Luigi Ballerini: il virtuale a servizio del reale, di Teresa Succi

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 28 /12 /2014 - 21:32 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito centriculturali.org un articolo di Teresa Succi che racconta di un incontro tenutosi presso Il Centro giovanile della parrocchia di Santa Maria in Domnica alla Navicella il 22/11/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (28/12/2014)

 “To Siri with love”. Inizia così Luigi Ballerini, psicoanalista e scrittore, citando un articolo del New York Times, in cui la mamma di un bambino autistico scrive al sistema di risposta elettronico Siri ringraziandolo perché sta aiutando suo figlio a comunicare. Come cambiano i nostri rapporti ora che siamo perennemente connessi, sempre in contatto coi social, ora che i nostri figli hanno lo smartphone o l’ipad a quattro anni? […]

“Cosa resta del rapporto nell’era di facebook?” Ballerini parte da una osservazione: il virtuale dei social affascina ragazzi e adulti perché sembra mantenere tre grandi promesse: che ci sia sempre qualcuno lì pronto ad ascoltarti, che si possa sempre essere altrove, che non si sia mai soli.

Ovviamente le tre promesse hanno una realizzazione illusoria, ottengono dei surrogati di risposte. Ma questi sono surrogati fasulli di risposte a delle domande vere, a dei bisogni esistenti.

In che senso sono solo dei surrogati dei rapporti? Innanzitutto perché sembrano più facili, sono immediati, non richiedono la mediazione della realtà, non esigono, come i rapporti reali, la mediazione, il compromesso, la negoziazione: ti prendo e ti mollo con un click.

Rifacendosi alla sua grande esperienza con ragazzi, adulti, scuole, genitori, Ballerini chiarisce con molti esempi che cosa significa che la realtà e i rapporti reali esigano la mediazione, e come questo porti noi tutti ad imparare dalla realtà. “È più comodo disegnare sull’Ipad, così il bambino non sporca, non fa guai e con un click va tutto a posto” - gli ha detto una mamma una volta. Ma vuoi mettere quanto impara il bambino stendendo la pittura, sentendo la consistenza e l’odore della materia, magari provando ad asciugarsi le mani sulla tenda, sentendo il rimprovero e la spiegazione della mamma e imparando a rapportarsi alla realtà anche da questa esperienza?

Non possiamo vivere di anacronismi: i ragazzi del 2014 non possono non fare i conti con la tecnologia (anche la scuola glielo chiede con i registri elettronici e gli ebook), e sarà sempre di più così.

I genitori non devono essere ingenui: devono sapere quali strumenti mettono in mano ai figli, e quali sono i pericoli, soprattutto più piccoli. Ogni genitore deve decidere come vigilare, adottando le opportune misure.

Ma non ci si può limitare a una pura posizione di controllo o negazione: la sfida col virtuale viene vinta nel reale. Tocca all'adulto proporre e offrire occasioni di esperienza nel reale che siano soddisfacenti e convincenti: aprire le case, favorire i luoghi di incontro reali (scuola, oratorio, squadra sportiva…). Gli adulti per primi non devono avere paura della realtà. In quest'ottica il virtuale cessa di essere nemico e pericoloso, ma sa e può mettersi al servizio del reale, senza esserne alternativo.

La sfida del virtuale viene vinta dal reale.

[…]