“Dopo migliaia di interventi non ho più retto”. Un’intervista di Zita Dazzi a Piero Rossi, ginecologo alla Clinica Mangiagalli di Milano

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 01 /05 /2016 - 18:12 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da La Repubblica-Edizione di Milano del 13/4/2016 un’intervista di Zita Dazzi a Piero Rossi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Vita nella sezione Carità, giustizia e annunzio.

Il Centro culturale Gli scritti (1/5/2016)

Piero Rossi, 61 anni, ginecologo alla clinica Mangiagalli dal 1990, ha eseguito migliaia di aborti, prima di decidere nel 2006 per l’obiezione di coscienza.

Come mai dottore?

«Ho scelto questo mestiere perché amo le donne. Per anni ho applicato la legge 194 per aiutare le donne e  non mandarle nelle cantine ad abortire, mettendo a rischio la loro vita. C’erano ancora criminali che facevano miliardi con gli aborti clandestini. E vedevamo arrivare le donne in ospedale con infezioni, emorragie. Ai tempi dovevo stare dalla parte delle donne».

Poi ha cambiato idea?

«È arrivata la legge 194, negli ospedali oggi chi vuole può abortire senza rischi. E io dopo averne fatti migliaia, ho deciso di mettermi dalla parte della vita. Di quella che voleva nascere. Sono diventato cristiano e ho scelto di non praticare più interruzioni di gravidanza».

È una scelta religiosa dunque?

«Sì, ma è anche una convinzione alla quale sono giunto dopo averne fatte migliaia, di interruzioni. In una mattinata, ti può capitare di fare anche 15 aborti, come alla catena di montaggio. Io non ce la facevo più».

A fare cosa?

«Ad attaccare quel tubo e ad aspirare la vita dal corpo della donna. Ho fatto un sacco di aborti terapeutici perché ho una buona manualità chirurgica e francamente quelli sono interventi devastanti, dal punto di vista psicologico. Ma non è che con le interruzioni entro il terzo mese vada meglio. Era una cosa per me intollerabilmente faticosa. Io sono sempre stato male perché l’aborto è una pratica cruenta. Umanamente, intimamente mi ha sempre dato fastidio ».

Quindi ha abbandonato le donne?

«Io non sono contro la 194 e alle mie pazienti consiglio la contraccezione. L’unica cosa è che non voglio più mettere a disposizione le mie mani per quelle donne che abortiscono con leggerezza, dicendo che “non è il momento, che ci sono le vacanze, il lavoro che preme”. Quelle donne che fanno più aborti a distanza di poco tempo, quelle che non hanno preso precauzioni e poi delegano al medico il “lavoro sporco”».

Quanto conta la sua scelta religiosa?

«Molto. Sono sempre stato di sinistra e moderato, ma non entravo in chiesa da 40 anni. Facendo il mio mestiere ho visto in sala parto tali miracoli che mi sono ricreduto».

E quando una sua paziente le dice che vuole abortire?

«Spiego che se il problema è economico, ci sono centri di aiuto alla vita, centri accoglienza per mamme e bambini soli. Si deve valutare caso per caso, la legge è utile se salvaguarda la vita, nei casi in cui ci siano gravidanze molto problematiche o che nascono da violenze. In Mangiagalli siamo metà obiettori, e la 194 funziona».