vario tipo, ad una lettura non sistematica di frammenti della Scrittura, ad una presentazione disorganica di questioni sacramentarie, ad una generica accoglienza.

4/ Papa Francesco propone una visione catechetica “di popolo”, dove non si oppongono sacramenti e fede, anzi si valorizza la richiesta popolare dei sacramenti come un’esigenza vera che nasce dall’intuizione, per quanto ancora non matura, del popolo di Dio che la vita ha bisogno dello sguardo di Dio. Una catechesi missionaria deve abbandonare ogni percorso elitario, troppo complicato e articolato, per poter accompagnare ogni persona. Serve una riconsiderazione positiva del rapporto fra sacramenti e catechesi.

5/ Preziosissima è la visione di papa Francesco di un’antropologia che potremmo definire “kerygmatica”. La sua antropologia kerygmatica mostra la dignità dell’uomo, che ha senso solo a partire da una visione di fede che illumini la sua grandezza, la necessità di proteggerlo e di esaltare i suoi desideri più veri.

6/ Una catechesi missionaria non si limiterà alla presentazione della fede in sé, ma dovrà mostrare come la fede è capace di rinnovare lo sguardo dell’uomo sulla famiglia, la paternità/maternità, l’educazione, la scuola, la cultura, il lavoro, la passione scientifica per la verità, la carità. Altrimenti ammetterebbe già in partenza la sua inutilità per la vita.

7/ Papa Francesco propone una visione del kerygma che lo differenzia dalle forme un po’ chiuse in cui lo si è ristretto. Si annuncia il kerygma non solo quando si annuncia che Gesù è morto e risorto, ma anche, solo per fare un esempio, quando si condanna la cultura dello scarto. Ma per annunciare il kerygma in maniera non mutilata serve, soprattutto, una presentazione globale della fede, una visione organica fin dall’inizio!

8/ Per quel che riguarda la presentazione della fede in sé non è ancora stata recepita la presenza del Concilio nel Catechismo della Chiesa Cattolica. La novità della fede appare nella fede confessata, dove la Parola di Dio è Gesù Cristo, è Dio che si fa uomo e non un libro (Dei Verbum). Nella fede celebrata, dove la liturgia è la presenza attuale di Cristo nel mondo, dove la liturgia è tappa attuale della storia della salvezza (Sacrosanctum Concilium). Nella fede vissuta, dove è la dignità dell’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio che esige l’osservanza dei comandamenti (Gaudium et spes). Nella fede pregata, dove l’uomo è ammesso ad un rapporto personale con Dio

9/ Una prospettiva missionaria implica oggi il coinvolgimento della famiglia, cioè la proposta della fede ai genitori, ma implica anche il coinvolgimento dei giovani (e così degli oratori, ecc. ecc.). Senza una pastorale giovanile l’Iniziazione cristiana non avrà mai uno sbocco. Sempre i ragazzi abbandoneranno il cammino dopo l’Iniziazione cristiana se non troveranno dei testimoni giovani come loro che li accolgono. Non si può insomma coniugare evangelizzazione e Iniziazione cristiana senza parlare anche di pastorale giovanile.

10/ Per annunciare oggi il vangelo serve una capacità sintetica. Così è sempre stato: una persona comprende che la presenza di Gesù è un incontro che fa risplendere tutto di luce nuova. Questa capacità sintetica è ulteriormente resa necessaria dallo stile dei mezzi di comunicazione moderni che abituano ad utilizzare poche parole, un immagine, qualcosa di breve ed abbreviato per dire tutto – un tutto che certo deve essere poi sviluppato, che generi poi un cammino successivo.
Certo Dio è capace di servirsi di qualsiasi cosa per iniziare: vedere una famiglia felice con tanti figli, vedere un insegnante appassionato, vedere la speranza in un dolore. Ma l’aspetto catechetico del kerygma implica che si sappia fare sintesi in poche parole del contenuto della fede. Serve che questo sia mostrato con esempi e sia confrontato con sfondi opposti che ne esaltino e ne determinino la comprensione. Ad esempio, io posso parlare del Dio che si rivela progressivamente con l’immagine del piccolo principe che finalmente dopo tanto tempo siede a fianco della volpe – metodo parabolico, metodo della somiglianza. All’opposto posso parlare della specificità della resurrezione, confrontandola con la reincarnazione: questa ci costringerebbe a rivivere sempre gli stessi drammi, implicherebbe che mai potrebbe nascere un bambino veramente nuovo nella storia, ma si sarebbe nell’eterna presenza di un riciclaggio di ciò che già sussiste – metodo della differenza.

11/ Serve un primato della proposta sulla domanda, serve la consapevolezza che la proposta non umilia, come si crede, le domande stesse. La fede è indeducibile dalle domande umane. Il catechista conosce le domande umane, ma ne fa emergere la loro paradossale urgenza. Sa che esse premono e che l’uomo le riconoscerà proprie quando verranno evocate. Roberto Benigni non aspetta che gli chiedano di Dante o dei 10 comandamenti, li presenta sapendo che essi saranno in grado di toccare i cuori.

12/ In catechesi funziona la valorizzazione di ciò che la Chiesa ha maturato nelle sue esperienze. A Roma funzionano itinerari come i Dieci comandamenti, itinerari su Virtù e vizi, i Cinque passi con le problematiche del nostro tempo illuminate dal Vangelo, e così via.

13/ In papa Francesco la mistagogia non è una tappa! La mistagogia, piuttosto, è una dimensione della catechesi. I catecumeni andavano e vanno a messa già prima del battesimo. Partecipano all’assemblea liturgica almeno fino alla preghiera dei fedeli. Perché la liturgia non è solo culmine, è anche fonte! Per questo la domenica è il giorno catecumenale per eccellenza: la catechesi avveniva nella seconda parte della messa, mentre i fedeli proseguivano la celebrazione della messa. È nell’eucarestia che la Chiesa è madre.

14/ La dimensione mistagogica, precedente ai sacramenti e non solo successiva, si vede poi nella Liturgia della Parola e nell’omelia. Parlando dell’omelia papa Francesco parla indirettamente anche del linguaggio della catechesi. La catechesi, come l’omelia, non è biblica, dogmatica o morale, bensì è il luogo dove la Bibbia il dogma e la morale manifestano la loro capacità di illuminare la vita. Lì, con esempi tratti dalla vita quotidiana, la Chiesa madre parla al cuore dei suoi figli, mostrando loro la vita che nasce dal vangelo. È solo apparentemente un paradosso che la messa domenicale sia oggi un luogo di primo annunzio ed anzi uno dei luoghi decisivo di esso. Non sono i gruppi ad essere gli iniziatori alla fede, ma è la Chiesa madre nella sua interezza, è l’assemblea domenicale. L’eucarestia così non è semplicemente il culmine, il terzo dei tre sacramenti dell’Iniziazione, ma soprattutto è il cuore di un’Iniziazione cristiana di tipo missionario: viene per questo già subito dopo il Battesimo e prima della Cresima.

15/ In Lumen fidei papa Francesco presenta le quattro dimensioni della catechesi, il quadruplice tesoro di memoria della Chiesa, ponendo la liturgia prima ancora del Credo. La liturgia educa alla fede. Ma, nondimeno, si realizza l’evangelizzazione, attraverso le quattro dimensioni che dall’antichità la Chiesa ha armonicamente composto: la fede professata, la fede celebrata, la fede vissuta, la fede pregata. Non possiamo essere noi a stabilire da dove prende inizio la chiamata di Dio perché una persona non credente possa conoscerlo. Ma certo queste quattro dimensioni debbono essere presenti nell’annunzio della Chiesa e debbono essere offerte a tutti.
C’è chi riceverà un primo annunzio dalla Parola, chi lo riceverà dalla partecipazione alla liturgia, chi lo riceverà dalla testimonianza della vita nuova dei cristiani, chi lo riceverà nello scoprire la possibilità della preghiera personale.

16/ È necessario anche narrare la Bibbia, ma narrare vuol dire innanzitutto mostrare l’unità della Scrittura. La Bibbia è una “grande narrazione” che resiste anche al post-moderno che nega le grandi narrazioni. La tipologia - il rapporto tra il popolo ebraico e il cristianesimo - mostra che c’è un’attesa e un compimento, che c’è un antico che non muore ed un nuovo che si realizza e tutto rinnova.

17/ La famiglia è in un fecondo rapporto con la catechesi come evangelizzazione nell’Iniziazione cristiana. I genitori hanno oggi bisogno di essere incoraggiati nella loro missione educativa. Non solo non avvertono come un’intrusione un’attenzione alla loro vita, ma anzi la apprezzano e, silenziosamente, la richiedono. La loro distanza non è oggi semplicemente distanza dalla fede, ma essi sono lontani da una capacità di educare, di consegnare una prospettiva di vita ai figli. È come se si chiedesse a qualcuno di pilotare un aereo: non è che non vogliono farlo, è che non si sentono capaci di farlo! Certo la famiglia ha già da sé la capacità di educare, per l’amore che ha per i figli, ma spesso ha come abdicato a questa responsabilità perché si sente inadeguata. Papa Francesco ha giustamente parlato di “orfandad” della presente generazione. L’orfananza che vivono i nostri giovani non è come quella della generazione dei figli di coloro che sono morti in guerra: i genitori oggi ci sono, ma è come se si sentissero inadeguati a trasmettere una memoria. Evangelizzare la famiglia e con la famiglia vuol dire lavorare perché i genitori credano al loro compito educativo. Per questo l’attenzione alla famiglia è una vera promozione della catechesi degli adulti e con gli adulti: adulto è colui che ha una responsabilità verso la generazione più giovane che viene alla luce. L’atteggiamento della comunità cristiana non sarà quindi quello di una critica a distanza delle dinamiche familiari, anzi si caratterizzerà per una vicinanza e per una fiducia profonda perché i genitori ritrovino coraggio e sappiano dove reperire gli strumenti adeguati. L’evangelizzazione potrà mostrare che la famiglia stessa è un vangelo, che l’amore dell’uomo per la donna aiuta i bambini a maturare. La passione per l’educazione è, fra l’altro, una delle conseguenze sociali del Vangelo, per utilizzare la terminologia di papa Francesco. Annunziare la bellezza dell’educare per un cristiano è annunziare il Vangelo stesso, è annunziare che per lui è “carità spirituale” aiutare a crescere .

18/ Decisivo è il rapporto con la scuola. In diversi paesi d’Europa è stata portata avanti una vera e propria sistematica distruzione della grandezza della storia dell’Europa stessa e del ruolo del Vangelo nella maturazione delle grandi conquiste culturali europee - si pensi a concetti come l’“egemonia culturale” gramsciana. Solo un lavoro di recupero del grande contributo dato dalla fede e dai cristiani delle diverse generazioni allo sviluppo umano permette ai ragazzi di comprendere la bellezza della fede e la sua capacità di incidere positivamente sull’umano. Non possiamo permetterci una catechesi che prescinda da ciò che i ragazzi studiano a scuola.