La guerra mediatica dell'Is e i burattini dell'Apocalisse, di Mimmo Cándito

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 30 /06 /2015 - 15:04 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati: ,
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo dal sito de La stampa del 27/6/2015 quasi integralmente due articoli di Mimmo Cándito. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Islam, nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.

Il Centro culturale Gli scritti (30/6/2015)

N.B. de Gli scritti

L’articolo di Mimmo Cándito ha il merito di mostrare che l’islam sta attraversando una grave crisi e che essa non è determinata innanzitutto dalle politiche occidentali, bensì da problemi atavici che il mondo musulmano si trascina con sé e che non sono mai stati affrontati con chiarezza. Trascura di sottolineare come questi problemi si radichino nel conflitto delle interpretazioni coraniche e degli hadith del Profeta, ma ricorda acutamente le tensioni irrisolte che emergono sempre più fra sunniti e sciiti - sarebbe bene aggiungere a queste le profonde divergenze esistenti fra i diversi orientamenti sunniti che si combattono a tutti i livelli. A suo modo, l'articolo aiuta a comprendere che è assolutamente necessaria quella "rivoluzione culturale" ed "educativa" che ormai è indicata come il primo e decisivo passo per uscire dalla crisi da un numero crescente di commentatori musulmani.

1/ La guerra mediatica dell'Is e i burattini dell'Apocalisse, di Mimmo Cándito (27/6/2015)

Gli attentati a catena di questi giorni - la Tunisia, la Francia,il Kuwait, la Somalia - hanno avuto un impatto straordinario sull'opinione pubblica europea, e da molti sono stati commentati  come la conferma che ormai si sta combattendo una guerra globale, dove l'Islam è la bandiera d'un progetto di conquista del mondo. La contemporaneità degli attentati (forse non voluta, ma certamente significativa), e le drammatiche notizie dal confine turco-siriano con (l'apparente) riconquista di Kobane da parte delle milizie di al-Baghdadi, sembrano confermare che siamo di fronte a una organizzazione politico/militare che va al di là delle usuali attività delle bande fondamentaliste, e ormai si propone a pieno titolo come portatrice di una sfida reale - ultimativa ! -  alla nostra civiltà. 

A sostegno di questa analisi, i massmedia hanno mobilitato i loro più popolari commentatori perché spieghino con dovizia di immagini retoriche e fiumi di parole contaminate dal terrore che siamo di fronte a un'Apocalisse già in arrivo, che siamo imbelli e distratti, e che non ci vogliamo avvedere che la nostra disattenzione apre la strada alle bandiere nere sulla cupola di San Pietro. Felici di poter sguazzare nelle nostre paure di fondo, gli opinionisti apocalittici non ci offrono nemmeno parole di speranza, ma - con maggior o minore eleganza stilistica - ci dicono che siamo perduti e balliamo incuranti il Titanic. 

[…]

E allora, serve a poco tentare ancora una volta di raccontare come l'Islam non sia al-Baghadi, anche se al-Baghdadi è certamente parte dell'Islam, e come in realtà la galassia sterminata dentro la quale fa pratica di fede 1 miliardo e 600 milioni di musulmani abbia molte altre e più complesse identità, che vanno, certo, dal radicalismo estremo dell'Is però anche alla quotidianità moderata e pacifica della stragrande maggioranza di quella galassia. 

Fa rabbia, allora, che per compiacenza verso una opinione pubblica frastornata dalla crisi che stiamo vivendo in questa destabilizzazione del vecchio Ordine mondiale, si ceda alle tentazioni di dar sostegno alle paure di fondo, anche quando questo lo si voglia fare con un intento illustrativo e di popolarità a buon prezzo.  

La guerra globale che, con parole varie e varie retoriche, si denuncia dentro i flussi dei media è in realtà un avvio di guerra totalmente interna al mondo musulmano, degli sciiti contro i sunniti, e di un Iran (sciita) che tenta di strappare all'Arabia Saudita (sunnita) la leadership politica - e la primazia religiosa - del mondo islamico. In questo disegno di fondo si intrecciano poi contraddizioni spinte, alleanze incomprensibili, tattiche frastornanti, ma resta che quello è lo scenario e su quello bisogna ragionare. Basti pensare a quanti morti ammazzati ha fatto l'Is tra gli arabi e i musulmani e quanti tra gli occidentali (il rapporto è di 1.000 a 1)

Il fatto reale è che l'Is si propone con una strategia mediatica molto raffinata, capace di catturare il nostro immaginario con una tecnica rappresentativa e con un modalità comunicativa che sono le stesse, identiche, attraverso le quali noi  (l'Occidente minacciato!) consumiamo la rappresentazione della realtà e la costruzione della nostra conoscenza. Non cogliere il valore di questa strategia ci rende massa inerte di manovra per le pratiche politico/propagandistiche che vengono messe in campo proprio per terrorizzarci, facendoci sentire come vittime predestinate di "cosacchi" che abbeverano i cavalli nella fontana di Piazza Navona; e d'altronde, il terrorismo cos'è se non un progetto criminale con fini di propaganda?  

I massmedia sono uno straordinario strumento di conoscenza e costruzione del sapere. Se vengono malusati, diventano il miele dell'inferno (per usare la retorica insopportabile con la quale si ama descrivere quanto sta accadendo  nel tempo d'oggi).  

2/ La guerra mediatica dell'Is (2), di Mimmo Cándito (27/6/2015)

Letto il precedente post, resta la domanda: ma allora, se è una guerra civile nell'Islam, perché le minacce e gli attentati contro l'Occidente? 

La risposta è...molte risposte, ma tutte insieme possono aiutare a capire. 

La prima risposta è che, nel progetto teleologico di un Califfato sunnita che guida l'intera galassia musulmano, l'Occidente è visto come l'"altro" da sé, il nemico storico, l'avversario da combattere per il dominio del mondo (perchè nel Califfato dei secoli passati non vi erano altri “competitori” che l'Occidente). 

La seconda risposta è che, agli occhi della frustrazione del mondo arabo-musulmano, il quale sente su di sé l'umiliazione di stare al margine dei processi della storia che oggi si compiono attraverso le forme della modernizzazione, indicare come bersaglio della lotta questo Occidente che, invece, identifica se stesso con le forme della modernizzazione, e ne riveste tutti gli elementi negativi, di un degrado della morale e di una decadenza dei costumi, significa dare possibilità di realizzazione a tutte le insoddisfazioni che provano quanti - tra i musulmani che vivono in Occidente - sono delusi e frustrati per non riuscire a partecipare ai vantaggi che l'Occidente mostra di avere. 

La terza risposta è nella strategia della polarizzazione: dividere il mondo tra "noi" e "gli altri" costringe a schierarsi, ad accettare il dovere dell'adesione acritica, schiaccia ogni processo di differenziazione. E chi non accetta, è un traditore e va ammazzato.