Perché la favola Leicester piace ai cattolici, di Massimo Introvigne

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 04 /05 /2016 - 10:08 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal blog http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/ di Sandro Magister un articolo di Massimo Introvigne pubblicato il 3/5/2016. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e media.

Il Centro culturale Gli scritti (8/5/2016)

Non solo "Gazzetta dello Sport". Dal "Financial Times" al magazine americano di economia "Bloomberg", testate che di solito non si occupano di calcio hanno sbattuto in prima pagina la favola Leicester, la squadra di provincia piccola e povera, allenata dall'italiano Claudio Ranieri, che contro tutti i pronostici ha vinto il campionato inglese.

E anche le testate cattoliche di tutto il mondo, da "Avvenire" a "La Croix", partecipano alla festa. "Avvenire" scrive che il Leicester ci trasporta tutti in una realtà simile a quella dei fumetti, dove "non sempre vincono i più grandi", grossi, ricchi e potenti. "La Croix" paragona addirittura l'epopea del Leicester a quella del re Riccardo III, e fa notare la curiosa coincidenza secondo cui la squadra ha cominciato a vincere dopo che le ossa del re inglese sono state ritrovate a Leicester e inumate solennemente nella cattedrale locale nel 2015.

Per capire che si tratta di una delle maggiori sorprese nella storia dello sport basta rivolgersi ai professionisti meno disinteressati fra quelli che circondano il calcio, gli allibratori di Londra. L'estate scorsa davano la possibilità che il Leicester vincesse il campionato cinquemila a uno. In altre parole, puntando venti euro ora se ne sarebbero vinti centomila.

La vittoria nel campionato di basket americano delle squadre peggiori è data dagli stessi allibratori cento a uno. Che San Marino, una nazionale che perde quasi tutte le partite che gioca, si qualificasse alla fase finale dei campionati europei di calcio era dato cinquecento a uno: un evento pur sempre considerato dieci volte più probabile della vittoria del Leicester. Lo scudetto del Frosinone in Italia era dato dai bookmaker per meno probabile, mille a uno, ma sempre cinque volte meno assurdo del successo del Leicester in Inghilterra.

I solerti cronisti di "Bloomberg" hanno dovuto penare per trovare un evento su cui scommettere cinquemila a uno a Londra. Alla fine l'hanno trovato, e c'entra la religione: è la possibilità che il cantante irlandese Bono, noto per le sue campagne contro la povertà in Africa, sia il prossimo papa della Chiesa cattolica dopo Francesco. Assicurano che non si tratta di uno scherzo. Semplicemente, cinquemila a uno designa un evento che per gli allibratori è tecnicamente impossibile.

Qualche volta, però, l'impossibile succede. Sfogliando la stampa internazionale, ci sono diverse spiegazioni del miracolo Leicester, un evento talmente sorprendente ed epocale che dovrebbe interessare anche coloro che considerano il calcio solo un fastidio.

Una spiegazione, prediletta dalla stampa americana che sa poco di calcio e ripresa dalla stampa cattolica e protestante locale che esalta volentieri frugalità e buona amministrazione, è economica.

Il Leicester ha un budget di trenta milioni di sterline, le grandi del campionato inglese – Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Liverpool – di più di trecento. Sembra un confronto impossibile. Ma il Leicester, anziché spendere in ingaggi di campioni già famosi, ha deciso d'investire i suoi trenta milioni privilegiando due aree.

La prima è quella degli osservatori, che girano il mondo cercando giocatori poco conosciuti ma bravi, da ingaggiare a prezzi contenuti. Il Leicester, spiegano negli USA, spende in osservatori più del Manchester United e del Barcellona, ed ė andato a pescare nelle serie B europee talenti sconosciuti che poi sono esplosi. Se lo può permettere, perché un osservatore, per quanto bravissimo, ha uno stipendio che è pari a un centesimo di quello di un grande campione o di un allenatore stellare.

La seconda area dove il Leicester spende è quella dello staff e dei controlli medici. Il calcio oggi è condizionato dagli infortuni frequenti. Serve a poco avere i campioni, se sono spesso infortunati. Il Leicester è la squadra del campionato inglese che ha avuto meno infortuni in questa stagione. Certo, non partecipa alle coppe europee e quindi i suoi giocatori giocano un numero di minuti inferiore. Ma c'entra anche il forte investimento sullo staff medico e la prevenzione.

La stampa cattolica naturalmente sottolinea di più altri aspetti. Leggiamo così che nello sport come nella vita conta il talento, ma contano ancora di più la tenacia e la determinazione. Molti campioni ultra-ricchi sono svogliati. L'allenatore Ranieri avrà meno scienza calcistica di altri più celebrati colleghi, ma – un po' come il suo grintosissimo collega Simeone dell'Atletico Madrid – si è rivelato un motivatore eccezionale, capace di infondere ai suoi una determinazione agonistica straordinaria.

Come sociologo delle religioni, le reazioni alla favola Leicester della stampa cattolica mi inducono però a un'altra riflessione. Il Leicester è stato spinto da una simpatia prima inglese e poi planetaria, e la sensazione di poter realizzare un sogno a beneficio di tutto il mondo ha motivato i giocatori – e la città intera che li ha sostenuti – non meno dei proclami del bravo Ranieri.

Nel 1970 un sociologo marxista puro e duro, Gerhard Vinnai, pubblicò "Il calcio come ideologia". Il libro rappresentò a lungo l'ortodossia marxista in tema di gioco del calcio, anche se in Italia fu stroncato persino dal "Manifesto", i cui redattori da bravi italiani volevano continuare a tifare per le loro squadre senza sentirsi cattivi comunisti.

In breve, Vinnai sosteneva che la funzione di "oppio del popolo", che Marx attribuiva alla religione, con il declino della fede cristiana era ormai passata al calcio. Marx criticava la religione perché proponeva ai lavoratori un mondo fantastico dove i buoni vincono e vanno in Paradiso e i cattivi perdono e vanno all'Inferno. Nella vita reale – pensava Marx – succede il contrario, e la religione è un oppio perché, anziché spingere i lavoratori a cambiare il mondo con la rivoluzione, li fa vivere in un mondo di sogno esattamente come le droghe.

Oggi, sosteneva Vinnai, la religione ha perso colpi ma la stessa funzione è esercitata dal calcio. Il calcio fa credere ai lavoratori che esista un mondo illusorio dove vince chi lo merita e non chi i poteri forti del capitalismo hanno deciso che debba vincere. Questo mondo ideale non esiste, forse neppure nel calcio stesso, ma intanto i lavoratori vanno allo stadio anziché in piazza a fare la rivoluzione.

Vinnai, naturalmente, sosteneva un certo numero di sciocchezze, dimenticando per esempio che anche l'Unione Sovietica sfruttava i successi nel calcio per tenere buone le masse affamate. Tuttavia, una sua tesi merita una riflessione e aiuta a capire perché anche la stampa cattolica si è trasformata in tifosa del Leicester.

Il calcio in genere piace perché mostra che i poteri forti possono essere sconfitti. Può capitare – anzi, purtroppo per noi è capitato – che lo Zambia o la Corea del Nord buttino fuori dalle Olimpiadi o dai mondiali di calcio l'Italia, una nazionale che ha vinto quattro titoli mondiali. O che il Leicester vinca lo scudetto inglese. E il Leicester piace a tanti, cattolici compresi, precisamente perché realizza il desiderio inconfessato di molti milioni di persone: che i poteri forti, nonostante le immense risorse di cui dispongono, qualche volta perdano.

Può succedere nel calcio. Ma anche in altri settori della vita. Per questo, tanti cattolici si sono scoperti tifosi del Leicester.